A tu per tu con il regista messinese Marco Dentici, autore del documentario "Caldo grigio caldo nero"
Il 1° ottobre 2009 è una data che nessuno potrà mai dimenticare. Una intera città in ginocchio sotto la furia degli elementi, impotente davanti ad una catastrofe annunciata e mai davvero presa in considerazione. Quella drammatica alluvione che costò numerose vittime, distrusse non solo famiglie ma intere comunità fra Giampilieri Superiore, Scaletta Zanclea e i paesi limitrofi e rivive oggi nel film diretto dal noto scenografo Marco Dentici, “Caldo grigio caldo nero” che verrà proiettato il 1° ottobre 2011 a Giampilieri nella giornata di domani e poi al Teatro Vittorio Emanuele di Messina il 6 ottobre al Politeama Garibaldi di Palermo, il 10 ottobre.
Si comincerà alle 18 con la celebrazione della messa in ricordo delle vittime nella chiesa San Nicolò di Giampilieri; a seguire il ricordo davanti al monumento delle vittime in piazza Pozzo; nella Chiesa antistante il concerto del pianista e matematico David Carfì, che ha scelto brani dedicati agli eventi naturali come “La tempesta” di Beethoven e altri in memoria delle vittime; in serata la proiezione della pellicola in prima assoluta, con un collegamento su Raitre con la Permanente di Milano
Tempostretto.it ha incontrato il regista, originario di Giampilieri, Marco Dentici.
La proiezione a Giampilieri è un sogno che si realizza?
«Dopo averlo proiettato a Venezia, la proiezione a Giampilieri non è un sogno ma una promessa che si realizza. In realtà avevo pensato di realizzare un film di finzione che partiva dai fatti reali, dalla tragedia, ma poi ci furono lungaggini che fecero impantanare la produzione. Così è nata l’idea di realizzare questo documentario, basato sulla montagna di documenti video che avevo accumulato. Riportare la luce su una tragedia dimenticata e allo stesso tempo, cercare di ridare dignità a delle comunità ferite, sia materialmente che mediaticamente. Il nostro è un paese allo sbando e senza futuro purtroppo».
In un paese dove tutto è emergenza come si distinguono i fatti reali dalle speculazioni?
«Il nostro paese è in continua emergenza: territoriale, politica e morale. C’è sempre una nuova emergenza che subentra a quella precedente. Mi rivolgo ai giovani perché non il nostro paese non offre un futuro normale a nessuno».
Oggi le comunità di Giampilieri e quelle limitrofe, come stanno?
«rabbia, rassegnazione e speranza sono le caratteristiche degli stati d’animo di chi abita. Loro attendono che qualcuno faccia qualcosa per loro, anche se ovviamente c’è gente di buona volontà che cerca di darsi da fare. Il popolo, volente o nolente, è sempre sotto la scarpa e aspetta e chiede e si lacera in una precarietà continua che crea anche instabilità psicologica.
Quando si perde fiducia nello Stato e ci si sente abbandonati, come si fa a ricostruirla questa fiducia?
«Domanda davvero difficile. Pasolini auspicava un nuovo Medioevo, forse aveva già capito tutto. Il sistema, già allora, andava in una certa direzione. Il fango crea danni, fa crescere l’egoismo, imbastardisce la gente e si perde l’idea di collettività quando si è lasciati soli a se stessi. Il distacco nei confronti della politica è una tragedia a carattere nazionale ma è conseguenza naturale di decenni di condotte errate. Come se ne esce? In democrazia le urne sono sovrane e la volontà popolare dovrebbe indicare la via. Tuttavia credo che la nostra sia una democrazia drogata, troppo condizionata da troppi fattori che influenzano pericolosamente i giudizi degli elettori».