Alonzo Rodriguez è il protagonista del saggio di Andrea Italiano intitolato Sulle orme di Caravaggio. L’opera, pubblicata da Giambra, è l’evoluzione della tesi di laurea dell’autore, iniziata nel 2004 e conclusa nel 2006.
“Dopo la laurea, ho cominciato a rivalutare il testo, aggiornandolo in base ai miei nuovi studi e alle nuove osservazioni” spiega Andrea Italiano. “Posso dire che nei successivi tredici anni ho del tutto cambiato forma e anche conclusioni, approdando ad una nuova visione del progetto. Quello che ho invece ritenuto intoccabile è stato il pensiero attorno al Rodriguez, che già dal primo approccio ho considerato il più importante dei caravaggeschi siciliani e uno dei più interessanti del panorama meridionale del primo Seicento; per quanto anche lui abbia patito una sorta di oblio che colpisce gli artisti messinesi, dei quali, tranne il caso incontestabile di Antonello, pochi sono disposti a riconoscerne la valenza. Così è nato questo Sulle orme del Caravaggio – Alonzo Rodriguez, Principe dei pittori messinesi”.
Viaggio tra Cinquecento e Seicento
Il libro accompagna il lettore nella Messina tra il Cinquecento e il Seicento, periodo in cui si è mosso Rodriguez. I meno esperti rimarranno sorpresi nello scoprire una città ricca e potente. “Una vera capitale mediterranea” sottolinea l’autore. “Ho contestualizzato anche la scena pittorica partenopea dello stesso periodo, perché sono convinto che Rodriguez si sia formato a Napoli, sulla scia del fratello Luigi”.
“Dopo questi due capitoli introduttivi sono passato ad analizzare la vicenda artistica del pittore, prima elencando gli apporti storiografici e critici attorno alla sua figura, poi tracciando la vicenda biografica ed infine passando in rassegna quello che per me è il catalogo delle sue opere. Il libro si conclude con l’elenco di una serie di quadri già attribuitigli ma che alla luce delle mie considerazioni non gli si possono più avvicinare. Questa è la parte forse più controversa del libro, perché vado a scalfire certezze consolidate da numerosi studi e anche molto autorevoli”.
“La vicenda artistica e biografica di Alonzo Rodriguez è infatti caratterizzata, attualmente dalla totale carenza di documenti. Esistono invero solo due tracce che ci riportano il suo nome, una relativa ad una denuncia quando egli risiedeva a Roma e una per la commissione di un quadro a Santa Lucia del Mela. Alonzo ha apposto qualche firma nei suoi quadri; purtroppo di questi nessuno ci è rimasto. Il suo nome ci è stato tramandato quindi grazie alle antiche fonti messinesi che di secolo in secolo non hanno mai spesso di parlare di lui come del “principe dei pittori messinesi”.
Gran prestanome o vero artista?
“Questa estremizzazione – da un lato nessuna o poche certezze documentali, dall’altro una gran messe di testimonianze postume – ha fatto definire il Rodriguez da Longhi come “un gran prestanome”. Ecco, il mio libro arriva a sintetizzare tutti gli studi compiuti sul pittore, riunendo in una sede sola tutto ciò che gli si può attribuire per dimostrare che lui non fu un “prestanome” bensì un vero grande artista. Il mio in fondo è stato uno sforzo di sintesi critica, alla quale tuttavia ho cercato di apportare qualche mio contributo originale, come la nuova attribuzione di opere o l’espunzione di altre. So che in fondo, come tutti i lavori di storia dell’arte, questo mio lavoro sarà presto superato da altri studi – me lo auguro, perché sarebbe segno di un rinnovato interesse verso il Rodriguez e tutta la pittura messinese in genere – ma in questo momento credo che sia la summa di tutto ciò che si può sapere di questo nostro grande artista”.
Messina e la cultura
Dopo gli studi svolti al DAMS, prima a Cosenza e poi a Palermo, Andrea Italiano lavora oggi nel commercio con un ruolo amministrativo, ma non si è mai allontanato dal mondo della cultura. Prima del saggio dedicato a Rodriguez, aveva già pubblicato articoli e saggi su riviste specializzate in storie dell’arte, e due raccolte di poesia. Ha anche fondato e gestito per quasi dieci anni il festival per cortometraggi “Jalari in corto”. Tra i suoi prossimi progetti uno studio delle ville messinesi costruite ad inizio novecento sulla riviera Nord. “Anche se il periodo che maggiormente mi interessa è sempre il Seicento, un salto in questo campo lo farei volentieri”.
Molto legato alla città di Messina, l’autore rivolge infine un suggerimento, idealmente rivolto al sindaco, per rilanciare l’immagine culturale della città. “Suggerirei di trovare il modo, di concerto con Museo Regionale, Università e Sovrintendenza, per organizzare una grande mostra sulla dispersa collezione del Principe Antonio Ruffo, che tenne nel suo palazzo di Messina una delle più grandi collezioni artistiche del Seicento, all’epoca la collezione privata più importante d’Europa. Sarebbe bellissimo poter rivedere i Rembrandt, i Guercino, i quadri di Artemisia, i Mattia Preti e tantissimi altri quadri tornare nel posto per i quali furono dipinti”.