La nuova sindrome svedese
Il mondo è bello perché è vario.
Non sappiamo a cosa si riferisse di preciso chi, per primo, ha inventato questo detto, ma la battaglia che vede i cittadini di Terzigno e Boscoreale contrapposti a chi vorrebbe insediare una seconda discarica vicino a loro, ci ha ricordato un recente e poco noto episodio accaduto in Svezia qualche settimane fa.
Si è conclusa la contesa che vedeva de cittadine di Oskarshamn e Östhammar in gara per far realizzare sul loro territorio un sito di deposito di rifiuti radioattivi. E mica robetta da poco: si tratta della parte più pericolosa delle scorie, quella detta ad alto rischio, da stoccare per i prossimi 115 anni a 400 m. di profondità.
Che il nucleare sia tornato alla ribalta un po’ in tutto il mondo, è noto: la stessa Svezia – il cui fabbisogno energetico è coperto già oggi al 40% da quella che, un tempo, veniva chiamata energia atomica – sostituirà 10 vecchi reattori con altrettanti di più recente generazione, Pechino ne metterà in cantiere 31 entro il 2020, 6 l’India, 3 la Corea del Sud, 7 la Russia e 1 il Giappone. Per non parlare di quelli italiani.
Viene da chiedersi come possa accadere che nel 2003 un intero paese, Scanzano Jonico, si ribelli per evitare di far depositare le 235 tonnellate di scorie nucleari italiane nelle vicine cave di salgemma di Terzo Catone. E vinca la sua battaglia. Mentre contemporaneamente l’80% degli abitanti di due piccoli centri della civilissima Svezia, madre dell’ambientalismo militante, ambisca di avere vicino a casa 12 mila tonnellate di residui radioattivi.
Non possono essere i 200 mila euro che andranno in premio a Östhammar (che si è aggiudicata la gara), per la semplice ragione che la cittadina sul Baltico ha deciso di cederne il 75% alla rivale sconfitta.
La prima spiegazione logica è che i 21 mila abitanti hanno un’enorme fiducia nell’Skb, l’Istituto svedese per l’energia nucleare, che assicura dell’inesistenza di reali rischi per la salute.
Ma non basta, evidentemente gli abitanti delle due cittadine – che hanno entrambe, da 30 anni, un reattore funzionante negli immediati paraggi – sono convinti che i circa 1.000 posti di lavoro assicurati nei prossimi 6-8 anni (il tempo di costruzione del sito), i massicci investimenti statali in strade e infrastrutture e i modernissimi laboratori che monitoreranno il territorio daranno a loro, ai loro figli e ai loro nipoti benefici tali da affrontare serenamente il rischio che qualcosa possa andare storto.
Auguri.
P.S. Noi Messinesi possiamo stare tranquilli: nelle zone a rischio sismico si possono fare grandi ponti ma non depositi di scorie nucleari