Cento anni dopo il terremoto, sullo Stretto aumenta il rischio catastrofe

Cento anni dopo il terremoto, sullo Stretto aumenta il rischio catastrofe

Cento anni dopo il terremoto, sullo Stretto aumenta il rischio catastrofe

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mercoledì 12 Novembre 2008 - 15:25

Lo affermano gli esperti dell'Ispra durante il convegno tenutosi oggi a Palazzo dei Leoni e -snobbato- dai big politici Prestigiacomo, Lombardo, Buzzanca e Ricevuto

Siamo organizzati a fronteggiare l’evenienza di un evento simile a quello del 1908? Questo è solo uno dei quesiti alla base del convegno di due giorni la cui prima parte si è tenuta, oggi, a Palazzo dei Leoni, dal nome: «Cento anni dopo il terremoto del 1908: gli effetti allora e il rischio ambientale oggi nell’area dello Stretto» (seconda tappa domani al Grand Hotel de la Ville di Villa S. Giovanni). Ad organizzarlo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), la Regioni di Sicilia e Calabria, l’Arpa e gli Ordini regionali dei geologi delle due sponde dello Stretto. Quelle due sponde che, nel dicembre di cento anni fa, furono spazzate da un terremoto di magnitudo superiore a sette, seguito da un violentissimo maremoto.

Un’area, quello dello Stretto, che secondo quanto emerge oggi si conferma ad altissimo rischio sismico, soprattutto per l’intenso sviluppo urbano concentrato nelle aree costiere. Secondo gli esperti dell’Ispra (presente, tra gli altri, il commissario Vincenzo Grimaldi), non si può escludere che una nuova calamità naturale possa essere ancora più disastrosa di quella di cento anni fa. Sotto accusa finisce in particolare lo sviluppo degli ultimi decenni che, secondo l’Ispra, «non ha tenuto adeguato conto dei fattori di fragilità naturale», con diverse case costruite lungo le spiagge, proprio lì dove l’onda del maremoto raggiunse, nel 1908, i dieci metri d’altezza. Per non parlare dei pendii, potenzialmente instabili, dove si è costruito di tutto, sia in Calabria che in Sicilia.

Gli esperti affermano che «è difficile pensare a soluzioni definitive»: gli unici interventi definiti -realistici- sono la prevenzione, la stabilizzazione di costruzioni se non, addirittura, la demolizione e la rimozione, laddove il rischio è obiettivamente eccessivo. «Per quanto concerne gli effetti ambientali del terremoto – ha affermato il responsabile del servizio rischi naturali dell’Ispra, Eutizio Vittori (nella foto) – il fronte degli interventi applicabili oggi per ridurre il rischio in maniera apprezzabile è limitato. I pendii potenzialmente instabili possono essere oggetto di studi specifici ed è possibile introdurre stabilizzazioni dove il rischio è più marcato, ma le dimensioni dei fenomeni franosi da attendersi, per un evento della stessa portata di quello del 1908 e di quelli precedenti anche più forti, sono tali che anche investimenti enormi non riuscirebbero ad azzerare il rischio».

«Anche per il maremoto – continua Vittori – è obiettivamente difficile pensare ad interventi strutturali risolutori peraltro insostenibili da un punto di vista sia economico che ambientale, in quanto dovrebbero estendersi per lunghi tratti di costa, con un notevole impatto sulla dinamica costiera e il paesaggio. Piuttosto sarebbe auspicabile orientarsi verso l’installazione di adeguati sistemi di allerta e la delocalizzazione degli impianti a maggiore criticità ambientale».

In questo senso le istituzioni come si preparano ad eventuali rischi sismici? Ai principali esponenti della politica invitati oggi, dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo al presidente della Regione Raffaele Lombardo, dal presidente della Provincia Nanni Ricevuto al sindaco Giuseppe Buzzanca, si dovrà chiederlo in un’altra occasione, perché tutti hanno disertato il convengo. Impegni istituzionali.

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