L'analisi di Saverio Tignino
Obbiettivamente l’eccessiva espansione edilizia esiste, appesantisce il nostro territorio e deturpa un paesaggio unico al mondo. Questo è innegabile, tanto è vero che la Commissione Comunale di Verifica delle Valutazioni di Incidenza (Strana Cinquina) si è autosospesa denunciando tale stato di cose e, di conseguenza, il competente Dipartimento Comunale ha fatto propria tale istanza concedendo i Nulla Osta ad edificazioni da realizzare all’interno del centro urbano in maniera da salvaguardare le aree esterne.
Ma bisogna riconoscere come la moblitazione di maggiore rilevanza è stata portata avanti dal WWF locale così come rilevabile consultando qualsiasi organo di informazione che si è interessato del fenomeno.
Denunce, articoli, interviste hanno accompagnato questa legittima ed ammirevole azione di salvaguardia del territorio.
Dal 2006 in poi è stato giustamente puntato l’indice accusatore contro grandi complessi edificati a ridosso della città concentrando l’attenzione sulla fascia urbana periferica e di questo bisogna darne atto e merito.
Ma la cementificazione selvaggia interessa solamente le zone di nuova urbanizzazione? E che risultati pratici ha avuto tale mobilitazione?
I pochi spazi liberi all’interno del centro urbano sono interessati da operazioni edilizie molto discusse ma che non rientrano nell’ambito della mobiitazione di cui sopra; basta pensare alla STU, ai campetti di Pompei, alla scarpata di Montalto ed agli spazi liberi al di sotto della Circonvallazione.
Ambiti potenzialmente importanti per lo sviluppo di servizi destinati al miglioramento delle condizioni di vivibilità cittadine che avrebbero avuto pieno titolo ad essere salvaguardati dalla battaglia contro la cementificazione selvaggia ma completamente ignorati nella foga dell’agire.
Preso atto della pressante mobilitazione anche la politica si affretta a dare risposte adeguate.
Di fronte a tanto clamore non può certamente essere sufficiente la richiesta avanzata da più forze politiche circa la corretta attuazione e parziale modifica del vigente strumento urbanistico.
Per dare risposte fattive a tale veemente mobilitazione è conveniente avviare l’iter per un nuovo P.R.G. prevedendo di conferire incarico ad un grande urbanista che può bissare il successo del suo collega giapponese progettista del quartiere di Librino a Catania.
Nel frattempo (almeno 10 anni) vigerà l’attuale PRG e, se tutto va bene, potranno scadere anche i vincoli consentendo di costruire dappertutto.
Sempre all’interno della mobilitazione portata avanti riveste importanza secondaria il dissesto idrogeologico che, di giorno in giorno, aggrava lo stato di degrado in cui versa il territorio comunale e quello provinciale.
Di fronte all’azione battente contro l’edilizia selvaggia ben poco conta la perdita di fertilità del suolo determinata dalla continua e progressiva erosione con il conseguente impoverimento dell’ecosistema presente all’interno di un area protetta.
Considerando come l’edificato rappresenti una percentuale minima rispetto l’intera estensione comunale è possibile valutare la fondatezza delle priorità date alla lotta a favore dell’ambiente da parte di chi promuove questa meritevole mobilitazione.
A livello nazionale è stato facile strumentalizzare questa vibrata protesta facendo coincidere l’eccessiva espansione urbanistica con l’abusivismo (d’altro canto sono sempre i soliti siciliani). Pertanto, agli occhi dell’intera nazione, da vittime di un Piano Regolatore falsato da 700 emendamenti siamo diventati tutti abusivi.
A pagare direttamente tale equivoco sono stati i nostri poveri concittadini colpiti dall’alluvione del 1° ottobre che, in tal modo, hanno perso tutto familiari, case, attività ed anche l’unica cosa che rimane in queste tragici momenti, la dignità del proprio dolore; forse, anche per questa cattiva informazione l’opinione pubblica non ha risposto in maniera massiccia alla raccolta dei fondi a favore degli alluvionati.
Sicuramente queste brevi riflessioni non rappresentano la verità ma solamente uno dei tanti punti di vista dai quali è possibile osservare un fenomeno così complesso, e pertanto è possibile tanto condividere quanto dissentire.
Al di là di quest’ultima considerazione, quando si conduce un’importante e giusta battaglia prendendo posizione in nome e per conto di enti o associazioni, resta sempre utile avere il buon senso di parlare di cose che si conoscono, di non essere tanto presuntuosi da ritenersi gli unici titolati ad esprimere giudizi irrevocabili specie in un campo tanto articolato come quello ambientale e, soprattutto, di prevedere quali effetti può avere il proprio operato evitando di prestare sponda proprio a chi si vuole osteggiare e non danneggiando ulteriormente chi ha già subito traumi devastanti.