Nel Piano Paesaggistico è stato considerato il battito di ali delle farfalle?

Nel Piano Paesaggistico è stato considerato il battito di ali delle farfalle?

Nel Piano Paesaggistico è stato considerato il battito di ali delle farfalle?

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giovedì 22 Aprile 2010 - 11:02

Caro Eddy Norton, purtroppo non tutti ti conoscono!

“Il battito delle ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas”

Affermazione di un ospite del Mandalary? No! Neologismo che sintetizza la Teoria del Caos elaborata da Edward Norton, insigne matematico Statunitense, il quale ha dimostrato come in sistemi complessi non lineari (ad esempio l’ambiente) la sommatoria di variazioni infinitesimali può portare ad alterazioni estremamente significative del sistema stesso.

L’autorevole teoria viene metaforicamente riassunta nel rapporto che esiste tra un evento gradevole verificatosi in un dato luogo ed una calamità naturale che devasta un altro luogo distante migliaia di chilometri.

Ricordare una teoria tanto importante è indispensabile per valutare l’effetto che può avere un colpo di penna che vincola ampie zone di una carta geografica nei confronti di quello stesso territorio.

A seguito del vincolo un agricoltore che vuole scavare un pozzo per irrigare le proprie coltivazioni viene proiettato in una spirale di permessi, licenze, Nulla Osta, concessioni, oneri e competenze tecniche da pagare tali da rendere impossibile proseguire la propria attività soprattutto in territori dove si praticare un’agricoltura marginale con redditi limitati.

L’agricoltore abbandona il terreno, non cura più i muretti a secco, non regimenta le acque meteoriche, il suolo perde di fertilità, viene a mancare il presidio del territorio, inizia il pascolo abusivo, si propagano gli incendi ed aumentano i rischi di dissesto idrogeologico.

Sempre a seguito dello stesso vincolo una buona parte dell’economia locale, sulla quale si basa la vita di migliaia di lavoratori, viene messa, di fatto, nell’impossibilità di operare.

L’imposizione del vincolo senza un’alternativa occupazionale per migliaia di operatori del settore e dell’indotto determina un innalzamento della già elevata disoccupazione.

Questo comporterà ricadute estremamente negative sulla vita della popolazione in termini di occupazione, di inneschi di flussi migratori e di pubblica sicurezza.

Come per il battito d’ali della farfalla, anche in questo caso la volontà di salvaguardare il territorio può trasformarsi in un aumento dei fenomeni di dissesto idrogeologico che si vogliono giustamente evitare ed un peggioramento della vita sociale che si intende migliorare.

Inoltre sostenere che è possibile fare “economia” in un territorio nel quale vigono vincoli tanto restrittivi equivale a parlare del nulla.

Quale imprenditore investirebbe capitali, risorse e tempo in un luogo nel quale non è possibile dotare la propria impresa di reti di collegamento, di infrastrutture e di servizi necessari per tutte le attività imprenditoriali anche quelle ambientali?

L’imposizione di vincoli di qualsiasi tipo deve tenere in considerazione le conseguenze che tali limiti avranno sul territorio e sulla gente che vive in quel territorio proprio per evitare di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Caso recente la perimetrazione della Zps, all’interno della quale dovevano rientrare habitat di valore ecologico al fine di mantenerli e di salvaguardarli.

Tale delimitazione ha escluso proprio le aree di maggiore vulnerabilità dal punto di vista ambientale nelle quali necessitava un’azione seria di protezione (e ci si riferisce direttamente alle vallate di Giampilieri ed alla zona ionica).

Attività vincolistica contraria soprattutto alla Convenzione Europea del Paesaggio che stabilisce come sia indispensabile il mantenimento delle attività antropiche compatibili con il territorio per la giusta salvaguardia del paesaggio.

Prima di attuare azioni così determinanti non sarebbe il caso di allontanarsi dai propri privilegi e considerare le necessità di chi opera nell’ambito da vincolare proponendo un’alternativa concreta per consentire alla popolazione di continuare a lavorare e vivere nei luoghi d’origine?

Non si dovrebbe considerare come lo sforzo titanico compiuto (solo due volte all’anno) da cicogne, albanelle, aquile reali per sorvolare controvento lo stretto sia uguale, se non inferiore, allo sforzo altrettanto titanico che compiono giornalmente imprenditori, operai e commercianti per mantenere la propria famiglia?

Non sarebbe il caso di trovare una via di buon senso che passi in una zona intermedia tra due estremi (cristallizzazione dell’ambiente e cementificazione selvaggia) limitandosi a migliorare ed attuare la normativa che già esiste provvedendo, inoltre, a far combaciare tra loro gli innumerevoli strumenti vigenti e destinati alla gestione del territorio?

L’oggettivo e riconosciuto merito di importanti risultati in un settore specifico abilita a discettare autorevolmente in qualsiasi campo dello scibile umano?

Perché amministratori e dirigenti non iniziano seriamente a chiedersi chi è che sbaglia di più quel poveretto di Giufà o chi gli dà retta?

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