Riunione a palazzo Zanca, convocata su input del deputato nazionale Vincenzo Garofalo, alla quale hanno preso parte i rappresentanti di Comune e Autorità Portuale. Inviata una nota chiarificatrice alla Regione: il porto di Tremestieri non rientra tra quelle opere non avviate per colpa delle istituzioni locali, ma si è in attesa del necessario parere ministeriale
Il campanello d’allarme era suonato la settimana scorsa. La Regione aveva inviato una nota al Comune chiedendo una relazione urgente sull’iter che dovrà condurre all’avvio dei lavori per l’ampliamento del porto di Tremestieri. Il Movimento Uniti per Messina prima, il Partito Democratico poi, avevano chiesto spiegazioni al segretario comunale Antonio Le Donne, paventando il rischio della perdita di una parte del finanziamento, da 16 milioni di euro, in caso di immobilismo da parte del Comune. Rischio e immobilismo che, secondo quanto dichiarato dallo stesso Le Donne al nostro giornale (vedi correlato), non ci sono affatto. A meno che il pressing da parte della Regione non sia un modo per “giustificare” eventuali cancellazioni o riduzioni del finanziamento, così come ad esempio sta avvenendo per le vicende legate al risanamento.
Ecco allora scendere in campo il deputato nazionale Vincenzo Garofalo, su input del quale è stata organizzata una riunione, che si è svolta oggi insieme al sindaco, Renato Accorinti, il vicesindaco, Guido Signorino, l'assessore ai lavori pubblici, Sergio De Cola, il segretario generale, Antonio Le Donne, il presidente e il segretario generale dell'Autorità portuale, Antonino De Simone e Francesco Di Sarcina, e il comandante della Capitaneria di Porto Autorità marittima dello Stretto, Nino Samiani.
Così, la risposta alla Regione è arrivata in modo corale, a significare che c’è l’interesse da parte di tutti a definire un percorso comune per arrivare all’inizio dei lavori delle quattro nuove invasature nel minor tempo possibile. La nota, firmata dal segretario Le Donne e dal responsabile unico del procedimento, Di Sarcina, fa chiarezza su quanto richiesto e sgombra il campo dagli equivoci su un possibile immobilismo delle parti. Si ricorda quanto già si sapeva e cioè che si è in attesa del via libera ambientale da parte del Ministero sul progetto Coedmar e non su quello Sigenco, visto che il Tar del Lazio ha ribaltato la prima aggiudicazione, con la conseguenza dell’affidamento dell’appalto all’impresa veneziana a scapito di quella catanese. Prima della sentenza, tra l’altro, il progetto della Sigenco aveva già ottenuto il giudizio di compatibilità ambientale ed è facile pensare che la risposta sarà positiva anche per quello della Coedmar, considerate le similitudini tra i due. Una considerazione ampiamente condivisa nel corso di una riunione ministeriale per contenere i tempi procedurali, alla quale aveva partecipato anche Di Sarcina.
La documentazione necessaria è stata inviata dalla Coedmar lo scorso 13 marzo (vedi ancora il correlato), ma il Ministero, a distanza di due mesi e mezzo, non ha ancora emanato alcun provvedimento al riguardo. Le Donne e Di Sarcina scandiscono i tempi dell’appalto, che però sono chiaramente collegati all’ottenimento del parere ambientale, pur se – si legge nella nota – “i tempi della procedura sono ormai in fase conclusiva”. La stima è stata valutata sulla base delle dichiarazioni ufficiali rese dall’impresa aggiudicataria in sede di gara: 75 giorni per la redazione del progetto esecutivo, 45 giorni per approvazione progetto esecutivo, 570 giorni per esecuzione lavori, 180 giorni per collaudi, 90 giorni per messa in esercizio (prove di navigazione incluse), da cui si deduce un totale di circa 960 giorni dalla stipula del contratto, vale a dire 2 anni e 8 mesi. E, per limitarsi agli step più immediati, una volta ottenuto l’agognato parere ambientale, serviranno 4 mesi per completare la fase progettuale ed arrivare all’inizio dei lavori.
Un iter complesso che il minimo intoppo potrebbe far saltare, a partire dalla mancata collaborazione dell’assessorato regionale, in primis sul finanziamento a suo tempo concesso. Collaborazione richiesta anche alla Protezione Civile che, tramite le ordinanze numero 93 e 133 del 2013, ha indicato il Comune di Messina quale stazione appaltante per l’opera, la cui attuazione è da “comprendere meglio alla luce delle circostanze specifiche che vedono la presenza dell'Autorità Portuale di Messina quale soggetto naturalmente preposto alla gestione dell'opera nonché prevalentemente finanziatore della stessa”.
(Marco Ipsale)