Il Presidente della Repubblica e il Governatore siciliano scrivono alla famiglia del giornalista ucciso dalla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto. In mattinata la commemorazione sul luogo dell'agguato.
Sono passati 25 anni dalla morte di Beppe Alfano, il cronista di Barcellona Pozzo di Gotto ucciso a colpi di pistola in auto, vicino casa, la notte dell’8 gennaio 1992. Come ogni anno si rincorrono celebrazioni e dichiarazioni.
La famiglia si stringerà nel ricordo sul luogo dell’agguato, in via Guglielmo Marconi. All’evento, organizzato dal Comune di Barcellona, parteciperanno la vedova Mimma Barbaro, i figli e l’Unione nazionale cronisti italiani sarà rappresentata dal vicepresidente nazionale Leone Zingales.
Agli Alfano è giunto il messaggio del Presidente della Repubblica: “Desidero rendere il mio partecipe e commosso omaggio alla sua memoria. Giuseppe Aldo Felice Alfano, detto Beppe, insegnante di educazione tecnica con la passione del giornalismo, rientrato in Sicilia fu vittima di un vile attentato a Barcellona Pozzo di Gotto, mentre si trovava all’interno della sua auto”., ha detto sergio Mattarella: “Collaboratore di alcune emittenti e testate locali, in una Sicilia scossa qualche mese prima dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, si era occupato di inchieste che svelavano affari e collusioni della criminalità organizzata oltre che abusi e inadempienze delle amministrazioni pubbliche.
Il suo tenace impegno nella ricerca della verità e della giustizia – sostiene il Capo dello Stato – costituisce una autentica testimonianza di partecipazione dei cittadini alla affermazione della legalità accanto alle istituzioni, nel contrasto alle reti di complicità delle organizzazioni criminali. Il suo straordinario esempio, come quello di tutte le altre vittime della violenza mafiosa, rafforza i principi fondanti della democrazia, nel comune impegno di soggetti istituzionali, cittadini e forze politiche e sociali contro ogni forma di barbarie e a garanzia della pacifica convivenza”.
Lo “straordinario esempio” di Beppe Alfano, “come quello di tutte le altre vittime della violenza mafiosa, rafforza i principi fondanti della democrazia, nel comune impegno di soggetti istituzionali, cittadini e forze politiche e sociali contro ogni forma di barbarie e a garanzia della pacifica convivenza”.
“L’8 gennaio di 25 anni fa la mafia uccideva il giornalista Beppe Alfano, al quale mi legava una sincera amicizia e una comune militanza politica. Egli fa parte di quella schiera, purtroppo lunga, di giornalisti siciliani uccisi solo perché facevano il loro lavoro: informare senza veli e senza piegarsi a pressioni e condizionamenti”. Lo afferma il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. “Nelle sue cronache sulle tv locali e sul quotidiano del quale era corrispondente, Alfano – continua – era una ‘penna scomoda’ e nell’ultimo periodo si era occupato della latitanza, nell’hinterland barcellonese, del boss Nitto Santapaola e di traffici di armi e droga. La giornata di oggi è importante per sensibilizzare l’opinione pubblica ed evitare che Beppe sia considerato un morto di serie B, ucciso dal piombo e seppellito dalla memoria. La libertà di stampa – conclude – va difesa, ogni giorno, da tutti i cittadini che hanno il diritto di avere un’informazione libera e democratica”.