Storia di Rashid e di una Messina che sta iniziando a cambiare

Storia di Rashid e di una Messina che sta iniziando a cambiare

Rosaria Brancato

Storia di Rashid e di una Messina che sta iniziando a cambiare

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martedì 01 Luglio 2014 - 04:58

Anteprima al Giardino Corallo per il cortometraggio di Giampiero Cicciò Rashid. La serata però è stata molto di più, è stato un momento di riflessione sulle tematiche dell'ospitalità in una città che sia pure lentamente vuole cambiare di fronte ad un'emergenza, quella dei migranti che ci interroga sulla nostra capacità di "fare comunità".

Lui è lì, sotto un telo da mare bianco, a pochi metri dalla riva. Poco più in là una signora in costume mangia una peperonata nella vaschetta di plastica, due fidanzati litigano, due ragazzini giocano, due bagnanti lo osservano e scambiano qualche battuta come se stessero davanti alla tv.

Lui è Rashid, un marocchino morto in una spiaggia qualunque, in un luogo qualunque e questa scena, il cuore del cortometraggio, è il simbolo di quella che papa Francesco ha chiamato “la globalizzazione dell’indifferenza”.

Già perché il cortometraggio Rashid, di Giampiero Cicciò, basato su una storia vera, proiettato in anteprima in un Giardino Corallo stracolmo, è ambientato a Messina ma potrebbe essere stato girato ovunque e riguardare la morte di uno dei mille “ultimi” di una società globale che riesce a commuoversi davanti alla televisione ma a restare impassibile davanti al cadavere di un uomo, in una spiaggia. In fondo, basta cambiare canale.

La serata al Giardino Corallo, presentata da Gisella Cicciò con stile impeccabile e con la capacità di accompagnare il pubblico nelle tematiche, è stata molto più dell’antiprima di un film, è stata semmai un modo per parlare della Messina che è già cambiata, perché fa accoglienza e ospitalità quasi senza saperlo e lo fa attraverso centinaia di volontari ma anche attraverso quelle persone che contribuiscono anche solo con un pacco di abiti usati, o attraverso società, come quella di Benny Bonaffini, che insieme all’esperta Clelia Marano e ad un gruppo consolidato di operatori, ha creato una macchina organizzativa che cerca di dare risposte a migliaia di migranti. Oltre alla proiezione quindi è stato interessante il dibattito, i retroscena, gli interventi di chi vive ogni giorno, a Messina e sulla pelle la parola “ospitalità”.

“Il cinema racconta la verità non la realtà- ha spiegato Giampiero Cicciò- la verità può usare diversi linguaggi e spesso è proprio il cinema ad arrivare là dove la vita quotidiana non arriva e far cambiare le persone. Spesso nell’orario di chiusura dei negozi a Roma vedo via del Corso che si trasforma e mentre la gente con le borse degli acquisti va via al loro posto arrivano gli ultimi, che cercano in quella via un riparo. L’assuefazione al dolore mi provoca rabbia, indignazione”.

La colonna sonora è stata curata da Fausto Cicciò che è riuscito a “fondere” attraverso la musica le immagini di una Messina a noi ben nota con l’eco di un Mediterraneo lontano ma in fondo così vicino. Nella scena finale, tra la processione della Vara e la preghiera di Rashid ad Allah il pubblico finisce travolto in un ritmo che ci ricorda quanto siamo arabi pur senza volerlo. La coraggiosa produzione (coraggiosa perché si basa solo sulla scommessa di chi ci crede nonostante un settore difficile) è di Gianmarco Vetrano che ha curato anche la fotografia. Ma tutto, comparse, camei come quelli di Gabriele Greco e Federica De Cola, nasce dalla voglia di contribuire a un progetto che è quello di chi si ribella alla globalizzazione dell’indifferenza, a quella società che mentre un uomo muore si distrae per andare a chiedere autografi al divo di turno sulla spiaggia (in questo caso Garbriele Greco). Eppure Rashid, il marocchino sognava di sposarsi a Taormina con la bella ragazza del bar e fare con lei una famiglia. Ed a lei rivolge il suo ultimo sorriso dopo aver mangiato e bevuto solo per starle vicino, birre, arancini, panini. Nell’andare via le dice “Dio ti benedica”. Pochi minuti dopo il tuffo fatale, ebbro di vita e sogni, di birra e desideri normali. Muore così Rashid l’estraneo, in spiaggia davanti a tutti. L’unico spirito di umanità di quella folla è quando si gettano in mare per salvarlo. Poi il cadavere resta lì, fino a sera, mentre chi l’ha salvato si fa le domande che tutti si fanno ogni giorno “ma la sera dove dormono?” Dopo il tramonto i bagnanti vanno alla processione della Vara e quel che c’è di pagano in quel rito si unisce nel cortometraggio all’ultima preghiera di Rashid ad Allah. Gli stessi che non hanno avuto alcuna pietà cristiana, alcuna compassione umana per un loro fratello dal colore diverso, pochi minuti dopo si battono il petto e invocano Maria. Rashid è lo specchio della società attuale, uno specchio spietato ma vero.

Per capirlo è bastato ascoltare il racconto di Aziz e Turè che non sono personaggi del film ma persone reali, due mediatori che vivono a Messina da alcuni mesi. Aziz viene dal Gambia, è mediatore al Palanebiolo, ma quando va al supermercato (con i soldi veri) lo cacciano via. Anche Turè è mediatore e quando in un autobus qualcuno protesta perché non lo vuole lui commenta “non è colpa tua, forse nella tua famiglia non hanno saputo educarti”. Il più grande sogno e la più grande certezza di Turè è che tornerà a casa. Costi quel che costi. Rashid quindi non è fantasia è la vita quotidiana della Messina ai tempi dei migranti, che arrivano ogni giorno e non possiamo più pensare che stia accadendo solo altrove.

Rashid è Luigi Cirillo, attore per caso, napoletano nato “nero” non per uno scherzo del destino ma perché nel nostro sangue c’è il sangue di mille altri popoli.

“Io sono marocchino da sempre. Quando sono nato l’ostetrica ha detto a mia madre: ma l’avete fatto con un marocchino?”. Gli amici mi chiedevano se ero adottato e a Natale al presepe vivente facevo sempre Baldassarre. Io ho vissuto la discriminazione da bianco. E quando scoprivano che ero di Pompei cambiavano”. Cirillo ha chiuso la sua storia leggendo la poesia scritta da un giovane durante la Primavera Araba. Sembrava scritta da chiunque. Perché noi siamo solo stati più fortunati, perché siamo nati dopo le nostre Primavere per la libertà.

Dopo la proiezione, accolta da lunghi ed emozionati applausi, sono intervenuti il sindaco Accorinti e l’assessore Cucinotta, parlando di un’accoglienza costretta ancora nei limiti dell’emergenza e annunciando nuovi arrivi. “La cosa più difficile è creare il senso della comunità” ha detto il sindaco.

Ma forse i piccoli passi li stiamo facendo, perché a vedere Rashid c’erano centinaia di persone e non perché era un film, ma perché è qualcosa che “ci tocca”da vicino e quando impareremo che ciò che tocca il nostro vicino tocca anche noi, allora nessun Rashid morirà da solo in riva al mare sognando quei biscotti allo zafferano e al miele che gli faceva la madre eche nessuna pasta di mandorla siciliana potrà mai eguagliare.

Rosaria Brancato

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