L’Organo di giustizia amministrativa accoglie il ricorso di due commercianti riconoscendo «vizio di eccesso di potere riferito a decisioni assunte senza adeguata istruttoria»
Il Regolamento comunale sul canone di occupazione suolo pubblico è stato annullato. Così ha deciso ilConsiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dando ragione ai due commercianti messinesi (rappresentati dall’avvocato Santi Delia) che nel 2013 hanno avviato una battaglia legale impugnando la delibera n.97 approvata nel 2011 dal Consiglio comunale. Il provvedimento approvato durante l’amministrazione Buzzanca triplicava il canone Cosap.
Il Cga ribalta la sentenza di primo grado del Tar, ritenendo da una parte infondata «l’eccezione di incompetenza del Consiglio comunale» sollevata nel ricorso dall’altra invece appurando l’illegittimità «del sistema di determinazione dei calcoli da operare per la determinazione dei nuovi canoni».
Da sottolineare che, in sede di appello, l’ente non ha prodotto alcuna memoria difensiva («Il Comune – scrivono i giudici – ha depositato copia degli atti richiesti, astenendosi, tuttavia, successivamente dal deposito di atti difensivi»).
Secondo l’organo di giustizia amministrativa, «in breve il Comune avrebbe esercitato un potere non previsto dalla normativa… al solo fine di garantire entrate certe alle casse comunali, come si legge nella deliberazione di G.M del 14/11/2011» .
«Il Collegio – si legge ancora nella sentenza – non disconosce che l’Amministrazione comunale disponga del potere discrezionale di aggiornare i coefficienti moltiplicatori, ma ritiene che ciò possa essere fatto in base ad adeguati accertamenti».
«Nel caso esaminato – spiegano nella sentenza – va rilevato in primo luogo che da nessun documento prodotto risulta che sia stata svolta una qualunque attività istruttoria per scegliere come classificare le strade e gli spazi pubblici da dare in concessione e quali nuovi valori ad essi attribuire, avendo riguardo anche a eventuali nuovi e ulteriori sacrifici che si impongono ai cittadini, per via delle limitazioni d’uso che si ricollegano alle concessioni. In secondo luogo, in aperta violazione del richiamato disposto dalla lettera c) del 2° comma dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997, sono stati previsti coefficienti moltiplicatori per la classificazione del valore delle aree, possibilità esclusa dalla normativa, che ammette solo la rivalutazione sulla base dell’esame delle specifiche attività esercitate, tenendo conto delle modalità di occupazione».
«Attraverso questa procedura illegittima si è effettivamente determinato – come deducono gli appellanti a pag. 4 della loro memoria, senza essere contraddetti dal Comune – una sostanziale triplicazione del canone…», evidenziano ancora i giudici nella sentenza.
Il Cga rileva inoltre che «non risulta da nessun documento prodotto che l’Amministrazione abbia preliminarmente proceduto a una classificazione delle strade e degli spazi pubblici comunali, desumendone, come si è detto l’importanza dai vari elementi indicati dall’art. 19 del regolamento appena approvato e che, altresì, ha previsto coefficienti moltiplicatori tanto per il valore delle aree date in concessione quanto per il tipo di attività svolte…»
I giudici riconoscono quindi un «vizio di eccesso di potere riferito a decisioni assunte senza adeguata istruttoria» e accolgono il ricorso dei ricorrenti: «Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello, e, in riforma della sentenza impugnata, annulla gli atti impugnati in primo grado.
Danila La Torre