Il video col drone di Giuseppe Famà
In Italia sono vari i luoghi legati all’archeoastronomia, ovvero la scienza delle pietre e delle stelle, ma senza dubbio uno che desta particolare curiosità, per il fascino e per il mistero che suscita, è l’altopiano dell’Argimusco. Un luogo dove le rocce assumono sembianze umane, e non solo.
Sono enormi blocchi di pietra, di straordinaria bellezza, che, forse, modellate nel corso dei millenni solo dall’erosione eolica, ora possiedono forme antropomorfe e zoomorfe come quella dell’Aquila, dell’Orante, cioè una figura femminile in posizione di preghiera, del Leone e del Sacerdote. Ma queste sono solo alcune; il luogo offre molto di più. E’ un altopiano che l’uomo primitivo, quando lo scoprì, lo scelse subito per praticare, sfruttando l’allineamento delle rocce unito alla vista su tutti e quattro gli orizzonti, l’astronomia; e per questa via giunse a scoprire il ciclo delle stagioni e ad elaborare un calendario per usi religiosi e agricoli.
Questo luogo surreale, ricco di megaliti, si trova nascosto in provincia di Messina tra i Comuni di Montalbano Elicona, Tripi e Roccella Valdemone.
È un paesaggio poco conosciuto, e per questo forse ancora più intrigante, che ad osservalo viene difficile comprendere il confine tra opere della natura e opere dell’uomo. Un luogo dove sorge spontaneo l’interrogativo se e come l’uomo possa essere riuscito a intervenire creando uno scenario così tanto suggestivo da risultare addirittura di complessa interpretazione anche per gli odierni studiosi. Studiosi che alcune volte lo pongono in correlazione oltre che con la famosissima Stonehenge britannica, definendola proprio la “Stonehenge italiana”, anche con la “Marcahuasi” di Lima in Perù.
Non resta pertanto che recarsi in questo magico luogo e farsi trascinare dal suo fascino, lontano, dove la frenesia della modernità lascia spazio alla pace e alla serenità della natura primordiale.
Testo e video di Giuseppe Famà