La maggioranza di Crocetta trova l'intesa sulla riforme delle province attraverso un maxi-emendamento che modifica il Ddl originario. In caso di approvazione scatterà la prooroga fino ad ottobre per i commissari in modo da dare tempo ai singoli Comuni di Consorziarsi. Previste anche le tre città metropolitane. Il testo da oggi è all'attenzione dell'Ars che ha tempo fino al 20 febbraio.
Un maxi-emendamento sulle province per salvare capra e cavoli ed evitare il ritorno al voto.
L’accordo all’interno della maggioranza è stato trovato all’alba di oggi, a conclusione di un lunghissimo vertice romano, ma adesso sarà l’Ars a dire se l’intesa supererà l’ok dell’Aula e non finirà “impallinata” nel corso delle votazioni.
Il testo che viene fuori dalla mediazione degli alleati è profondamente modificato rispetto a quello approvato dalla Commissione Affari Istituzionali e prova a superare i rischi di impugnativa da parte del Commissario dello Stato.
In realtà le proposte sono due: un maxi-emendamento che sarà presentato dal governo ed uno invece dei capigruppo di maggioranza. Se la maggioranza terrà in Aula ci saranno comunque sei mesi di tempo e nel frattempo scatterebbe la proroga degli attuali commissari delle province fino ad ottobre.
Per approvare, o bocciare, il ddl, l’Ars avrà tempo da oggi pomeriggio fino al 20 febbraio, ci sarà quindi tempo per verificare sia la tenuta della maggioranza che i giochi di Palazzo, anche perché, nel mezzo c’è il congresso regionale del Pd, con le primarie del 16 febbraio, e le fibrillazioni in casa Udc, ormai in procinto di tornare tra le braccia di Berlusconi.
La lunga notte romana ha visto protagonisti i capigruppo della maggioranza, Baldo Gucciardi (Pd), Lillo Firetto (Udc), Giuseppe Picciolo (Drs), Luca Sammartino (Articolo 4), Giovanni Di Giacinto (Megafono), presenti anche Antonello Cracolici (Pd), Paolo Ruggirello (Art.4), il segretario regionale dell’Udc Giovanni Pistorio, il ministro della Pubblica Amministrazione Gianpiero D’Alia e il deputato nazionale Davide Faraone (leader di riferimento di Renzi in Sicilia).
Tutti soddisfatti del lavoro di “lima” e diplomazia che ha portato ad alcune modifiche sia relativamente ai Liberi Consorzi che alle Tre Città Metropolitane (Messina, Catania e Palermo).
Ma andiamo alle novità rispetto al Ddl Cracolici.
I Liberi Consorzi tra Comuni potranno nascere nei sei mesi successivi alla pubblicazione della riforma e saranno i Consigli comunali dei singoli Comuni interessati a presentare istanza previa approvazione in Aula a maggioranza dei 2/3.
Non c’è al momento un tetto al numero dei Liberi Consorzi, quindi in teoria potranno essere più delle attuali 9 province, ma sono stati introdotti due paletti: la soglia minima di 150 mila abitanti, e l’economicità dell’operazione.
I Comuni che intendono consorziarsi quindi dovranno indicare, in una sorta di “programmazione” anche quali sono le motivazioni di opportunità economica e di sviluppo che animano la decisione.
Spetterà comunque sempre alla giunta regionale riordinare in base alle richieste, il numero dei Liberi Consorzi e quindi ratificare o meno le istanze.
I Liberi Consorzi inoltre avranno una serie di funzioni e competenze sovra territoriali, come ad esempio la pianificazione del territorio, i trasporti, il turismo, la gestione dei rifiuti, il servizio idrico.
Gli organi e cioè Presidente, Giunta e Assemblea dei Liberi Consorzi, resteranno di secondo livello e saranno rappresentati dai sindaci dei Comuni, che appunto eleggeranno il Presidente e la giunta. Ma, e su questo punto, è stata forte la determinazione dei capigruppo che temono l’accentramento di troppi poteri nelle mani di un sindaco, a scapito dell’imparzialità e per evitare conflitti di interesse, in un emendamento è stato introdotto l’allargamento dell’Assemblea anche ai consiglieri dei singoli comuni, che avranno il cosiddetto “voto ponderato”. In base alla popolazione infatti ogni singolo comune del Consorzio potrà esprimere anche un certo numero di consiglieri, in modo da tutelare le minoranze.
Per quanto riguarda le 3 Città Metropolitane il percorso è inverso rispetto a quello dei Liberi Consorzi: mentre cioè nel caso dei Consorzi sono i Comuni che dovranno dichiarare, attraverso i Consigli Comunali, la decisione di aderire, nel caso delle Città Metropolitane, i Comuni che ne vorranno fare parte hanno la facoltà di chiedere di “uscire” dal Consorzio di appartenenza. Anche in questo caso i limiti di tempo son i sei mesi dalla pubblicazione della legge.
Per quanto riguarda i Comuni che potranno far parte della Città Metropolitana si fa riferimento alla legge 10 dell’agosto 1995, che per quel che riguarda Messina individua 51 Comuni da inserire nella Città Metropolitana.
“E’ un testo condivisibile sotto diversi aspetti- commenta il capogruppo regionale del Drs Beppe Picciolo- Una norma di grande liberalità, che abbatte i costi, attribuisce funzioni nuove ai Consorzi e favorisce aggregazioni spontanee in linea con quanto stabilito dallo Statuto Siciliano all’art.15. All’inizio i Liberi Consorzi saranno 9, ma nei sei mesi successivi i Comuni avranno la possibilità di modificare l’assetto dei nuovi enti intermedi, attraverso deliberazioni dei consigli comunali. Sono convinto che in questo modo, grazie all’accordo raggiunto dalla maggioranza, si dà attuazione ad uno dei punti fondamentali del programma di governo. Talvolta i cambiamenti vengono visti con tante perplessità. Ma non bisogna avere paura delle novità”.
Soddisfatti sia Davide Faraone, che sottolinea come il primo passo adesso sia l’abolizione delle province, che il ministro D’Alia che ricorda: "Quando Crocetta si candido' alla Regione avevamo firmato un accordo con il Pd di Bersani in
cui era prevista l'abolizione delle province. Ecco perche' era necessario trasferire il tavolo della discussione a Roma".
Scontata a questo punto, in caso di approvazione del maxi-emendamento, la proroga dei commissari fino ad ottobre, anche se l’opposizione affila le armi. Mentre il M5S ha affidato alla rete ed agli attivisti la decisione sul voto, pur bocciando sonoramente il Ddl sotto il profilo dei contenuti, il Ncd spara a zero con il capogruppo Nino D’Asero “ La politica frettolosa partorisce …liberi consorzi ciechi, a causa della confusione creatasi nel coacervo formato da aree metropolitane, consorzi et similia. Se si vogliono evitare strafalcioni, norme dettate da interessi di bottega e delle singole realtà politiche, se si vuole salvaguardare il territorio e valorizzare le realtà locali, la riforma delle province deve essere ecumenica e, certamente, non dettata dai tempi stretti. Non voteremo una riforma che non soddisfa la Sicilia e i siciliani”.
Posizione simile per Mpa-PdS che con il capogruppo Roberto Di Mauro sottolinea la gravità di una crisi che non consente altre perdite di tempo, ma apre al dialogo con la maggioranza per evitare ogni forma di ritorno al passato sulle province.
L’ultima parola spetta comunque all’Aula. Anzi, la penultima, perché la scure del Commissario dello Stato che ha già fatto digerire amari bocconi alla giunta Crocetta e alla sua maggioranza in questi mesi, sarà quella definitiva su una riforma nata in diretta Tv, all’Arena di Giletti e finora mai diventata reale.
Rosaria Brancato