Buon successo di pubblico per la mostra allestita presso la sede dell’associazione Teste Matte da Ilia e Franco Currò con Barbara Fazzari
Domenica 15 gennaio si è chiusa la mostra di Luigi Ghersi presso l’associazione culturale Teste Matte di Franco e Ilia Currò. Assieme ad un forte successo di pubblico e di critica, va ricordata l’atmosfera entusiasta, autentica, di grande sintonia tra i presenti e l’ambiente, tra i visitatori e i quadri. La mostra è stata introdotta da Linuccia Ghersi, moglie dell’artista, che ha posto l’accento sulla necessità di risvegliare l’interesse culturale per la nostra città affidando questo messaggio soprattutto ai giovani, e dalla nipote, la dott.ssa Barbara Fazzari, che ha dato conto, attraverso la proiezione di immagini, del lungo percorso di Ghersi sia per quanto riguarda i complessi pubblici in pitture murali e sculture sia per ciò che attiene ai dipinti e ai disegni da cavalletto.
L’allestimento è stato curato dai fratelli Currò in collaborazione e su progetto di Barbara Fazzari. Del tutto inedita è stata l’idea di inventarsi una scenografia volta ad evocare lo studio dell’artista, il laboratorio, il luogo dell’anima, all’interno del quale Ghersi ha compiuto il suo viaggio dall’idea all’immagine, legittimando così il titolo della mostra e affidando alla scenografia stessa una lettura e un significato metaforico.
La mostra corre sul filo di uno spartito: 80 disegni, strappati dagli album di studi e bozzetti preparatori dell’artista, sono assemblati per temi e in sequenza ritmica. Le note alte partono dagli studi di Michelangelo e risuonano propagando immagini e visioni che troveranno ampio respiro nelle grandi opere, così il volo dei rapaci, i nudi femminili, i tori, i minotauri, i cavalli e la genesi dei quadri d’ambiente. Questo itinerario converge sulle opere allestite nell’atelier riproposto: La barca di Dionisio, metamorfosi delle sirene omeriche in delfini, il Cavallo rampante, l’Ipotesi di un intervento monumentale per la zona falcata di Messina. Questo spazio è dunque abitato dalla forza dirompente del mito che Ghersi avverte dentro di sé come origine archetipica della storia del mondo e dell’uomo. La metamorfosi delle sirene omeriche in delfini racconta il doloroso e lacerante cambiamento di natura e diventa una tragedia che, mescolandosi con la speranza di una possibile conciliazione tra la sirena-ancora sirena e il delfino-già pacificato nella sua nuova identità, squarcia orizzonti intricanti e profetici. Come il cavallo di troia, invocato da Ghersi a presidiare, nella sua valenza simbolica, eventi storici, quali la guerra, o catastrofi naturali, quali il terremoto, che hanno devastato la nostra città. E ancora il cavallo rampante chiamato a testimoniare la tensione eroica di quanti, partendo dallo spirito greco, hanno scelto la libertà contro la barbarie. La parabola di un artista che ha più cose da rivelarci di quante non ne siano state già scoperte.