Il sindaco Saetti: "L'allarme non funzionava da tempo e l'impianto di sorveglianza era spento dal 5 gennaio. E poi, chi ha deciso di custodire l'oro nel museo e non più in banca? Chiederò un incontro al Vescovo e intanto mi attiverò a spese mie per garantire la sicurezza al nostro patrimonio". Affollata assemblea in municipio
CASALVECCHIO. “Il furto del tesoro di S. Onofrio poteva essere evitato. Da domani si dovrà cambiare registro”. E’ perentorio il sindaco di Casalvecchio Siculo, Marco Saetti. Non ha perso tempo. La mattina si è appreso del “vile atto” con il quale è stato portato via l’oro del Santo Patrono e dell’Annunziata e nel volgere di poche ore ha organizzato una pubblica assemblea con i suoi concittadini in municipio. L’aula consiliare è troppo piccola per contenere tutti.
All’appello hanno risposto in tanti. L’aria è impregnata di rabbia, sconforto e amarezza. In quei preziosi c’è la storia dei casalvetini “e andavano tutelati – tuona Saetti – perché frutto di grandi sacrifici”. Il sindaco va dritto al cuore della questione di cui si discute in tutti gli angoli del centro medievale e non solo: “Perché l’oro è stato trasferito dalla banca, un luogo sicuro, al museo dove hanno fatto irruzione i ladri dopo aver divelto due inferriate?”. Questo è l’interrogativo principale. Saetti fa poi notare che “l’impianto di videosorveglianza, due telecamere, anche se funzionante era spento dallo scorso 5 gennaio. Peraltro – chiosa – la centralina era posta in un luogo della chiesa accessibile a tutti. I casalvetini vogliono sapere”.
Nell’aula consiliare ci sono assessori e consiglieri comunali. Maria Antonia Smiroldo, esponente dell’opposizione, è altrettanto perentoria: “Nemmeno un impianto d’allarme e due telecamere possono bastare. Quel luogo non era sicuro abbastanza”. La domanda tuona nella stanza delle adunanze del Consiglio comunale: “Perché l’oro dalla banca è stato portato al museo?”. “Come sindaco – sottolinea Saetti – non sapevo dove si tenessero i preziosi del santo Patrono, pensavo in banca”. E molti presenti pensavano che fosse così. All'assemblea c’è Santino Crisafulli. La sua famiglia ha tenuto l’oro in casa per 85 anni. “Quando mio padre divenne molto anziano – spiega – lo consegnammo al parroco del tempo”.
"Ma chi ha deciso di custodirlo in quei locali adiacenti la Chiesa Madre adibiti a museo? Non è balenata a nessuno l’idea che quella non fosse una sede sicura?” si interroga nuovamente Maria Antonia Smiroldo. Dalla platea una parrocchiana replica decisa: “Ci era stato detto che c’erano tutte le misure di sicurezza necessarie”.
Ai casalvetini brucia il cuore. All’assemblea ci sono anziani e giovani. Ognuno si pone degli interrogativi. Nel corso della serata emergono anche le spaccature che si registrano in parrocchia. Cosa che accade spesso quando si cambiano i sacerdoti. E qui di parroci ultimamente ne sono arrivati diversi. Gli ultimi tre sono stati padre Gerry Currò, padre Agostino Giacalone e padre Gabriele Sgroi, che attualmente regge la parrocchia. C’è anche lui nell’aula consiliare. Siede tra gli scranni solitamente riservati agli assessori, poco distante dal sindaco. E’ visibilmente amareggiato e affranto. Ascolta in silenzio. Anche quando i toni si fanno pesanti. Si tirano in ballo gli organismi parrocchiali, su tutti il Consiglio per gli affari economici e quello Pastorale, non più rinnovati da quando è andato via padre Giacalone. Ci sono diversi componenti della Commissione per i festeggiamenti. Ripetono che il loro “lavoro” finisce a conclusione dei festeggiamenti. Nessuno li indica quali responsabili di chissà cosa. Con i discorsi si accendono i riflettori su raccolte di soldi per opere ecclesiali avviate prima che arrivasse don Gabriele di cui i fedeli dicono di non sapere nulla da tempo. Lui è a Casalvecchio da poco più di un anno. Si parla di vicende che precedono il suo mandato. “Si sta andando oltre” sussurra il sacerdote. Parla poco. “Io – dice riferendosi agli ex voto rubati – ho trovato quell’oro lì e non doveva essere laddove l’hanno trovato i ladri. Quando sono giunto a Casalvecchio, l’ottobre dello scorso anno, il mio predecessore mi ha fatto vedere dove lo tenevano. Ho detto che lì non poteva stare…”.
Il sindaco ha annunciato che chiederà ufficalmente di mettere l'oro rimasto (quello dei santi di Misitano e Rimiti) in banca, subito e che chiederà al vescovo “chiarimenti sui beni che i casalvetini hanno donato alla Chiesa. E se non mi saranno dati, sono pronto anche a dimettermi. La Chiesa deve essere luogo di trasparenza. Intanto provvederò a chiamare una ditta specializzata per spostare l’impianto di videosorveglianza in modo da metterlo in un posto sicuro. Contestualmente va riparato il sistema d’allarme. Sono pronto – incalza Saetti – a mettere i soldi di tasca mia. Se qualcuno vorrà partecipare alle spese, organizzerò un’altra assemblea e stabiliremo come”. Non è tenero il sindaco: “Una cosa è certa: la Chiesa non ha tutelato il patrimonio di S. Onofrio, di Casalvecchio e dei casalvetini. Non è giusto nei confronti di chi si è speso con tanti sacrifici”. Parola di un ateo, pronto ad abbracciare una situazione così delicata come cittadino di casalvecchio, prima che da sindaco.
Carmelo Caspanello
Vuoi vedere che l’ha rubato “‘u camìddu” ?…
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