La celebre Sonata a Kreutzer conclude l’integrale delle sonate beethoveniane
Si è chiuso in bellezza l’integrale delle 10 sonate per violino e pianoforte di Beethoven, lodevole proposta a cura dell’Accademia Filarmonica, iniziata due anni fa ad opera delle due musiciste Francesca Dego al violino e Francesca Leonardi al pianoforte, che hanno riservato per il terzo e ultimo appuntamento l’esecuzione della sonata sicuramente più celebre, la n. 9, la celeberrima Sonata a Kreutzer.
La prima parte della serata è stata dedicata all’esecuzione delle Sonate per violino e pianoforte op. 23 e op. 30 n. 1. La Sonata in la maggiore op. 30 n. 1, nei movimenti “Allegro vivace”, “Andante, piuttosto Allegretto”, “Allegro piacevole” (la sesta sonata per violino e pianoforte), è probabilmente la più debole delle sonate scritte da Beethoven per questo organico. I temi e gli sviluppi sono alquanto convenzionali, e nulla aggiungono all’evoluzione di questo genere musicale. Più interessante, sebbene composta due anni prima, la Sonata op. 23 in la minore, in cui particolare rilievo assume il “Presto” iniziale, un movimento dai toni cupi e febbrili, di immediato impatto sull’ascoltatore; dopo l’”Andante scherzoso, più Allegretto” di carattere amabile e disteso, conclude l’”Allegro molto” in cui ritorna l’atmosfera cupa del primo movimento. Ma il piatto forte della serata è stato costituito indubbiamente dalla Sonata op. 47 A Kreutzer, che ha riempito tutta la seconda parte del concerto. A differenza di altri generi musicali da camera, come i quartetti d’archi, le sonate per pianoforte e le sonate per violoncello e pianoforte, il genio di Ludwig Van Beethoven, pur raggiungendo talora delle vette altissime, nel genere della sonata per violino e pianoforte non è stato un grande innovatore; la grande innovazione in quel campo era stata già compiuta prima di lui da un altro grandissimo compositore, Wolfgang Amadeus Mozart. In epoca barocca le sonate per violino e cembalo si caratterizzavano dall’assoluta predominanza del violino, fungendo il cembalo soltanto da basso continuo. Successivamente, nella metà del settecento, le parti si invertirono totalmente, il pianoforte (prima cembalo, poi forte-piano) assunse il compito di solista, mentre il violino si limitò ad eseguire il ripieno o comunque ad accompagnare. Con Mozart, soprattutto nelle ultime sue sonate, il violino ed il pianoforte hanno pari dignità, intessendo un dialogo fra i due strumenti che rappresenta la nascita della moderna sonata per violino e pianoforte. La sonata a Kreutzer tuttavia costituisce l’eccezione a tale assunto, almeno limitatamente al primo movimento. Infatti, pur non eguagliando in equilibrio e perfezione formale le ultime sonate di Mozart e la stessa ultima di Beethoven (la sonata in sol maggiore op 96), il carattere concertante del primo tempo, “Adagio sostenuto. Presto” di imponente lunghezza, dal forte carattere drammatico, ricco di temi indimenticabili, con un continuo serrato dialogo fra violino e pianoforte, pone la sonata in una dimensione nuova e diversa da tutte quelle che la hanno preceduta. Si passa infatti dalla sonata cameristica a quella concertante, occasione anche per esibire il virtuosismo dei solisti. L’eccezionale dimensione sia per quanto riguarda la durata, sia per la forte componente drammatica, a volte sinistra, ha reso questa sonata forse la più popolare fra le sonate per violino e pianoforte mai composte, capolavoro oggetto di riferimenti letterari – come non citare l’omonimo celebre racconto di Tolstoj, ove il primo movimento diviene galeotto di amore clandestino fra i due esecutori, Liza e il violinista amico del marito Pozdnysev, almeno nella fantasia di quest’ultimo – e musicali – Sonata a Kreutzer è intitolato il primo, bellissimo quartetto di Janacek – . Gli altri due movimenti, un sereno “Andante con variazioni” e un “Finale: Presto” pieno di brio, che concludono la sonata, appaiono, anche se pur sempre di elevato livello artistico, più convenzionali rispetto al primo, e stemperano la tensione drammatica dell’Allegro iniziale, analogamente a quanto avviene anche per il concerto per violino e orchestra dello stesso Beethoven. La sonata deve il suo nome a Rudolph Kreutzer, un violinista stimato da Beethoven, che, incredibile a dirsi, non la apprezzò. Come nei due concerti precedenti, anche questa volta le due artiste hanno regalato al pubblico del Palacultura un’interpretazione eccellente ed impeccabile.
Quello che colpisce di queste due meravigliose realtà della musica italiana è l’affiatamento, la ormai consumata intesa, che conferisce all’esecuzione una gradevolissima naturalezza, rendendo l’interpretazione perfettamente unitaria e precisa. Da notare ancora una volta la felicissima scelta dei tempi, la disinvoltura e la capacità espressiva nell’eseguire le sonate Beethoveniane, una interpretazione impeccabile sia sotto il profilo tecnico che espressivo. Alla fine del concerto le due giovani artiste, applauditissime dal numeroso pubblico, hanno suonato una “Parafrasi” sulla celebre aria “Una voce poco fa” dal “Barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini, composta da Mario Castelnuovo – Tedesco, un brano assai gradevole e accattivante, ovviamente apprezzatissimo dal pubblico.
Giovanni Franciò