Nel giorno del centenario della rivoluzione russa uno spettacolo dedicato anche all’arte che ha subito i totalitarismi
Gli artisti Stelia Doz soprano, Renato Donà violino, Alberto Serrapiglio clarinetto, Stefania Mormone pianoforte, Antonino Tagliareni voce recitante, in collaborazione con le Associazioni Culturali Lelat e Zaleuco, hanno dato vita, martedì 7 novembre, ad una singolare serata, ove si sono alternate letture e performance musicali, in commemorazione della rivoluzione russa, che ha avuto luogo il 24 ottobre 1917, data che secondo il calendario russo coincide con il 7 novembre, pertanto lo spettacolo ha celebrato esattamente il centenario della rivoluzione d’ottobre.
Lo spettacolo, tenutosi al Palacultura, per la stagione musicale delle Associazioni musicali riunite Accademia Filarmonica, V. Bellini, per il Ciclo “Musica e Letteratura”, ha attirato la curiosità del pubblico, numeroso considerato che l’evento si è tenuto alle 21 di martedì, ed è stato di indubbio interesse; tuttavia ha peccato forse di mancanza di un vero filo conduttore, e quindi di unitarietà, contrariamente ai propositi che il bravo Renato Donà, violinista, ha esposto in un discorso introduttivo. Infatti, a parte la bellissima poesia di Nazim Hikmet, scrittore turco naturalizzato polacco, intitolata “Pietrogrado 1917”, recitata da Antonino Tagliareni, che celebra con accenti epici e commossi ad un tempo la rivoluzione dei bolscevichi, e fatta eccezione anche per il primo brano musicale eseguito, Cinque pezzi per due violini e pianoforte”, nella trascrizione per violino, clarinetto (che sostituisce il secondo violino) e pianoforte, di Dmitri Shostakovich, e per l’ “Allegro con brio” dalla Sonata per violino e pianoforte op. 94bis di Sergei Prokofiev, il resto del programma è stato dedicato piuttosto alla condanna dei totalitarismi, ad iniziare da quello russo stalinista, per finire con quello nazista e antisemita. Invero anche Shostakovich e Prokofiev talora furono accusati dalla critica russa di “formalismo”, cioè di musica che non fosse sufficientemente impegnata sotto il profilo politico e sociale, tuttavia entrambi, soprattutto il primo, si resero interpreti della celebrazione del socialismo e della rivoluzione. I brani dei due compositori russi ascoltati nella serata hanno un valore assai diverso: i cinque pezzi – Preludio, Gavotta, Elegia, Valzer, Polka – probabilmente furono composti da un allievo di Shostakovich, su temi di quest’ultimo, e costituiscono brevissimi brani, gradevoli ma di poco impegno e spessore, quasi un divertimento. Il brano di Prokofiev proposto, invece – l’ultimo movimento della Sonata n. 2 per violino e pianoforte – è tratto da un capolavoro della musica da camera per questo organico, molto virtuosistico e brillantemente interpretato dai due musicisti. Non è sembrato a mio avviso opportuno agganciare alla celebrazione della rivoluzione d’ottobre i totalitarismi, proprio nel centenario, scelta che ha trasformato una celebrazione nel suo contrario. Tra l’altro è stato eseguito il “Vivace e leggero” dalla Sonata per clarinetto e pianoforte di Leonard Bernstein, breve brano brillante e virtuoso, di un compositore di origini ebree ed impegnato nella diffusione della musica anche popolare, un brano però che è sembrato esulare dal contesto. Gli artisti, tutti comunque di ottimo livello, hanno eseguito il brano famosissimo di Maurice Jarre “Tema di Lara”, colonna sonora del film di David Lean Il dottor Zivago, tratto dall’omonimo romanzo del premio Nobel per la letteratura Boris Leonidovič Pasternak, romanzo che, a causa del regime sovietico, vide la sua pubblicazione in Russia solo nel 1988. I gradevoli 4 brani da “Shakespeare’s Songs op. 24”, per soprano e pianoforte, di Mario Castelnuovo Tedesco, sono stati eseguiti per ricordare l’esilio al quale fu costretto il musicista italiano, di origine ebrea, durante la vigenza delle leggi razziali in Italia. Lo stesso vale per “Youkali”, lo splendido tango di Kurt Weill su testo di Roger Fernay, ultimo brano eseguito da tutti i musicisti (soprano, violino, clarinetto e pianoforte); infatti anche Weill fu costretto a fuggire dalla Germania nazista, in quanto di origine ebrea. Il suo canto malinconico parla di un’isola dei desideri, ove fuggire, che però è un’isola che non esiste.
Anche il bis che gli artisti hanno concesso, un brano tratto dalla tradizione yiddish, il cui testo è stato prima letto in italiano da Tagliareni, sulla condizione di estrema povertà dei bambini ai tempi successivi la prima guerra mondiale, molto bello, non ha costituito proprio un elemento celebrativo della rivoluzione. Si è pertanto voluto ricordare soprattutto le nefaste conseguenze totalitaristiche che rivoluzioni del popolo possono generare. Questo era l’intento del gruppo, come si evince chiaramente dal titolo dello spettacolo, ma forse, nel giorno del centenario della rivoluzione russa, sarebbe stato più bello e giusto celebrare l’evento in sé, foriero di speranze di giustizia ed equità, e dell’entusiasmo dei “Compagni” i quali, come narrato dagli splendidi versi di Hikmet, recitati da Tagliareni, “con l’appetito di un bambino col coraggio del vento entrarono nel Palazzo d’inverno”.
Giovanni Franciò