L'avventurosa biografia del compositore austriaco nell’epistolario letto da Tullio Solenghi
Spettacolo molto interessante quello tenutosi venerdì al Palacultura per la stagione musicale delle Associazioni musicali riunite Accademia Filarmonica e Vincenzo Bellini, che ha visto protagonista l’attore Tullio Solenghi, in qualità di voce recitante, e il Trio d’Archi di Firenze, in un racconto musicale, attraverso il copiosissimo epistolario a noi pervenuto, della vita del grande Mozart.
Fra un movimento musicale e l’altro dello splendido Divertimento per archi K 563 in mi bem. maggiore, una delle composizioni da camera più riuscite del musicista austriaco, Solenghi ha interpretato letture drammatizzate dei più noti passi epistolari attraverso i quali sono giunte sino a noi tutte le informazioni sulla breve e misteriosa vita del genio salisburghese, con tono ora serio ora scherzoso, dimostrando grande versatilità recitativa. Il poliedrico attore si è perfino esibito in una performance canora, interpretando, più che dignitosamente, la celebre aria di Don Giovanni “Dè vieni alla finestra” una splendida serenata accompagnata dal pizzicato degli archi, che simulano il mandolino. Le letture sono state tratte da lettere scritte da amici di Wolfgang, dal padre, soprattutto da Mozart stesso, queste ultime indirizzate ora alla moglie Constanze Weber ora al padre ora alla cuginetta Anna Maria Thekla, detta Basle. E così Tullio Solenghi ha passato in rassegna gli episodi più significativi della vita di Mozart, iniziando dalla composizione del suo primo concerto, all’età di quattro anni, con il padre contemplante la partitura con le lacrime agli occhi, episodio che ci dà immediatamente la dimensione del genio assoluto e precoce, un vero miracolo. A tal proposito la serata in verità è iniziata con l’esecuzione da parte del Trio di Firenze di una trascrizione di un breve brano composto da Mozart per cembalo all’età di cinque anni, il minuetto K 1, giusto per rammentarci di quale genio si stava iniziando la narrazione. Le letture di Solenghi hanno proseguito coprendo tutto l’arco della vita del compositore; molte di esse hanno messo in rilievo la dimensione del genio, come l’episodio del giovane che, ascoltando alla Cappella Sistina il Miserere di Allegri, lo trascrisse interamente nota per nota, avendolo ascoltato solo una volta! O come veniva fatto esibire dal padre nei vari teatri e corti d’Europa, suonando anche con un panno che copriva la tastiera, o indovinando tutte le note che gli proponevano rivelando un orecchio assoluto stupefacente. L’ultima lettura è stata dedicata a quanto riportato dalla cognata, sorella di Constanze, sugli ultimi istanti della sua vita, quando Mozart morente dettava istruzioni al suo allievo Sussmaier su come proseguire la composizione del suo Requiem. Alcune lettere di Mozart stesso sono caratterizzate da trivialità, turpiloqui, insulsaggini e banalità, in particolare quelle scritte alla sua cuginetta Basle, con la quale si intuisce che ebbe un rapporto amoroso. Come possa l’autore del Don Giovanni, del Requiem, dei più bei concerti per piano e orchestra mai scritti, del Flauto Magico (si potrebbe continuare all’infinito) aver scritto tali scempiaggini e oscenità, è un mistero che, nonostante fiumi di inchiostro siano stati versati sull’argomento, non è destinato a trovare una risposta definitiva. Si sono scomodati anche gli psicologi, che videro in questi comportamenti birichini e scanzonati una reazione a quella mancata infanzia, negatagli dalla severità del padre, che sfruttò la sua arte per esibirlo, quasi come una scimmia ammaestrata, in tutta l’Europa, ma soprattutto dal suo stesso genio troppo precoce. Anche lo stesso Tullio Solenghi, fra il serio e il faceto, ha dato la sua risposta: si tratterebbe di frasi volgari che erano usate spesso dalla madre, come risulta da alcuni scritti, e quindi imitate dal figlio. In realtà, mutuando dal titolo “L’enigma della vita” che Corrado Augias diede ad un dvd su Mozart da lui curato nell’ambito di una raccolta dedicata ai musicisti, la sua vita resta un “enigma”, e ciò forse renda ancora più affascinante il suo irripetibile genio musicale.
Il contrasto fra il suo gioviale epistolario e la musica da lui composta è risultato palese ascoltando il Divertimento per archi K 563, che Einstein definì “il trio più bello e più perfetto che sia mai stato scritto”. Il rigore e la ricchezza armonica del primo tempo “Allegro”, la rarefatta atmosfera dello splendido “Adagio”, i due “minuetti”, di una perfezione cristallina, costellati da inquiete ombre, pur se nell’ambito di una atmosfera serena, l’”andante”, incastonato fra i due minuetti, il cui tema ispirato viene variato magistralmente, e infine l’”Allegro”, meraviglioso esempio della cosiddetta seconda giovinezza mozartiana, gioioso eppure velato da una sottile malinconia, sono tutti elementi che fanno di questo trio un capolavoro assoluto, testimonianza dell’incredibile magistero artistico del grande musicista austriaco, capace di produrre tale ricchezza con soli tre strumenti ad arco.
Lo spettacolo è stato assai gradito dal numeroso pubblico, come del resto quello messo in scena l’anno scorso dal Trio Metamorphosi, che ha dato lettura, intervallata da brani musicali, dei brani tratti dai testi di Quirino Principe sulla vita di Robert Schumann, a riprova che questi spettacoli che uniscono alla musica la narrativa della storia e della poetica dell’autore funzionano molto bene. Ottima la prova del Trio di Firenze, formato da Patrizia Bettotti al violino, Pier Paolo Ricci alla viola e Lucio Labella Danzi al violoncello. Acclamato dal pubblico, Tullio Solenghi ha concesso un singolare bis, una lettura tratta da Romeo e Giulietta di Shakespeare, accompagnata dal Trio nell’esecuzione, adattata per trio d’archi, dell’aria dalle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach.
Giovanni Franciò