L'odissea di un anziano messinese morto dopo 10 anni di un processo ingiusto che secondo il giudice non sarebbe mai dovuto cominciare
L’odissea di un messinese accusato di estorsione perché “chiedeva il canone all’inquilino prima della scadenza”, assolto dopo 10 anni di un processo ingiusto e morto poco dopo.
Una storia che spiega perché quando si dice no alla depenalizzazione, e alle altre riforme efficaci per limitare le lungaggini, lo si fa sulla pelle della gente.
Il protagonista è un messinese di 89 anni, difeso dall’avvocato Giuseppe Ventura Spagnolo e assolto qualche giorno fa dal giudice monocratico Alessandra Di Fresco dall’accusa di tentata estorsione. I fatti risalgono al 2011 e l’anziano ha vissuto il processo con un’angoscia che l’ha consumato, ma che ha voluto affrontare per vincere la battaglia a difesa della propria dignità. Ha “tenuto” per anni, poco dopo l’assoluzione è spirato.
Il processo si è concluso a 10 anni dai fatti. In realtà è bastata una sola udienza dibattimentale al giudice per concludere che l’accusa non aveva alcun senso di esistere. In 10 anni, però, tra scioperi, rinvii per motivi procedurali, assenze delle parti e altri inghippi formali, si sono celebrate pochissime vere udienze dibattimentali. Così l’anziano ha dovuto attendere a lungo che venisse riconosciuta la sua innocenza.
Anzi, secondo il giudice non avrebbe mai dovuto essere imputato: non è emersa alcuna prova dei fatti denunciati da chi l’ha querelato, fatti che non avevano comunque alcuna rilevanza penale, trattandosi di mere questioni civili, scrive la Di Fresco nelle motivazioni della sentenza.
A denunciarlo era stato un commerciante, affittuario di un locale in centro dell’89enne: i due avevano pattuito che il canone mensile di 700 euro doveva essere saldato entro i primi 6 giorni di ogni mese, ha raccontato il commerciante, ma il proprietario più volte si sarebbe presentato diversi giorni prima della fine del mese, pretendendo il pagamento. In più gli avrebbe chiesto “con tono della voce alto” il pagamento di altre 700 euro, pattuite in nero.
Un “tono della voce alto”, non confermato da alcun testimone, che è bastato al primo magistrato per elevare l’accusa penale di tentata estorsione, ed è costato la vecchiaia serena all’89enne.
Per fare giustizia sino in fondo si dovrebbe perlomeno pubblicare il nome di quel magistrato che per “superficialità ” ha fatto soffrire un innocente
Ma quando si faranno pagare ANCHE ECONOMICAMENTE le ca……volate di taluni giudici “disinvolti”!!!!!
Se la tanta decantata LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI ,andrebbe processato chi l’ha processato ingiustamente .
Che schifo da una eternità si aspetta la riforma della giustizia che va sempre peggio
Scusate…più che parlare del giudice, vogliamo parlare dell’avvocato che ha assistito la controparte?!!!!