Ecco perché la Città Metropolitana è in dissesto. La delibera di Romano

Ecco perché la Città Metropolitana è in dissesto. La delibera di Romano

Rosaria Brancato

Ecco perché la Città Metropolitana è in dissesto. La delibera di Romano

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giovedì 17 Agosto 2017 - 05:21

Il prelievo forzoso da parte del governo, i mancati trasferimenti della Regione. Sono le principali cause del dissesto. Ecco l'atto d'indirizzo con il quale il commissario Romano chiede ad Accorinti di avviare l'iter.

Punto di partenza dell’atto d’indirizzo è lo scenario conseguente a due elementi: la riforma Delrio (relativa alle ex province) e la mancata approvazione della Riforma Costituzionale in seguito alla bocciatura del Referendum del 4 dicembre 2016. La vittoria dei no ha infatti reso automaticamente inapplicabile la riforma Delrio che resta quindi “monca”.

Le Province sono pertanto rimaste incardinate nella struttura Costituzionale. Per quanto riguarda la Regione Sicilia, che ha piena autonomia legislativa in materia di ordinamento degli enti locali, la riforma delle ex Province (legge n°15 dell’agosto 2015) ha portato alla costituzione dei Liberi Consorzi e delle tre Città Metropolitane definiti come "enti di area vasta, dotati di au­tonomia statutaria, regolamentare, amministrativa, impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e regolamenti, delle leggi regionali e delle leggi statali di coordinamento della finanza pubblica".

La riforma (impantanata e poi bocciata nei giorni scorsi), ha lasciato ai nuovi enti le stesse funzioni delle ex province, aggiungendone anche di ulteriori.

Il sistema di finanziamento per le ex Province è basato sulla imposta RC auto, imposta provinciale di trascrizione, compartecipazione al gettito IRPEF, compartecipazione alla tassa automobilistica regionale, Fondo sperimentale di riequilibrio, ulteriori tributi provinciali previsti dalla legislazione vi­gente.

Tale sistema di finanziamento- si legge nel provvedimento firmato dal commissario del Consiglio Metropolitano Filippo Romano– risulta fortemente condizionato dalla progressiva ridu­zione dei trasferimenti statali operata per effetto delle manovre di finanza pubblica nonché dai diversi provvedimenti aventi ad oggetto il Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale. Si è poi registrata una progressiva erosione per via di alcuni interventi normativi. La legge finanziaria per il 2015 ha previsto, in una con il riassorbimento da parte delle Regioni delle funzioni conferite alle province a seguito della Riforma Bassanini il ritrasferimento alle stesse o ad altri enti pubblici del 50% del personale provinciale e del 30% del personale delle città metropolitane, con cor­relato ma non subordinato obbligo di contribuzione all'erario statale per una somma complessiva di un miliardo di euro (8,5 min di euro per la Città metropolitana di Mes­sina), per l'anno 2015 di due miliardi di euro (17 min di euro per la Città metropolita­na di Messina) per l'anno 2016 e di tre miliardi di euro (25 min di euro per la Città metropolitana di Messina) per l'anno 2017 e successivi a regime; la riduzione di personale non si applica agli enti intermedi della Regione Siciliana in virtù della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali si applica, invece, il correlato obbli­go di contribuzione all'erario statale poiché trattasi di norma di coordinamento della finanza pubblica; le conseguenze di ciò per la stabilità dei bilanci sono gravemente lesive, e – per la ex provincia di Messina – comportano a re­gime un sostanziale "taglio" di 25 milioni di euro su un bilancio di 62 milioni con spesa di personale che al 2014 ammontava a 38 milioni di euro e che questa gestione commissariale con molta fatica è riuscita a ridurre a 30 milioni di euro; la stessa Corte dei con­ti ha evidenziato che il meccanismo di operatività del contributo forzoso e la sua evoluzione hanno presentato un impatto sempre più rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità in­terno 2015 e del saldo finale di competenza mista 2016; vi è in sostanza un trend di crescita del contributo alla finanza pubblica a carico delle ex province”

In Sicilia il contributo assume connotazioni sempre più impegnative sin dal 2015 (da 21,8 milioni a 97,7 milioni) ma soprattutto nel 2016, in cui ascende ulteriormente a 164,1 milioni di euro, e nel 2017, in cui si attesta a circa 230 milioni di euro, ossia ad oltre dieci volte l'ammontare del contributo richiesto nel 2014. Ne consegue che in questo quadro sono diventati determinanti i trasferimenti dalla Regione alle ex Province.

“A fronte del progressivo assottigliamento delle risorse ordinariamente trasferite dallo Stato- si legge ancora nell’atto d’indirizzo- i trasferimenti regionali, soprattutto negli esercizi più recenti, hanno pertanto acquisito un'importanza centrale ai fini del finanziamento dell'attività istituzionale e della continuità nell'erogazione dei servizi e del pagamento degli emolumenti del personale. In merito si deve rilevare che si è andata diffondendo nella communis opinio politica l'erronea convinzione che all'eventuale ripiano delle carenze fi­nanziarie, cagionate agli enti intermedi siciliani dalla Legge finanziaria per il 2015 con il noto "contributo" provinciale all'erario statale, debba provvedere la Regione stessa in virtù di una autonomia finanziaria che tuttavia non è giovata a tutelare gli enti isolani dal contri­buto medesimo, mentre si è rispettata l'autonomia regionale nel non applicare alle ex province dell'Isola la fuoriuscita del 30%/50% del personale, con il conseguente risparmio di spesa; ne è conseguita una situazione ingestibile delle finanze provinciali”

Di conseguenza si è registrato per la Città Metropolitana un progressivo squilibrio tra entrate ed uscite che ha portato, tra le altre cose all’azzeramento dei trasferimenti regionali per le spese d’investimento e il mancato impegno finanziario per manutenzione delle strade o per i servizi trasporto destinati agli alunni disabili nonché la gestione dell’edilizia scolastica.

in tale contesto il mantenimento dell'equilibrio corrente è stato garantito solo attraverso l'applicazione dell'avanzo di amministrazione e mediante operazioni di rinegozia­zione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti. Per l’ esercizio finanziario 2017, tuttavia, tali operazioni non appaiono più ripro­ponibili, e questa Città Metropolitana di Messina ha dovuto riferire alla Corte dei Conti l'impossibilità, allo stato, di chiudere il bilancio 2017 in pareggio, per via dello squilibrio di 25 milioni tra le entrate (57 milioni) e le spese rigide (81 milioni, di cui appunto 25 milioni per contributo alla finanza pubblica e 3 milioni per sanzioni con­nesse a pregresse inevitabili violazioni del patto interno di stabilità), che vede nella forma­lizzazione del dissesto finanziario l'unica soluzione possibile”.

Non a caso la Città Metropolitana ha esposto le gravissime condizioni dell’Ente alla Sezione Regionale di Controllo della Corte "l'attuale allarmante situazione priva la Città Metropolitana delle risorse proprie con obbligo di ri­servarne l'intero ammontare allo Stato al punto di non po­ter garantire la stabilità dell'Ente e per questo si vedrà costretta, alla scadenza dei termini di approvazione del bilancio, a dichiarare il dissesto finanziario con gravi conseguenze sulla cittadinanza. La situazione di squilibrio ha reso impossibile sostituire i dirigenti col­locati in pensione per cui oggi la Città Metropolitana si ritrova con soli due dirigenti e a dover gestire l'ente (oltre tutti i progetti del Masterplan) senza il dirigente Tecnico e il dirigente di Ragioneria. La naturale conseguenza di tale condizione determina seri rischi anche in termini di respon­sabilità nonché gravi danni ai cittadini con il pregiudizio di vedere compromesso l'intero progetto di sviluppo della Città di Messina e del suo territorio. Il disagio per il nostro Ente si riscontra anche sull'impossibilità di poter accedere a diverse opportunità di finanzia­mento che si presentano nello scenario dei Fondi PON FESR per l'impossibilità di dichia­rare la capacità finanziaria come prescritto nei bandi. Tale situazione di disagio potrebbe J compromettere altresì il prosieguo dei fondi correlati al Patto per il Sud qualora non si addivenga a forme di finanziamento diretto agli Enti beneficiari”.

Finora quindi la Città Metropolitana ha potuto garantire solo le spese obbligatorie per i servizi essenziali. La drammatica situazione finanziaria non permette di redigere uno schema di Bilancio di Previsione 2017 in equilibrio in quanto a fronte di entrate correnti, con riferimento alle en­trate di natura tributaria, pari a circa €57 milioni, le spese cor­renti di natura incomprimibile risultano pari a circa €81 milioni. Si registra pertanto uno squilibrio di parte corrente di circa € 25 milioni. Ne consegue l'impossibilità di espletare le funzioni assegnate alla Città metropolitana di Messina.

A rischio gli stipendi per il personale, la gestione degli istituti scolastici nonché la manutenzione delle strade (servono risorse per la messa in sicurezza di oltre Km. 2.650 di strade provinciali che rischiano la chiusura con conseguente isolamento dei tanti Comuni monta­ni).

Romano rileva quindi che la Città Metropolitana di Messina si è venuta a trovare in una condizione di incapacità finanziaria e funzionale, pertanto in base all’articolo 244 del Testo unico degli Enti locali non vi è altra alternativa al dissesto finanziario.

Pertanto il Commissario delibera di: “formulare ai competenti organi dirigenziali della Città Metropolitana specifico atto di indirizzo, finalizzato al compimento di tutte le attività di rispettiva competenza in ordine al definitivo accertamento dei presupposti di legge, ed alla successiva predisposizione degli atti necessari alla dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi delle vigenti normative; impegnare conseguentemente il Sindaco Metropolitano a proporre la adozione di apposito decreto di proposta di dissesto a questo Commissario straordinario nell'esercizio delle proprie funzioni di Consiglio Metropolitano”.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. Beh, alle elezioni regionali i 6000 dipendenti delle ex Provincie siciliane che se lo ricordino, l’abbandono , inattività e ipocrisia , dei deputati regionali in carica e non facciano i caproni, senza ascoltare chi già da oggi non fa altro che vantarsi!!!!!!!!!!!!

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  2. Questa è’ l’analisi di Romano. Altra cosa è l’operato gestionale posto in essere dal Commissario durante questo lunghissimo e ” vergognoso” ( non per lui ma per chi ha creato questo disastro nei confronti dei cittadini e di tanti onesti e seri dipendenti dell’Ente) commissaramento. Cosa ha fatto , durante il periodo dei pieni poteri, per scongiurare questo scontato risultato finanziario? Perché proprio ora……?

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