L’impressione è che il diniego di Musumeci derivi da interessi politici che non necessariamente coincidono con gli interessi del territorio
MESSINA – Da un certo punto di vista non c’è fretta. L’Autorità Portuale di Messina continua ad operare da anni come se nulla fosse, come se non fosse commissariata. Il commissario è quello che è stato l’ultimo presidente, Antonino De Simone, che ormai è alla guida dell’ente peloritano da sette anni e conosce bene la realtà.
Le attività non si fermano: a fine 2019 saranno 450mila i croceristi sbarcati a Messina e nel 2020 si vola verso il ritorno al mezzo milione; di recente è stato pubblicato il bando per il nuovo terminal crociere, che garantirà un salto di qualità a tutto il settore; i lavori al porto di Tremestieri proseguono, così come quelli al quartiere fieristico e dentro la zona falcata. E tanto altro ancora.
Proprio nel mese di giugno, tra l’altro, è attesa l’approvazione definitiva del piano regolatore portuale, che andrà a sostituire uno strumento vecchissimo e doterà l’ente di una pianificazione in grado di fungere da base per restituire a Messina il suo rapporto con il mare e recuperare le sue aree più preziose. La scorsa settimana si è riunito il Cru, Consiglio regionale urbanistico, che a breve emetterà un voto sul piano. Poi verrà recepito dal dirigente generale del Dipartimento regionale urbanistica, con un decreto di approvazione. Una strada che appare ormai in discesa, pur se il passato insegna che un obiettivo può dirsi raggiunto solo al termine ufficiale dell’iter, visto che gli ostacoli sono sempre dietro l’angolo.
Per tutti questi motivi Messina non ha fretta. Quando il piano regolatore portuale sarà approvato, però, sarà bene accelerare per concludere l’istituzione della nuova Autorità Portuale. L’ente peloritano non può restare per sempre l’unico commissariato d’Italia ed è bene fare il salto di qualità, tentare di dare risposte anche alla sponda calabrese, che nel nuovo ente crede poco, così poco da aver avanzato anche ricorso alla Corte Costituzionale. Se venisse accolto si tornerebbe all’unione tra Messina e Gioia Tauro. E non sarebbe facile poi inventarsi qualcosa d’altro per creare comunque la sedicesima Autorità Portuale, composta però solo da Messina e Milazzo. Una prospettiva neppure tanto negativa, l’ente messinese funziona, ma comunque un’incognita, anche perché la storia recente dimostra che tutto può cambiare, in meglio o in peggio, a seconda del colore politico del governo nazionale. Per quello a guida Pd, ad esempio, era impossibile ciò che con la guida 5 Stelle si è facilmente concretizzato.
Ecco perché stona il no del presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, alla scelta di Mario Paolo Mega per il ruolo di presidente, da parte del ministro Danilo Toninelli. Mega è dirigente tecnico del servizio infrastrutture, innovazione tecnologica e pianificazione strategica dell’Autorità Portuale di Bari, dove lavora del 2003, ed è stato componente del comitato tecnico di Assoporti per l’innovazione tecnologica e la creazione di sistemi di trasporto intelligenti. E’ insomma uomo di comprovata esperienza.
Non sappiamo, ovviamente, se potrà essere anche un bravo presidente ma l’impressione è che il diniego di Musumeci derivi da interessi politici che non necessariamente coincidono con gli interessi del territorio. Polemiche simili, del resto, erano sorte sette anni fa alla nomina di De Simone, perché molti erano contrari alla designazione di un campano, che alla fine si è dimostrato capace più di qualche altro suo predecessore locale. E che ora potrebbe restare alla guida dell’ente ancora per qualche tempo, pur se da commissario.
(Marco Ipsale)
Sempre che ne abbia piacere, ritengo che la cosa migliore, in atto, sia che il dott. De Simone possa restare almeno altri tre anni alla guida dell’Autorità Portuale. Persona di comprovata esperienza, si è dedicato al suo compito come altri non avrebbero fatto. Lo dicono i risultati.
E’ chiaro che Musumicio non ha nessun interesse per il territorio messinese anzi cerca di favorire la sua catania (a danno di Messina). Seppoi che i calabri per motivi anche campanilistici (assurdo gli da fastidio che si chiami AP di Messina) ma sopratutto perchè vogliono l’AP di Gioia Tauro con relativa presidenza e Ufficio (per le ricadute di strutture statali sul territorio) e percè l’attivo del porto di Messina gli serve per ripianae i debiti del loro porto a rischi fallimento e chiusura (perciò vedrete che vinceranno il ricorso presso la Corte Costituzionale. Ora tocca agli pseudo politici/amminstratori di Messina fare muro e/o non accontentarsi di quale “briciola” e vendere ancora una volta Messina.
Messinesi capaci di rivestire questo ruolo non esistono?
Finché a Messina si ragiona “se non ho io non devi avere neppure tu!” svenderemo la città a chi ha interesse di distruggerla