I dettagli dell'inchiesta che ha portato ai domiciliari l'avvocato del comune di Taormina incaricato di riscuotere le morosità dell'acqua
I riflettori sull’avvocato Francesco Laface si sono accesi nel 2018, mentre le fiamme gialle della Compagnia di Taormina, ai comandi del Capitano Angelo Schillaci e del Comandante provinciale, Colonnello Gerardo Mastrodomenico, indagavano sul pagamento della tassa di soggiorno da parte delle strutture alberghiere.
Da un’imposta all’altra, il legale è scivolato su quella dell’acqua. E ad inizio dell’ottobre 2019 la Procura ha chiesto l’arresto in carcere sia per lui che per il dirigente comunale, ma il giudice per le indagini preliminari Maria Militello ha deciso diversamente, concedendo i domiciliari al primo e disponendo il divieto di dimora per il secondo.
L’avvocato, secondo i calcoli della Guardia di Finanza, avrebbe intascato poco meno di un milione di euro, almeno 924 mila euro e rotti, intascando il pagamento dei morosi. Al Comune di Taormina ne avrebbe fatto arrivare soltanto una minima parte. Il resto lo avrebbe trattenuto per sé.
Ma com’è riuscito ad intascare tutta quella ingente somma senza che nessuno se ne accorgesse? In realtà, spiega il giudice nel provvedimento, a Taormina il fatto era notorio, anche se nessuno lo aveva denunciato. E, a parte l’omertà, il professionista, incaricato del recupero delle morosità dell’acqua dal 1993 con successive riconferme fino praticamente ai giorni nostri,aveva un complice al Municipio.
Si tratta del dirigente Coco appunto, unico incaricato del servizio riscossione settore idrico, che gli permetteva di agire indisturbato attraverso diversi meccanismi. Da un lato, infatti, il legale avrebbe dovuto essere pagato per il servizio svolto dal Comune di Taormina – la prima delibera parla di 6 milioni annui, previa la presentazione di relazione bimestrale sull’attività svolta e relative distinte dei pagamenti incassati. In realtà tali attestazioni non sono mai state rinvenute dalla Finanza, e Coco non avrebbe sorvegliato a dovere sulla rendicontazione di Laface.
Dall’altro, il dirigente presentava al bilancio una sorta di rendicontazione generica dei crediti recuperati, ascrivendo somme complessive ai relativi lassi di tempo, senza indicare le specifiche. Infine, il dirigente manometteva l’anagrafica del servizio idrico, inserendo nel sistema informatico comunale Acquewin 3 attestazioni di pagamenti che invece non erano mai stati incassati per intero dal Comune. Così facendo, permetteva a Laface di avere le ricevute che poi consegnava agli utenti che pagavano a lui direttamente, ed evitava che a questi arrivassero le contestazioni per le bollette non pagate. Anche così, però, qualcosa è sfuggito loro.
“Io ho un problema con la Guardia di Finanza e col Comune di Taormina…senza…il Comune di Taormina, per un condominio, mi ha mandato una richiesta di bollette dell’acqua, di cui tante sono state pagate a te…(…) io te l’avevo detto e mi avevi detto di non fare niente! Ora, ora la Guardia di Finanza mi richiede di portargli…mi dice che io ho un contenzioso col Comune di Taormina…”.
Così un amministratore di condominio parla a Laface, a novembre 2018, ed è questa forse la telefonata che fa scattare il campanello d’allarme degli investigatori. L’amministratore, infatti, di fronte alla contestazione ricevuta nel 2014 di morosità per 34 mila euro, presenta assegni emessi e consegnati a Laface che attestano pagamenti per 40 mila euro. Alla nuova verifica successiva, dimostra di aver staccato assegni, consegnati al legale, per oltre 60 mila euro, tra il 2011 e il 2016.
Sono tanti gli amministratori di condominio, i gestori di attività ricettive e i semplici cittadini sentiti dai finanzieri che hanno raccontato di aver consegnato il denaro direttamente al legale, esibendo la documentazione relativa sia ai pagamenti che alle ricevute avute. “…mi recai qualche giorno dopo presso lo studio dell’avvocato La Face – racconta ai finanzieri nel 2018 un altro cittadino che aveva ricevuto un ingiunzione di pagamento – Con tale legale concordammo che qualora avessi pagato in contanti mi avrebbe scontato gli interessi e il suo onorario, pertanto avrei dovuto pagare solo l’importo netto delle bollette non pagate. Tale offerta la valutai interessante atteso che avrei risparmiato oltre 700 euro e quindi consegnai al legale l’importo richiestomi in contante. L’avv. Laface appose il timbro del Comune con dicitura pagato e mi consegnò copia”.
E’ così che l’avvocato invogliava gli utenti morosi a consegnare direttamente a lui e in contanti il denaro. Ma non soltanto. Perché la Procura contesta a Coco di aver dirottato al professionista anche gli utenti che si presentavano al Comune per saldare direttamente i loro debiti.
La cosa era sotto gli occhi di tutti, scrive il giudice nell’ordinanza cautelare. Lo dimostrerebbe una conversazione intercettata al Comune tra due dipendenti, seguita all’arrivo di un commerciate cui la Finanza ha contestato un pagamento a Laface. Lui pensava di aver pagato le bollette dell’acqua, mentre i finanzieri avevano rinvenuto l’attestazione del pagamento per una consulenza legale in materia societaria. Consulenza che il commerciante ha negato di aver mai chiesto al professionista. Quella volta il taorminese non aveva pagato in contanti ma con assegno.
“…E lui addirittura gli ha fatto pure l’assegno…perché ora la Guardia di Finanza vuole sapere come pagano e non pagano queste cose…”commenta il dipendente nell’ottobre 2018.
“….non se ne può uscire, non se ne può uscire Santino di questa cosa…ormai è dentro questa cosa…non sene può uscire più..non c’è verso che se ne possa uscire…perché ha gravato la sua posizione quando ha dimostrato che si è spaventato di dire le cose…a tipo che stava nascondendo delle cose…loro l’hanno capito lui non se ne uscirà più…” gli fa eco l’altro, e la conversazione prosegue:
-“ io non ne voglio, a me non interessa a me quello che fanno…io quando arrivo…questa è una cosa molto delicata…molto, molto, lì non si parla di poco…”
– “Lì?”
– “Non si parla di soldi pochi o un bilancio sbagliato perché…”
– “no questi si sono fatti i baffi lui e Giovanni Coco se proprio lo vuoi sapere..lui e Giovanni Coco e non so se c’è qualcun altro nel mezzo che ora non c’è più…che si arrangino..io che ci posso fare!”
A Coco, oltre all’aver ricevuto 25 mila euro per la complicità resa al legale, i finanzieri contestano anche di aver trattenuto direttamente circa 22 mila euro di pagamenti degli utenti.
Adesso la parola passa a loro. Hanno infatti la possibilità di dare la loro versione dei fatti, quando il Giudice Militello li interrogherà.