“Bagatelle per un abisso” racconta la perduta identità messinese

“Bagatelle per un abisso” racconta la perduta identità messinese

Tosi Siragusa

“Bagatelle per un abisso” racconta la perduta identità messinese

lunedì 30 Dicembre 2024 - 06:51

La pièce di Dario Tomaello, in cartellone al teatro "Tre Mestieri" di Messina. In scena gli studenti universitari e lo stesso autore

MESSINA – “Bagatelle per un abisso” di Dario Tomasello. Presso l’oramai collaudato plesso “Teatro dei 3 Mestieri”, la convincente performance, andata in scena il 14 dicembre, ha posto in tragica luce la persistenza  della rimozione senza soluzione di continuità della nostra identità territoriale, che proprio per questo riduce a vacuità ogni tentativo di onorare la nostra storia e le connesse radici. Il tutto residuando soltanto una incessante e formalistica ricerca di una rinnovata costruzione memoriale, che inevitabilmente non va mai a vero buon fine,  cedendo il passo a un novello risucchio verso l’abissale nulla, che non produce peraltro alcun frastuono.

Implacabile istantanea dei nostri tempi alle nostre latitudini con rimandi di celiniana memoria

Gli studenti fuori sede in quel di Messina ci hanno pertanto inquadrato davvero bene, in una prova egregia di incasellamento della sfuggente messinesità.

E necessariamente mutevoli sono stati i registri di rappresentazione, che hanno spaziato dalla leggera comicità, al grottesco, per addivenire alla cruda disperazione.

Ineccepibile ogni interpretazione degli studenti universitari: si citano, in ordine alfabetico, i contributi attoriali di Maria Rita Chierchia, Carla D’Affronto, Aurora Grasso, Eliseo Lardomita, sotto la pregevole cura registica di un valente Dario Tomasello, sul finale anche presente in scena nei panni del capetto di turno.

Condivido con il creatore della rappresentazione come questo spaesamento, che come una bolla imprigiona Messina, non sia soltanto la risultante del ferale sisma con massima potenza distruttiva che infine distrusse quasi del tutto la città, privandola in 31 secondi dei veri nativi, e generando un ripopolamento dai paesi viciniori, e non solo, trovando lo stesso derivazione probabilmente da un modus di esistere e condurre la vita, sovente privo di passione, che trapassa di generazione in generazione, radicandosi in quieto vivere ,conformismo, e, perchè no, opportunismo e spregiudicatezza, coperti da una coltre impalpabile di rarefazione.

La Bella Addormentata difficilmente potrà essere risvegliata dall’amorevole bacio di qualsivoglia principe…e i pochi che nel tempo hanno operato in senso ostinato e contrario, in solitaria, non sono stati di certo riconosciuti e onorati se non a distanza di troppo tempo, e con ciò sottraendo senso alle loro azioni e comportamenti mentre si stavano compiendo, e non supportandoli.

Le contemporanee bagatelle, alias quisquiglie, nella “mise en scène” in salsa messinese, appaiono per le superiori riflessioni distanti da quelle riferibili ad altre latitudini, e di certo comunque sono connesse alla identitaria fisionomia dei nostri concittadini, con peculiari manie, tic e fissazioni, e abulia quasi imperante.

E mettendo il focus proprio sulla tipizzazione, e per questo consentendoci di riannodare i fili della memoria, la bella pièce, magistralmente ideata e diretta da Dario Tomasello, è riuscita nell’intento di farci rispecchiare, consentendoci di fissare con sana ironia, quasi mai disgiunta da compassionevole sguardo, la enigmatica e sempre sfumata messinesità, con il segreto, ma non troppo, desiderio di scuotere le coscienze sopite.

Se tutto intorno a noi diviene livellata mediocrità, e chi prova ad alzare la testa viene additato quale persona sui generis, difficile e non di buon carattere, se a livello esemplificativo “tout court”, la Biblioteca cittadina, in assenza di opportune rivendicazioni da parte della cittadinanza del proprio diritto di poterne proseguire la fruizione, è continuo oggetto di attacchi, e destinata ad un misero futuro, ciò, unitamente a tanto altro, è segno che qualcosa davvero non funziona e il senso civico dei messinesi è parecchio soffocato sotto pesanti strati di torpore.

E la serata teatrale ha dato vita ad una visione altra, oltrepassando con sapienza le impervie vie del formalismo con narrazione di storie multiple, con differenti protagonisti, rappresentativi di cliché non scontati o banali, ma al contrario posti con intelligente e garbata capacità, che sottintende un sapiente lavorio introspettivo, nel restituirci la costruzione della messinesità anche buddace.

Gli studenti del Dams hanno dunque eccellentemente dato vita e parole a duetti o dialoghi multipli, avvalendosi anche di stacchi musicali e di passi di danza contemporanea, a cura di una delle allieve in ciò particolarmente abile…

L’entrata in scena con tiraggio attraverso una corda, su una sorta di pedana, anche del Pigmalione, alias D. Tomasello, è valsa a suggellare con maggiore autenticità la valenza performativa di una piece ben curata, equilibrata e densa di significanza, al suo esordio in quel di Tremestieri, e che sicuramente avrà un prosieguo fortunato.

Si sono prese le mosse, non solo nell’intitolazione, ma soprattutto nella cornice del formato, dal controverso, violento e a tratti rabbioso script del pur grande Ferdinand Louis Céline, id est “Bagatelles pour un massacre”, pamphlet del 1937 – incentrato su una dura offensiva contro la razza ebraica-che in quel libello reputato addirittura infame, o solo meramente provocatorio, produttivo comunque di scandalo e emarginazione per il suo autore,(soprattutto in conseguenza del successivo atroce olocausto) aveva chiarito, in forma pseudo-saggistica, la natura antisemita del proprio pensiero.

La piece si è mossa poi in direzione del tutto autonoma, per mettere la sordina a formalismi e giungere all’osso, attraverso una minuziosa operazione semantica fortemente dissacrante per scavare e scovare l’essenza dell’essere messinese.

La parola, sfrondata da ogni fronzolo e ricondotta al senso suo proprio, conferisce valenza seria alle relazioni, rende scevro di aderenza alle mere convenzioni il confronto, andando al di là del vivere meramente civile, per concedersi di dire finalmente la verità.

Una riuscita “lectio” di gradito anticonformismo e di non politicamente corretto quella trasmessa dalla performance davvero speciale, di insolita messa a punto, che ho ritenuto di recensire aspettando l’indomani delle pur belle celebrazioni sul 116° anniversario del terremoto, che hanno, confido, conferito spessore a queste mie espressioni.

La memoria ci fa eterni …se combattiamo per essa, non la ovattiamo o ne rendiamo onerosissima la sopravvivenza, o la dilatiamo in tempi troppo lontani, non riconoscendo il buono reso qui e ora, suscettibile di generare patrimonio identitario.

Un commento

  1. La pièce è stata eccellente ma il modo di scrivere di chi ha recensito è veramente sublime.

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