Il balletto delle dimissioni è funzionale a chi non vuole il cambiamento. De Luca dica se vuole fare il sindaco o se ha deciso di no. Il comportamento delle ultime settimane vanifica qualsiasi azione fatta e mina la sua credibilità.
Quattro mesi dopo l’elezione il problema non è se De Luca il sindaco lo sappia fare o meno. Il nocciolo della questione oggi è: De Luca il sindaco di Messina lo vuole fare?
Se da un lato le operazioni verità e l’azione di risanamento dei conti fanno pensare che lo vuol fare, dall’altro la tarantella sulle dimissioni fa pensare l’esatto contrario.
Che la situazione dei conti di Messina fosse disastrosa, al di là della propaganda della vecchia amministrazione, era un fatto noto anche in campagna elettorale. Né si può pensare che uno esperto di bilanci e di atti amministrativi come De Luca non avesse avuto il dubbio che la realtà avrebbe superato l’immaginazione.
Allo stesso modo era noto sin dai giorni dall’esito del primo turno elettorale che non avrebbe avuto una sua maggioranza in Consiglio comunale.
Insomma quando De Luca si è seduto nella poltrona di sindaco era consapevole che la sua non sarebbe stata una passeggiata di salute.
La sensazione che suscita il tormentone delle doppie dimissioni (Ars o Comune) è che in realtà De Luca cerchi contemporaneamente sia l’alibi che il (o i) responsabili della decisione di lasciare Palazzo Zanca. E’ come se volesse fare in modo che altri lo mettano in condizioni di non avere altra scelta che le dimissioni da sindaco.
Forse si è reso conto che il dissesto è inevitabile e che neanche la Fata Turchina potrà trasformare il Piano di Riequilibrio in una carrozza, nonostante gli sforzi e il sacrificio di tutti. O forse il vaso di Pandora che ha iniziato a scoperchiare ha “urtato” qualcuno o ha svegliato chi dormiva e si è reso conto che chi tocca certi fili muore.
Al di là di quali che siano le motivazioni è intollerabile il balletto sulle dimissioni, che tra l’altro distoglie l’attenzione sulle danze macabre che sono state fatte sui conti di Palazzo Zanca e Partecipate. Sia chiara una cosa: il dissesto non l’ha creato Accorinti. La responsabilità dell’ex amministrazione sta nel non aver dichiarato il default, contrariamente agli annunci, e nell’aver accumulato nuovi debiti compromettendo anche il Piano di riequlibrio (con somme extra pluriennale che non si sa chi pagherà e come).
Ma adesso, alla luce delle premesse il balletto delle dimissioni rende farsa quel che invece su un altro fronte, quello dei conti, è tragedia.
Questo clima di continua tensione avvelena il dibattito politico, lo rende terra di scontri tra tifoserie mettendo in ombra l’unica priorità: salvare Messina.
La cronistoria della scorsa settimana racconta che lunedì sera il sindaco, dopo 12 ore di comizio ha revocato le dimissioni da sindaco e annunciato quelle da deputato.
Martedì ha cambiato idea e posticipa l’addio all’Ars con un post su facebook ed una motivazione che neanche il neonato figlio di Lo Giudice potrebbe mai credere.
Nei due giorni successivi i consiglieri lo invitano alla coerenza ricordandogli che legge e opportunità indicano entrambe la via delle dimissioni dall’Ars. Lui giovedì notte annuncia in “splendida solitudine” la liquidazione dell’Atm (in controtendenza al Salva Messina approvato lunedì) e venerdì mattina in conferenza dei capigruppo rilascia dichiarazioni che riportano l’orologio indietro a 20 giorni fa. Torna a parlare di dimissioni da sindaco subordinandole non più al Salva Messina ma a quanto il governo nazionale risponderà sui debiti 2014-2017 extra Piano di Riequilibrio e subordina quelle dall’Ars a quelle di primo cittadino.
Sposta l’asticella delle dimissioni in un buco “spazio temporale” e lancia la palla fuori dagli spalti a Roma.
Tutto questo fa pensare che lo scranno all’Ars gli serve da paracadute e che forse non considera Danilo Lo Giudice “all’altezza” del ruolo in un’Ars che è una fossa dei leoni. Passiamo da 5 anni inchiodati al dibattito sull’isola pedonale in via dei Mille (a proposito, a volte ritornano ed i 5Stelle l’hanno appena riproposto all’attenzione dell’Aula) e sul convegno con il Dalai Lama al prossimo invio di 500 delibere pesanti come macigni da votare in un mese. Il consiglio deve esaminare questi atti con serenità e lucidità. Messina deve avere la certezza che per i consiglieri non deve essere la paura di perdere la poltrona la molla che starà dietro il voto, ma la responsabilità di salvare Messina dal baratro (indipendentemente dal fatto che voteranno sì o no).
De Luca è stato coraggioso, ha scoperchiato situazioni incancrenite da due decenni. Ha fatto quello che la città si aspettava da Accorinti.
Ma l’azione di denuncia di De Luca rischia di venire VANIFICATA dallo stucchevole balletto sulle poltrone. Questa continua strategia della tensione rischia di perdere credibilità e consensi tra quanti non l’hanno votato ma hanno apprezzato la sua rivoluzione. Un sindaco deve essere credibile. Non ci si può fidare di un primo cittadino che ogni giorno ha bisogno di un nuovo nemico, di una piazza, di un bersaglio, e alza sempre più i toni.
Il governo gialloverde ha fatto capire che non manderà in fallimento nessun comune, meno che mai lo farebbe in una città come Messina dove i 5stelle hanno fatto il pieno,ma non possiamo affrontare i prossimi mesi in un clima da alta tensione.
E’ una guerra tra fazioni. C’è il fronte degli “ex”, o per dirla con il nostro copyright di “quellicheceranoprima” con in testa Signorino che nonostante sia stato “commissariato” dallo stesso Accorinti che gli ha piazzato al suo posto ben due “stranieri” come Eller e Cuzzola e Cacciola come vicesindaco, adesso replica ad ogni dichiarazione di De Luca sui bilanci. C’è il fronte di chi è pronto a dire sì al dissesto (dopo aver per 5 anni detto no) ed a bocciare il piano di salvataggio, solo per fare il dispetto ad un sindaco oggettivamente antipatico. C’è poi la tesi: “siccome non ho vinto io o non ha vinto il mio candidato e siccome De Luca mi sta sulle scatole, crepi Sansone con tutti i Filistei”.
Chi contesta le lacrime e sangue del nuovo Piano di riequilibrio dica chiaramente se vuole il dissesto ma abbia il coraggio di dirlo. Non dire alla città che se non rimoduli il Pluriennale allora scatta il dissesto è una bugia. Il Pluriennale targato Accorinti non può essere presentato per una serie di ragioni ormai note anche al peggior sordo che non vuole sentire.
Il fatto che De Luca con la tarantella delle dimissioni sta vanificando qualsiasi altra azione non significa che la gestione amministrativa del Comune e delle Partecipate dell’ex amministrazione Accorinti sia diventata improvvisamente un prato fiorito.
Mariano Massaro dell’Orsa, che non ha votato De Luca e non ha sottoscritto il Salva Messina, ha scritto in un post: “L'azione di denuncia del Sindaco è sacrosanta ma non basta. Il sindaco non aiuta la parte sana della città con le uscite estemporanee, con gli allarmi giornalieri perde credibilità, crea panico e prepara il terreno alla demagogia rivoluzionaria di quelli che sono stati organici allo sfascio, di coloro che hanno usufruito personalmente dell'allegra gestione e il dissesto metterebbe sul banco degli imputati”.
La danza delle dimissioni è funzionale a chi vuol fermare il cambiamento, De Luca dica chiaramente se vuole fare il sindaco di Messina o no. Lo faccia per rispetto dei cittadini che hanno bisogno di verità e lavoro. Se vuole restare all’Ars non aspetti che il figlio di Lo Giudice abbia l’età per andare all’asilo e lasci subito la poltrona del Comune, dissesto o non dissesto.
Rosaria Brancato
Che male ha fatto questa disgraziata città per essere così punita dalla sorte che non le concede neanche un sindaco come si deve? Qui siamo passati dai ladri ad ogni costo agli onesti incompetenti per finire nelle fauci dell’orco che tutto sbrana e nulla crea!
Gentilissima Signora Brancato, certo della sua professionalità, resto in attesa dei dovuti chiarimenti sui “certi fili” toccati i quali si “morirebbe”. In una discussione spesso confusa un chiarimento da attenta cronista quale Lei è, sarebbe quanto mai utile. Hanno una identità questi fili?