Non chiedetemi cosa penso, ascoltate invece quello che dico. Chiamatemi quando ci saremo anche noi nelle prime file tra le autorità, quando i nostri stipendi saranno uguali come uguale è il ruolo, quando non saremo ancelle.
Lo confesso: sono allergica all’ 8 marzo. Ho un’idiosincrasia per quello che è diventata la Festa della donna ed ogni anno, all’approssimarsi della data, mi irrita anche solo il pensiero di doverne in qualche modo parlare, farne parte, essere costretta a dire la mia.
Se volete sapere cosa penso sulle pari opportunità, sulla condizione della donna, sulla violenza, chiedetemelo quando volete, ma men che mai potete pensare di chiedermelo in un giorno che viene definito: Festa della donna.
Ma di che Festa stiamo parlando? Che c’è da festeggiare? Un tempo aveva un senso la Giornata della donna (termine diverso da Festa), oggi è diventata occasione consumistica come le altre. Peggio. A parte il rito delle mimose, si è arrivati alle frasi ed alle poesie da Baci Perugina, alla serata in pizzeria per sole donne, per non parlare di spogliarelli maschili e via dicendo. Ovviamente ci sono i momenti di riflessione, i cortei, gli scioperi, i dibattiti, gli eventi. Ma perché solo l’8 marzo? Perché per riflettere su una questione quotidiana dobbiamo aspettare un giorno l’anno? E il 9,piuttosto che il 7 marzo, o il 5 aprile, fregarcene bellamente della questione? Per mia fortuna quest’anno, grazie a Salvatore Mammola, ho evitato il rito dell’8 marzo, perché sono stata a Capo d’Orlando per una mattinata dedicata alla legalità. Un incontro con le scuole, grazie al lungimirante direttore didattico Nastasi ed ad un esercito grandioso di insegnanti, sul tema della mafia, alla presenza di Piero Campagna, Angelina Manca, Giovanni Impastato e del magistrato Angelo Cavallo. E’ stata una gran giornata. C’erano anche le mimose sul tavolo e ci sono stati gli auguri per le bambine. Ma non era il tema principale. Angelina Manca prima di raccontare il suo calvario per avere giustizia ha fatto un appello perché ogni donna si faccia rispettare come persona ed ha parlato contro i femminicidi. Io ho parlato del mio mestiere, che incontra la mafia che non ha coppola né lupara ma è in giacca e cravatta e usa forme sottili d’intimidazione. Però una cosa l’ho dovuta dire. Perché mi è scappata. Ho detto che sarò contenta quando non ci sarà mai più una Festa della donna perché vuol dire che non c’è alcun bisogno di spacciare per riflessione un rito consumistico.
Me ne frego che mi date le mimose l’ 8 marzo se poi i nostri stipendi, per lo stesso ruolo sono più bassi, se restiamo sempre un passo indietro nelle carriere rispetto agli uomini, se ci fate firmare le dimissioni in bianco per la paura che restiamo incinte. Che me ne frega se mi chiamate a relazionare l’8 marzo sui diritti delle donne se poi per 364 giorni considerate le nostre opinioni poca cosa, se nessuno ha paura di Angelina Manca, di Rita Atria, di Felicia Impastato, di Graziella Campagna. Che me ne frega di essere la primadonna in un dibattito l’8 marzo se per 364 giorni l’anno sono la vostra ancella, la comparsa. Che me ne frega se in tutti i tavoli che contano e in tutte le stanze dei bottoni le donne si contano sulle dita di una mano. Mentre pensavo questo, l’8 marzo, ho guardato la prima fila del Cine teatro. Poiché si trattava di un incontro con le scuole, ed in questo settore le donne sono tante, in prima fila tra le autorità c’erano le docenti.
Ma ditemi, lettori di Tempostretto: in quante prime file destinate alle autorità ci sono donne? E se ci sono quante sono? E se ci sono di che si occupano?
Su 108 sindaci della provincia di Messina solo 4 sono donne, una percentuale ridicola. Ora poi va di moda la “donna”. Prendi una donna, una qualsiasi, tua sorella, l’amica di tuo cugino, quella più vicina agli uomini del partito e quindi facilmente plasmabile e gestibile. Mai che si dica il contrario: guarda che brava, candidiamola per migliorare la nostra città, la nostra Regione, il nostro partito, il nostro Paese.
Lo so che quando scrivo spesso sono aggressiva, che sembra quasi che spari le frasi come pallottole. Forse è la rabbia. L’indignazione.
Le prime file, quelle destinate alle autorità sono tutte popolate da uomini.
I vertici di tutte le partecipate, gli Enti, sono uomini, non c’è un solo presidente donna. I direttori generali degli ospedali di Messina e dell’Asp sono uomini, così come all’Autorità portuale, al Cas, all’Iacp, al Teatro, alla sovrintendenza, alla Camera di commercio, nelle associazioni di categoria, i segretari di Cgil, Cisl e Uil sono uomini. I commissari mandati negli Enti, nelle ex Province, nei Comuni sono uomini. Anche nella mia professione nei ruoli chiave degli Ordini e del sindacato la maggioranza è di sesso maschile.
I partiti li guidano gli uomini, persino il M5S che dovrebbe essere il nuovo. A sfidare Renzi ci sono solo uomini. In Sicilia ad alzare la percentuale di donne all’Ars nel 2012 è stato il M5S, ma finora di presidenti della Regione donne non ce ne sono stati. A Palazzo Zanca manco a parlarne. Dopo le dimissioni della Ursino è rimasta solo la Santisi in quota rosa (ed ha la delega ai servizi sociali, perché l’idea generale è che siamo più portate a queste tematiche, pari opportunità, scuola e servizi sociali). Miracolosamente al Teatro per la prima volta il commissario Jervolino e il sovrintendente Bernava hanno scelto una donna, Simona Celi come direttore artistico. Brava lo era anche prima, ed anche prima presentava il curriculum ovunque, ma, come gran parte delle donne, arrivava sempre seconda.
E’ la “maledizione” del secondo posto, della seconda fila, della seconda scelta.
Per favore, non chiamatemi più per l’8 marzo, ho di meglio e di più da fare, per favore non regalatemi più mimose e frasi da Baci Perugina.
Più che chiedermi cosa penso, ASCOLTATE quello che dico, altrimenti che senso ha chiedere la mia opinione.
Sarò felice quando, tra 1, 10, 20 anni, vedrò le prime file equamente distribuite quando non dovrò più dire “non una di meno” pensando ai femminicidi. Chiamatemi quando al tavolo dei relatori e nelle stanze dei bottoni noi non saremo più le ancelle. Altrimenti fate pure a meno della mia opinione.
Ecco, ora che l’ho scritto sto meglio.
Rosaria Brancato
Perché, essisono forse DONNE intelligenti che festeggiano l’8 marzo? Chi ritiene di dover “festeggiare”, merita l’8 marzo, perchè è persona culturalmente arretrata ancorata a usanze anacronistiche. E non mi riferisco solo alle donne. Anche gli uomini che portano le mimose, con quel gesto dimostrano la propria arretratezza culturale. Una DONNA, va rispettata sempre, giorno dopo giorno, per il solo fatto di essere donna. Quando la finiremo di dividere le persone in uomini e donne, allora, solo allora, potremo definirci civili. Lavarsi la coscienza con le mimose…. è di uno squallore indefinibile.
Perché, essisono forse DONNE intelligenti che festeggiano l’8 marzo? Chi ritiene di dover “festeggiare”, merita l’8 marzo, perchè è persona culturalmente arretrata ancorata a usanze anacronistiche. E non mi riferisco solo alle donne. Anche gli uomini che portano le mimose, con quel gesto dimostrano la propria arretratezza culturale. Una DONNA, va rispettata sempre, giorno dopo giorno, per il solo fatto di essere donna. Quando la finiremo di dividere le persone in uomini e donne, allora, solo allora, potremo definirci civili. Lavarsi la coscienza con le mimose…. è di uno squallore indefinibile.
CONDIVIDO TUTTO DI CIO’ CHE HA SCRITTO FRANCO CALIRI. SOPRATUTTO FINIAMOLA CON LA POLITICA DI QUESTA CD FESTA CHE LA SINISTRA CHE PERSEGUITA IL POPOLO ITALIANO FIN DAL 1978 INVOGLIATA DA CRAXI E AGGIUNGO ANCHE I CATTOCOMUNISTI
CONDIVIDO TUTTO DI CIO’ CHE HA SCRITTO FRANCO CALIRI. SOPRATUTTO FINIAMOLA CON LA POLITICA DI QUESTA CD FESTA CHE LA SINISTRA CHE PERSEGUITA IL POPOLO ITALIANO FIN DAL 1978 INVOGLIATA DA CRAXI E AGGIUNGO ANCHE I CATTOCOMUNISTI