La battaglia di Pippo Previti va avanti già da anni e prevede la valorizzazione del Convento di S. Maria di Gesù ove si ritiene vengano custoditi i resti del celebre pittore quattrocentesco. Tra le testimonianze storiche di maggiore interesse, ad attendere opere di riqualificazione, anche la "casa-baracca" del Cavaliere Cammarata a Maregrosso
Impegno civico con una diversa prospettiva. Quella della fortificazione del patrimonio artistico, storico, culturale, consegnato nelle imprudenti mani di una Messina poco conscia delle sue ricchezze. E’ la piega – strettamente attagliata alla tutela del lascito millenario donato alla nostra città – che da anni la lotta sostenuta dall’ex presidente del Consiglio Comunale, Pippo Previti, ha inteso prendere. Una lotta ad armi impari forse, contro lo sfacelo e il vandalismo che pone sotto scacco antiche chiese e mosaici dall’inestimabile valore ma che si rinnova oggi di strumenti più forti e approda nel web per assorbirne le strategie populistico – comunicative ed asservirle ad esigenze più nobili.
Si tratta dell’appello che lo stesso Previti lancia, attraverso il sito “ilbenecomune.it”, a condividere, sostenere e, non da ultimo, a sponsorizzare, il recupero dell’area archeologica del Convento di S. Maria di Gesù Superiore. Lo sforzo richiesto al navigante in rete, in buona sostanza, è quello di cliccare sulla stella che attribuisca un voto in più al relativo progetto di restauro ed eventualmente anche consegnare al web idee e progetti di rinascita del sito storico.
Non a caso, l’area ritagliata nell’etere dalla “Fondazione con il Sud” si ripropone di giungere ad una rigida selezione dei beni culturali di cui il Mezzogiorno può vantare, per raggrupparli all’interno di una ristrettissima rosa di beneficiari di un prestito di 4 milioni di euro promananti da risorse private, per consacrarli alla pubblica fruibilità tramite interventi di restauro e valorizzazione. Un ventaglio di già 220 candidature illustri che si sfidano sul terreno del consenso diffuso per respirare – nella somma messa in palio – un’aria di miglioramento che possa contribuire a farli riaffiorare dall’oblio della dimenticanza.
Il Convento di S. Maria reca sulle proprie macerie la pressione di un bagaglio storico dalle radici profonde. Noto per essere sito presunto della tomba del pittore quattrocentesco, Antonello da Messina, sorge sui resti di preesistenti terme romane, successivamente convertite nel cenacolo di preghiera dei primi carmelitani in Europa ad essersi stanziati a Messina intorno al 1200, poi in quello dei frati minori osservanti con il titolo di S. Maria di Gesù.
Letteralmente emerso dal suolo poco più di una ventina di anni fa in occasione dei lavori di rifacimento della corsia laterale di Viale Giostra. e ripetutamente sottoposto all’occhio clinico dei tecnici del CNR e alle frequenze di appositi georadar che ne hanno confermato il valore, avallando le presunzioni che lo vogliono sepolcro del poliedrico artista.
Ma al contempo, per Messina, carattere di improrogabilità assume anche la causa della “baracca del Cavaliere”. La dimora, sita a Maregrosso, di Giovanni Cammarata che conquistò il titolo di “Cavaliere” a furor di popolo in omaggio alle sue straordinarie abilità artistiche e che divenne, durante la vita dello stesso, un curioso e sempre crescente affastellarsi di sculture, pitture, mosaici e assemblaggi più curiosi.
Una sorta di colorato e fiabesco castello, fatto di putti e madonne, crocifissi ed esseri mitologici. La testimonianza di una prolifica fucina di un genio che si realizzò a partire dal 1970 e sino alla data della sua morte, nell’intento sempre più urgente di accrescere la propria baracca di nuove creazioni. Un’area dal sapore surreale, istoriata da affreschi impressi direttamente nella pietra e da stravaganti pinnacoli, forgiata nella fiaba dell’onirismo tramite l’ausilio di colori fiammeggianti. Divenuta adesso pallida effigie dei fasti passati. Anch’essa incuneatasi di diritto nella lista dei colossi superstiti in attesa di aiuto, stilata dalla Fondazione con il Sud.
“Non rompete le opere di notte” il Cammarata aveva lanciato il suo monito ai vandali, come un appello al senso civico, scrivendolo sulle mura poco sicure della propria abitazione. Non avrebbe potuto certo immaginare che il suo mondo in festa, nelle mani delle future amministrazioni, sarebbe stato asservito alla ben meno nobile funzione di parcheggio per un supermercato. (Sara Faraci)