Volevo scrivere del confine tra speculazione edilizia e sviluppo, ma la rubrica di oggi è dedicata alle mamme che hanno il sogno di Flavia Ilacqua, accogliere i loro figli emigrati al Nord con uno striscione a Piazza Cairoli "Bentornati a casa". E' dedicata a lei ed a Francesco, che un giorno è tornato.
Per la verità avevo deciso di scrivere sul confine labilissimo che c’è tra lo sviluppo e la speculazione edilizia, tra il turismo e il mattone, tra una città che ha bisogno di lavoro e invece riesce a costruire solo case. Palazzi su palazzi che mi chiedo chi abiterà mai, chi pagherà mai visto che siamo una città di disoccupati, precari, cassintegrati, vecchi, e c’è la fila ai Compro oro per svendere i gioielli di famiglia. Da tempo leggendo di Tirone, Mortelle-Tono, Triscele, mi chiedo: “ma cosa vogliamo fare da grandi? Costruire ville per chi?” Il mattone non crea produzione né sviluppo. Insomma, avevo deciso di affrontare questo tema che è cruciale per capire quale strada vogliamo prendere per i prossimi 40 anni. Poi però sono arrivate due lettere, quella della signora Flavia Ilacqua e quella di Francesco, che si definisce “cavallo di ritorno”. La lettera di Flavia è stata un pugno allo stomaco. S’intitola “Figli a Milano”, lei ne ha 2 ed entrambi da 12 anni vivono e lavorano lì: “per Pasqua nessuno dei 2 potrà venire, avete idea di quale tristezza regnerà nella nostra tavola? Sistematicamente ogni volta che mio marito e io accompagniamo i nostri figli all’aeroporto di Catania abbiamo l’ennesima conferma di quanto sia vasta questa “deportazione”:i passeggeri per la maggior parte sono costituiti dai nostri ragazzi”. Ha un sogno la signora Flavia, un giorno, a Natale, o in estate, quando i figli dei messinesi tornano per le brevi vacanze (perché ai genitori le ferie di questi figli andati via sembrano sempre brevissime), accoglierli con uno striscione a piazza Cairoli “BENTORNATI A CASA”. Alzi la mano chi non ha nessuno che è andato via perché qui non è più “casa”. Qui è solo nido dove si è nati, qui è solo famiglia, ma la famiglia, quando cresci non basta più. E viene la rabbia a sapere che sono ormai migliaia le mamme come Flavia e purtroppo il numero aumenterà, soprattutto se non decideremo “cosa fare da grandi”, se scegliere la via del “Tirone dei grattacieli” o quella del “Tirone delle botteghe orafe e artigiane”, la via della speculazione edilizia o quella della zona falcata dei ragazzi della ZDA. Ma di questo avremo modo di parlare perché i due argomenti, lo strazio delle mamme come Flavia e l’incapacità di creare posti di lavoro, sono strettamente collegati. Adesso voglio parlare delle “mamme di Piazza Cairoli”, quelle dello striscione “Bentornati a casa”. In quelle poche parole ci sono vari significati, da un lato l’idea dell’accoglienza, lo striscione per quelli che tornano agli “odori, ai sapori, agli affetti della loro infanzia”, che non devono sentirsi di anno in anno sempre più estranei o peggio, allontanarsi “dentro”. Poi la parola “Bentornati” che sa di ritorno duraturo e non di ferie, non di quei giorni passati a rivedere amici d’infanzia e parenti per curare la nostalgia. Io le conosco bene le lacrime di chi vede i propri figli prendere quel maledetto treno, quella maledetta nave e conosco bene la gioia al ritorno,alla vista del portellone che si apre e vedi decine di ragazzi scendere e le famiglie lì, alla Marittima, ad aspettarli. Mia sorella è partita a 18 anni, ha trascorso più vita a Roma che qui, a volte parlava in romanesco meglio che in siciliano. Son partiti decine di miei compagni e parenti. Alzi la mano chi non ha vissuto questo. Infine Flavia usa la parola “casa”, perché vorremmo che la casa dei figli di Messina fosse questa. Dopo quella di Flavia mi è arrivata la lettera di Francesco, che ha studiato fuori, aveva un bel lavoro, ma è tornato per seguire gli affari di famiglia. Si definisce “cavallo di ritorno” e fa una definizione del messinese tipo che invito a leggere. Lui è un cavallo di ritorno fortunato. Direi raro, perché chi va via, pur morendo dalla voglia di tornare raramente torna e quando torna è deluso dalle differenze, oppure è passata una vita. Invece il sogno di Flavia è adesso, è “Bentornati a casa”, esposto nel cuore della città, Piazza Cairoli. Oggi a noi sembra impossibile che questo possa accadere, perché tutti i posti pubblici sono occupati e non ce ne saranno più, perché tutti i posti “clientelari-baronali e parentali” sono off limits per i figli qualunque e perché manca una politica del “cosa vogliamo essere da grandi”. Però io vorrei poter accontentare le mamme come Flavia, realizzando il suo piccolo sogno, il tempo c’è per creare un gruppo (senza cappello sopra di nessun partito), che da qui alla prossima volta possa organizzare una “festa” per i figli che tornano, per dirgli, almeno una volta, pur sapendo che non sarà per sempre “Bentornati a casa”. Potrebbe essere questo sì, un mattone, un seme, una scusa per costruirci sopra un dibattito serio su proposte concrete per uno sviluppo reale. Intorno a quel “Bentornati a casa” costruire non un palazzo ma un evento in cui confrontare, lo ripeto, senza cappelli di nessun genere perché non ne vogliamo, idee per la nostra casa. Facciamo rete, fate rete e diamoci una mano. E’ una piccola cosa, un piccolo sogno, ma si può fare proprio perché piccola. Io dico sempre, ogni viaggio inizia con un piccolo passo. Magari un giorno davvero ai nostri bis bis bis nipoti potremo dire “Bentornati a casa” per restarci.
Rosaria Brancato
Bellissimo articolo e nobilissimi propositi.
Condivido tutto, ma per andare oltre l’empatia ed il magone che ci assale occorre essere freddi e ragionare.
Il “cosa faremo da grandi” è un obiettivo politico con la P maiuscola che va affrontato dai politici attuali e possibilmente futuri. Da gente seria che miri, quando si candida, NON a realizzare ridicolmente tutto quello che c’è da fare ma solo 3 cose, dicasi TRE (esempio: un pò di lavoro, meno spazzatura per le strade ed un servizio idrico degno di tale nome). I politici, ricordiamoci, li eleggiamo NOI e potenzialmente siamo NOI stessi. Siamo capaci, quando voteremo di NON darlo agli amici degli amici ma di chiedere cosa intenderanno fare con il nostro unico mezzo di democrazia?
Lo spero ma, purtroppo, non ci credo. Parola di emigrante…
complimenti. ottimo articolo, ma ora cerchiamo di ragionare con equilibrio (e senza partigianeria politica) sul nostro futuro.
Sono uno dei pochi fortunati che dopo 15 anni di emigrante sono ritornato a casa ,questo articolo è molto bello e toccante,ma il mio ritorno a casa non ha fatto altro che farmi arrabbiare ulteriormente con questa città.Abbiamo tutte le possibilità per vivere di turismo e servizi, abbiamo mare ,sole spiagge , montagne un vulcano fantastico e uno unico al mondo che erutta ogni 15 minuti,eppure non esiste una visione per lo sviluppo e la nascita di posti di lavoro.Enti che non si parlano, indagati di vario genere ,piano spiagge inesistente, ma dove possiamo arrivare se non al collasso globale e tensioni sociali sempre più acute?!!!
Brava,Rosaria!Una cosa è andare via volontariamente per un po’,per studiare e fare esperienza, e una cosa è dover andare via per forza,perchè non c’è lavoro o le poche possibilità di lavoro sono “rigorosamente” riservate ai raccomandati e addirittura “si progetta” in modo da favorire i figli dei soliti noti.Davanti a questa situazione è indispensabile abbandonare chiacchiere, apatia e vittimismo, e impegnarsi per cambiare le cose, ciascuno secondo il proprio ruolo, e in particolare FARE BUON USO DEL DIRITTO DI VOTO
Si Torna agli anni sessanta quando ho visto decine di parenti ed amici andare a cercare lavoro altrove :un ritorno al passato ,o qualcosa di più profondo che non prova la nostalgia che avevano i nostri padri . Non ci sono più le file ai centralini del telefono per la telefonata interurbana del sabato pomeriggio . la comunicazione è cambiata ,ma la tecnologia non ha cancellato lo stesso strazio di allora quando la madre abbassava la cornetta del telefono .
Complimenti per l’iniziativa, certamente interessante e molto “romantica”, ma (non è una critica!)si corre il rischio di poterci illudere tutti insieme che con quattro consigli sulla spazzatura, sulle buche, sul traffico, ecc. si possa in qualche modo cambiare questa “benedetta” città.
Diciamoci la verità: Messina è ridotta così perchè un sistema di potere politico/economico trasversale a tutti gli schieramenti si è da decenni impossessato della città e mira esclusivamente al proprio tornaconto, regalando percentuali di profitto alla stretta cerchia degli accoliti in base al grado di fedeltà, o meglio di sottomissione.
Ho anch’io i figli (e nipotini) “al nord” e anch’io ho dovuto prepare i miei ragazzi fin da adolescenti ad una partenza che per quanto strazziante, sembrava inevitabile.
Plaudo alla mamma che vuole accogliere i figli con uno striscione, e mi permetto di aggiungere, nel caso non l’abbia già pensato la signora, che si potrebbe creare una giornata, naturalmente in estate, dedicata ai tutti i fgli di Messina che hanno lasciato la loro terra e non solo per mangiare granite con panna e arancini, ma per aprire una serie di dibattiti sul tema e chisà che le soluzioni per la nostra amata e martorità città non vengano proprio dai figli di Messina che sono stati costretti ad andare via.
Sono particolarmente colpito da questo argomento. Ho tre figli , e chi lavora ,chi studia , si trovano tutti a Milano.
Per il momento la nostra Città non offre alcuna possibilità, nè per chi si vuole inserire seriamente nel mondo del lavoro ,nè per chi vuole frequentare studi ed Università libere e che permettano un inserimento dignitoso.
Occorre un rapido cambiamento , ma l’attuale situazione di stallo , ed in particolare la presenza di una classe dirigente e politica inefficente e poco onesta lasciano poco spazio ad una possibilità di rapido cambiamento.
Dimenticati dalla città
Sono un figlio emigrato dalla mia città ormai da sei anni.Sinceramente non mi aspetto un bentornato da chi non mi hai dato una possibilità.Non mi aspetto un bentornato da quelle istituzioni che sanno che chi è lontano ha un metro di paragone diverso e puo’ sottoporli ad un reale e duro giudizio.Chi vive lontano ha capito come gira in una città dove già quando si era a scuola si sapeva chi dei tuoi compagni di classe sarebbero rimasti non per meriti ma per discendenza come nei feudi medievali.Mi aspetterei di non essere dimenticato, in quanto siamo in migliaia ,con anche per breve tempo la voglia di rientrare anche per qualche giorno per vedere famiglia, quei pochi amici rimasti e di godere delle bellezze naturali di una città che in ogni caso ti resta dentro per sempre e agogni di ammirare per tutto l’anno.Ma come rientrare? in auto con l’odissea della Salerno-Reggio Calabria? In treno con l’unica possibilità dei prezzi altissimi della Freccia Rossa dal momento che non esistono neanche piu’ quegli sporchi e fatiscenti treni che legavano Nord e Sud? In aereo pagando lo stesso prezzo dei turisti che vanno alle Eolie o a Taormina?I voli diminuiscono, i prezzi si alzano, da Catania non esiste un pullmann dall’aeroporto a Messina dopo le 21,30…Questo da emigrato chiedo soltanto, non un bentornato,ma la possibilità di tornarci.Noi non siamo vacanzieri ma figli che tornano dai loro genitori e che vorrebbero che le Istituzioni (regione,provincia e comune) non lucrassero ulteriormente dopo non essere stati in grado di offrire una chance proporzionata ai loro meriti
Leggere frasi che scaturiscono dall’animo ti dà la consapevolezza del dramma della emigrazione forzata che tutti noi siciliani abbiamo dovuto sopportare per avere un lavoro,un futuro.
Tutte le iniziative sono interessanti e lodevoli, ma il problema della disoccupazione rimane ed il dramma dell’emigrazione non si ferma e non si fermerà, fino a quando avremo dei governanti che prilegiano i loro interessi e li antepongono allo sviluppo della Sicilia, in questo caso.
E’ triste per tutti , emigrate ed emigrati,ritornare in Sicilia e constatare che la situazione è peggiorata in tutti settori della vita economica e sociale.
E’ ancora più triste notare una parvenza di legalità che non esiste, una sistematica ed incessante corsa verso la speculazione edilizia, un tenore di vita che non potrà reggere a lungo se non si crea occupazione.
Tutto questo può cambiare con l’impegno di tutte e di tutti,se si crede che è possibile un cambiamento, altrimenti lasciamo spazio ai sentimentalismi,struggendoci di nostalgia e di rimpianti.
Non è un’iniziativa sentimentale quella delle “mamme di piazza Cairoli” . E’ un’occasione per riflettere sula fuga di giovani da questa città sempre più abbandonata a sè stessa, dove poter lavorare è spesso un privilegio o una fortuna.
Se ne ricordino i nostri amministratori quando, in occasione del censimento, temono di non raggiungere la fatidica soglia dei duecentocinquantamila abitanti.
Facciano qualcosa per attrarre investimenti e opportunità, come fu fatto a Catania nella seconda metà degli anni Novanta.
Trasferirsi per lavoro dev’essere una scelta volontaria per ampliare la propria esperienza, non una scelta obbligata.
Ha ragione il signor Trovato quando scrive che la parvenza di legalità, l’incessante corsa verso la speculazione edilizia faranno sì che un certo tenore di vita non possa reggere a lungo se non si crea occupazione. E’ come costruire un castello di carta, basta un soffio e crolla. Il primo punto è questo:creare occupazione. E ha ragione il prof.Williams quando dice che nell’iniziativa delle “mamme di Piazza Cairoli” non c’è nulla di sentimentale,ma la voglia di far qualcosa, come ha fatto Catania per attrarre investimenti a fine anni ’90 e io aggiungerei anche Reggio Calabria negli anni di Falcomatà e seguenti. Non c’è nulla di sentimentale e basta leggere la lettera di Flavia Ilacqua quando dice che le mamme tireranno fuori le unghia e graffieranno e quando aggiunge che “cosa vogliamo fare da grandi dipende solo da noi”. Spero di poter conoscere Magna Grecia, al quale voglio “purtroppo” ricordare che oltre al treno costosissimo o l’aereo, ha scordato la nave, perchè se per follia atterri a Reggio o arrivi a Villa San Giovanni, poi devi varcare lo Stretto e la metromare sembra fatta a pennello per gli interessi della Caronte con orari in gran parte scollegati con quelli dei treni e i passeggeri costretti a farsela a piedi fino alla Caronte. Per non parlare del famoso check in a bordo, mai “decollato”, sostituito per breve tempo con un bus navetta che stranamente non funzionava quasi mai in modo da costringere i passeggeri a pagare 20 euro di taxi per un tragitto brevissimo:porto di Reggio- aeroporto. Caro Magna Grecia, anche le politiche dei prezzi per i nostri figli che tornano sono un’idea da portare avanti. Il nostro più grande traguardo sarà davvero non farvi sentire come dici tu “vacanzieri” o estranei. La tua lettera è bella e vera ma ci deve spingere a far qualcosa perchè nessuno più si senta costretto a partire per necessità ma solo per piacere e più nessuno resti grazie a un “privilegio”. Per questo non vogliamo essere “sentimentali”, o meglio, vogliamo esserlo quanto basta per essere concreti.
La discussione diventa sempre interessante,ma non può prescindere dal fatto che i giovani di entrambi i sessi sono stati costretti all’emigrazione forzata per cercare un posto di lavoro,lontano dalla loro terra natia, dalle loro abitudini,dalle loro speranze e ricordi,che avevano costruito e vissuto.
E’ amaro e triste dover lasciare gli affetti familiari e riuscire ad inserirsi in un contesto sociale,per molti aspetti diverso con innumerevoli difficoltà.
Chi scrive ha vissuto questa amara realtà,costretto a lasciare la sua terra, la sua famiglia, perchè non ha accettato di svendere i suoi principi e le sue convinzioni politiche al partito politico dominante ed autoritario della Democrazia Cristiana.
Da studente al liceo Maurolico di Messina contestavo le assunzioni clientelari alla Provincia, al Comune.
Laureati che venivano assunti come operai generici,tanti necrofori, che non svolgevano il lavoro,ma si vedevano solamente quando dovevano andare a ritirare la busta paga.Siamo cresciuti in quell’epoca oppressi dal dominio dello scudo crociato e discriminati perchè volevamo vedere la luce, la libertà e non stare ad elemosinare un posto di lavoro,vendendo la nostra dignità.
A ragion veduta,ritengo che se non c’è un cambiamento effettivo,radicale,le vostre,le mie rimangono solamente delle esperienze da raccontare,mentre la situazione peggiora.
Messina non è più quella che ho vissuto da studente:una città con dei viali alberati vivibile e tranquilla.
E’stata deturpata, quasi violentata nella sua interiorità.
La speculazione edilizia non l’ha risparmiata da nessuna parte.Quando il traghetto si avvicinava in lontananza lo sguardo ammirava un paesaggio bellissimo,sempre verde.
Oggi di fronte ti appare una brutta montagna di case accatastate,costruite senza avere, forse, considerato che Messina è zona altamente sismica.
Prima,i vecchi ingegneri del Genio Civile non rilasciavano licenze per costruire più di tre piani,se la memoria non mi inganna.
Oggi non c’è più un limite.Chi sbagliava ?
E’ possibile che tutto sia diventato lecito e non più pericoloso !?
Non si può continuare a non vedere,a non parlare, ad aspettare che qualche Messia possa risolvere i problemi.
Ben vengano tutte le iniziative,senza dimenticare che, in democrazia ,è fondamentale utilizzate bene le tornate elettorali.
Se gli eletti non hanno risposto ai bisogni dei cittadini e voi commettete lo sbaglio di rivotarli,come fino ad oggi è successo,gli stessi si sentono autorizzati da voi a continuare a malgovernare.
Fino ad oggi è successo questo.