I tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta per le false dichiarazioni del pentito Scarantino si sono avvalsi della facoltà di non rispondere
Hanno preferito tacere Mario Bò, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ieri a Messina per essere ascoltati come persone informate sui fatti nell’ambito dell’inchiesta Borsellino Quater. I tre, sotto processo a Caltanissetta, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, proprio perché imputati in procedimento connesso. Erano accompagnati dai loro legali, gli avvocati Giuseppe Panepinto e Giuseppe Seminara.
Sono andate a vuoto, quindi, le audizioni di ieri, che costituivano un tassello importante dell’inchiesta condotta dalla Procura di Messina, in particolare dal sostituto procuratore Antonio Carchietti. Al pool guidato da Maurizio De Lucia la Procura di Caltanissetta ha chiesto di approfondire il ruolo dei due magistrati che gestirono la collaborazione del mafioso Vincenzo Scarantino, Carmelo Petralia e Anna Maria Palma.
L’ipotesi di reato nei loro confronti è di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra. Come scritto nero su bianco dalla sentenza del Tribunale di Catanissetta sui presunti depistaggi dopo la strage di via D’Amelio, infatti, alcune dichiarazioni di Scarantino sull’attentato in cui morì il giudice Borsellino furono pilotate.
Sotto la lente c’è appunto il pool di investigatori che allora raccolsero le dichiarazioni del pentito. Per i tre poliziotti il processo è in corso in primo grado mente per Petralia, oggi aggiunto a Catania, e per l’attuale sostituto della Direzione nazionale antimafia Palma gli accertamenti messinesi, scaturiti dalla trasmissione della sentenza del processo, sono ancora agli inizi.
Insieme alle testimonianze dei protagonisti di quella stagione di indagini, la Procura di Messina sta anche trascrivendo ex novo le bobine con gli interrogatori di Scarantino, che riascolterà.