Favorì la latitanza di un boss della 'ndrangheta: chiesto rinvio a giudizio di ex fisioterapista del Centro Neurolesi

Favorì la latitanza di un boss della ‘ndrangheta: chiesto rinvio a giudizio di ex fisioterapista del Centro Neurolesi

Redazione

Favorì la latitanza di un boss della ‘ndrangheta: chiesto rinvio a giudizio di ex fisioterapista del Centro Neurolesi

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giovedì 04 Ottobre 2012 - 12:19

La DDA ha chiesto il rinvio a giudizio di un ex fisioterapista del CentroNeurolesi di Messina che avrebbe favorito la latitanza del boss della 'ndrangheta, Francesco Pelle. l'uomo avrebbe protetto il padrino durante un periodo di ricovero nell'istituto.

Il sostituto procuratore della Dda, Giuseppe Verzera, ha chiesto il rinvio a giudizio di Stefano Andrea Violi, 35 anni ex fisioterapista del Centro Neurolesi di Messina. L’uomo era stato arrestato dai Carabinieri nel luglio scorso perché accusato di aver favorire la latitanza del boss della ‘ndrangheta Francesco Pelle. Sarebbe stato proprio lui ad aiutare il boss durante i sette mesi di ricovero nel reparto di Riabilitazione del Centro Neurolesi.
Pelle, coinvolto nella faida di San Luca e nella strage di Duisburg, divenne latitante nel 2005 e il 31 luglio 2006 fu vittima di un agguato. Il padrino fu raggiunto da alcuni colpi d’arma da fuoco alla schiena, probabilmente in un agguato. A causa delle sue condizioni di salute Pelle fu ricoverato al Centro Neurolesi di Messina dove lavorava come fisioterapista Violi. Il boss fornì false generalità facendosi registrare come signor Scipione. E così lo conobbero tutti fino al giorno delle sue dimissioni, nel maggio del 2008, quando nel referto fu scritto che era rimasto vittima di un incidente di caccia. Gli inquirenti della Procura di Messina sono fermamente convinti che dietro questo sistema protettivo ci fosse proprio Violi, I controlli dei tabulati telefonici hanno confermato che il fisioterapista in quel periodo telefonava spesso ai parenti di Pelle per dare informazioni sullo stato di salute del congiunto. Inoltre riceveva telefonate da utenze intestate a cittadini stranieri, soprattutto indiani, che però sono risultati del tutto estranei alla vicenda

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