“Buco al cuore”... facciamo chiarezza

“Buco al cuore”… facciamo chiarezza

Autore Esterno

“Buco al cuore”… facciamo chiarezza

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lunedì 07 Dicembre 2020 - 10:51

I consigli del dott. Frank Coppolino, primario di Cardiologia dello Iomi, sul forame ovale pervio

Se ne sente parlare sempre di più come se si trattasse di una malattia ma Il tanto temuto “buco al cuore” altro non è che il forame ovale pervio (FOP). In parole povere un foro presente nel cuore tra i due atri, essenziale durante la vita fetale prima della nascita quando i polmoni sono inattivi e l’ossigeno proviene dalla madre tramite la placenta ed i vasi del cordone ombelicale.

Chiariamo sin da ora che il riscontro casuale del forame ovale pervio non deve essere considerato nel modo più assoluto una patologia. Alla nascita i polmoni iniziano la loro attività respiratoria ed il forame si chiude per mezzo di una piccola membrana che si salda alla parete durante il primo anno di vita e diventa permanente. Pensate ad una porta che non sia completamente chiusa ma solo accostata, questo è il caso di una membrana che non si sia perfettamente chiusa all’origine, il FOP, come una porta socchiusa che nelle normali condizioni di vita non comporta nessun problema.

Dunque è un riscontro frequente? Certamente. Ormai è accertato che il 30% della popolazione presenta questa che possiamo considerare una variante anatomica per cui la riflessione ovvia che faccio a coloro che chiedono terrorizzati del fatto di essere portatori di un FOP è la seguente: ma secondo voi siamo stati creati difettosi oppure ci siamo accorti solo negli ultimi 20 anni di avere un difetto di fabbrica? Dobbiamo convincerci che se ci hanno riscontrato casualmente il “buchetto al cuore” non siamo malati.

Allora quando dobbiamo preoccuparci ? 

Intanto dobbiamo evitare di andarlo a ricercare senza che ci sia un’indicazione specialistica mirata considerata l’elevata incidenza. Purtroppo ancora oggi molti specialisti avviano i pazienti ad una ricerca di un eventuale FOP senza che ci sia stata un’indicazione giusta né tantomeno una correlazione tra il riscontro del FOP e la sintomatologia del paziente. In questi casi assistiamo spesso a persone che finiscono per girovagare da uno specialista all’altro cercando di trovare la soluzione al problema e che vivono nell’incubo di poter essere sempre a rischio

E’ invece necessario attenzionare quei casi nei quali ci si trova di fronte ad un ictus “criptogenetico” (che rappresenta il 30/40% di tutti gli ictus) o comunque un evento ischemico cerebrale in un soggetto giovane, di età inferiore a 60 anni, che non abbia altri fattori patogenetici come la fibrillazione atriale, la trombofilia , l’aterosclerosi, l’ipertensione arteriosa. Il FOP anche in questi casi non ha un ruolo primitivo ma indiretto in quanto può favorire il passaggio di emboli tra la circolazione venosa e quella arteriosa che possono finire nella circolazione cerebrale. Il problema pertanto è capire perché si sono formati questi trombi, questi coaguli anche per poter instaurare un adeguato trattamento.

Dunque è più il Neurologo che deve sospettare sulla presenza del buchetto?

Per certi aspetti sì, anche perché il punto di partenza dovrebbe sempre essere una RMN dell’encefalo che descriva in modo chiaro e non equivoco come spesso avviene, un evento ischemico.

Ci sono altre situazioni patologiche in cui il FOP può avere un ruolo importante come la malattia da decompressione dei subacquei ma sarebbe il caso di focalizzare l’attenzione sulle situazioni più comuni.

Quando è indicata la chiusura del FOP?

L’approccio al paziente con FOP è multidisciplinare e la scelta se attuare un trattamento medico con antiaggreganti o anticoagulanti oppure proporre la chiusura percutanea con “l’ombrellino” dipende da tanti fattori, prendendo in considerazione anche la morfologia del setto interatriale, del buchetto e dell’entità dello shunt, cioè del passaggio dall’atrio destro all’atrio sinistro. L’apposizione dell’ombrellino avviene per via percutanea, attraverso la vena femorale, ed a Messina ci sono due bravissimi Cardiologi interventisti al Policlinico ed al Papardo specializzati anche in questo tipo di intervento.

Il mio consiglio è quindi quello di non preoccuparsi eccessivamente per la presenza del “buchetto al cuore” ma di farsi seguire dai tanti professionisti presenti sul territorio che negli ultimi anni sono diventati sempre più esperti nell’inquadramento di questa problematica secondo linee guida.

Redazionale a cura del Dott. Frank Coppolino Primario U.F. Cardiologia (IOMI) Ganzirri. Riceve a Messina via Porto Salvo, 4 tel. 090/47444 – Merì via Immacolata, 22 tel. 3294716111 – Torrenova via Mazzini, 31.

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