Ha questa passione sin da piccolo: "dobbiamo coltivare le tradizioni, vorrei trasmettere quest'amore per i canti pastorali anche ai giovani"
Zampogna: aria natalizia e canto di tradizione.
Come di consueto l’appuntamento con il Natale e la musica della zampogna, non si sono fatti attendere molto. Nonostante la frenesia ci attanagli e guidi le nostre azioni, questo antichissimo strumento pastorale a fiato, è in grado di richiamare alla mente ricordi ed emozioni quasi del tutto dimenticate.
È come se fosse una macchina del tempo, pronta a farci rivivere il passato, quando strade, vicoli e case erano piacevolmente inondate dal suo suono dolce e malinconico, e le feste natalizie erano puro sentimento.Incontrare, oggi, un artista in grado di deliziare il nostro udito attraverso il suono dell’otre però, non è così semplice come si crede.
Lo sa bene Giuseppe Settineri , impiegato statale al museo archeologico nazionale di Reggio di Calabria, che coltiva questa passione sin da bambino.“Quand’ero molto piccolo amavo seguire, lungo le viuzze, gli zampognari del mio villaggio –ammette con nostalgia, Giuseppe- e al nostro passaggio era grande festa: la gente si radunava e ci accoglieva nelle proprie case, offrendo quel che si poteva. E non soltanto nelle feste natalizie. La zampogna era lo strumento che scandiva i momenti salienti della vita: la nascita di un bimbo, le nozze e persino la vendemmia. Oggi invece è tutto diverso; viviamo freneticamente le feste che sono diventate puro consumismo e non troviamo il tempo per coltivare le tradizioni, quelle belle e importanti che ci legano al tempo passato”.
Suonare questo strumento è anche una passione che deve essere coltivata giorno per giorno.
“Da quindici anni a questa parte, è come se fosse una dipendenza per me –ci confida, Settineri- torno da lavoro e mi siedo nella mia cantina dove mi dedico interamente a lei, quasi come fosse un’amante.La custodisco quasi gelosamente e provvedo alla sua manutenzione spesso; perché, a volte, le condizioni metereologiche, in particolar modo il vento di scirocco, tendono a “guastare” il suono. Sono oltretutto un autodidatta che però accetta di buon grado tutti i consigli che mi vengono dati, senza però abbandonare il mio giudizio”.
L’arte di questo canto popolare però, come lo strumento, sta diventando purtroppo arcaica.
“Di rado vengo chiamato nelle Chiese per le novene, nelle piazze durante le feste patronali e nelle attività commerciali per intrattenere i clienti-ci racconta Giuseppe- ma il mio sogno sarebbe quello di diffondere questa tradizione e trasmetterla ai giovani.Purtroppo questa usanza non viene presa molto in considerazione e scartata, forse perché antica e poco conosciuta. Il mio desiderio, quindi, è che i canti pastorali intonati da questo strumento possano divenire consuetudine tra più giovani, istillando in loro, almeno in parte, la passione che io coltivo da piccino”.
Grazia Di Mauro
e Cateno de Luca non lo menzioniamo, sa suonare benissimo