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sabato 04 Ottobre 2008 - 12:48

La fine della finanza creativa

Tutto il mondo industrializzato è attraversato da una profondissima crisi economica da cui, a dispetto degli ottimismi di facciata e di convenienza delle sue leadership, non si vede sbocco. Ciò è particolarmente inquietante e grave per un sistema come il nostro che ha puntato tutto sull’economia e ha fatto del denaro l’unico valore realmente condiviso.

Nell’immaginario collettivo è apparsa una nuova paura, quella di una crisi finanziaria di dimensioni epocali innescata dal crollo del mercato immobiliare americano e diffusa in tutto il mondo dai meccanismi infernali della nuova ingegneria finanziaria, che ha prodotto astrusi strumenti che rispondono ai nomi più vari, che vanno dai CDO ai CDS.

Dietro questi termini incomprensibili si nascondono delle operazioni finanziarie in realtà semplici chiamate “ cartolarizzazioni- ovvero mutui “ impacchettati- e trasformati in obbligazioni.

In altre parole, chi acquistava una obbligazione garantita da un mutuo “ subprime- prestava una certa quantità di denaro per un certo lasso di tempo ricevendo un interesse garantito, dai pagamenti rateali di chi aveva sottoscritto il mutuo.

Ricordiamo che il mutuo subprime e’ un mutuo a rischio, concesso ad un cosiddetto NINJA (No Income, No Job or Asset) ovvero un lavoratore che in Italia viene definito -precario-.

Partita dall’America , questa pratica si è diffusa in Europa e in Asia. Si è quindi innescata una spirale che ha portato le banche a comprare e vendere tra di loro una enorme quantità di titoli garantiti da mutui a rischio e quindi, a finanziare le loro attività con il “ debito-.

Le banche commerciali impacchettavano i mutui e vendevano le obbligazioni alle banche d’affari o le collocavano sul mercato, in questo modo avevano sempre la liquidità per sostenere la richiesta di nuovi finanziamenti.

Con l’enorme sviluppo del mercato immobiliare americano degli ultimi anni (cioè con il continuo aumento del prezzo delle case e con la costruzione di nuove), la garanzia prestata sarebbe comunque stata coperta dal valore stesso delle abitazioni.

Come avvenuto altre volte, tutto è sembrato procedere per il meglio finché non è esplosa la bolla speculativa producendo condizioni di illiquidità e insolvenza di massa. . Il prezzo delle case prima si è fermato, poi è drammaticamente precipitato.

Vendere, vendere, vendere. Chiunque avesse un titolo subprime ha iniziato a venderlo senza riuscirci poiché tutti i titoli in circolazione, ormai privi di garanzia ,sono stati congelati . Le due maggiori banche commerciali americane Fannie Mae e Freddie Mac hanno portato l’amministrazione USA ad intervenire con una operazione di salvataggio. La quarta banca d’affari americana la Lehman Brothers ha dichiarato fallimento. Merril Lynch, per evitare di finire in un cumulo di macerie, si svende per 50 miliardi di dollari a Bank of America. AIG assiste al crollo impietoso delle sue azioni: solo il bailout (iniezione di liquidità/prestito/salvataggio) da 85 miliardi di dollari della FED impedisce il peggio.

Questi drammatici avvenimenti e la quasi certezza di essere ormai a un passo dal completo collasso del sistema finanziario hanno convinto l’Amministrazione Bush, d’intesa con la Federal Reserve, ad annunciare ed approvare un pacchetto di misure d‘emergenza a breve e medio termine, di cui la più rilevante è l’imponente intervento diretto a salvare e cercare di stabilizzare il sistema finanziario – si tratta della creazione di un maxi-fondo pubblico da 700 miliardi di dollari, dove far confluire nei prossimi due anni le attività finanziarie illiquide – i cosiddetti titoli ‘tossici‘ – detenuti oggi nei bilanci delle società finanziarie e delle banche, per poi cercare di smaltirli nel tempo allorché i mercati si saranno ripresi e saranno in grado di riassorbirli.

Il “ bailout-è stato approvato ieri 3 ottobre 2008,dopo una serie di bocciature che hanno costretto il segretario Paulson ad introdurre 150 miliardi aggiuntivi di riduzioni fiscali. Ancora secondo alcune recenti stime il costo complessivo dell’intervento potrebbe arrivare fino a millecinquecento miliardi di dollari, pari ad oltre il 10% del Pil americano.

Si può comunque affermare che l’assoluta inadeguatezza dell’insieme di regole e controlli della finanza americana figura tra le maggiori cause della crisi in corso. Grazie alle varie ondate di liberalizzazioni degli ultimi venti anni, nel sistema finanziario americano hanno convissuto e hanno finito sempre più per intrecciarsi un sistema bancario tradizionale, soggetto a regole, e un sistema bancario ‘ombra’, privo per molti versi di regolamentazione, fatto di banche d’investimento e disinvolte società finanziarie.

La politica monetaria dei bassi tassi d’interesse oltremodo ‘accomodante’ dell’era di Alan Greenspan alla guida della Federal Reserve ha alimentato perversi incentivi e opportunità straordinarie di profitto legati all’assunzione di rischi sempre più elevati e incontrollabili, frutto di modelli sofisticatissimi rivelatisi poi del tutto inaffidabili.

In conclusione , la situazione di panico e di paralisi dei mercati finanziari e dell’economia di tutto il mondo , a cui solo un massiccio intervento esterno dello Stato è in grado a un certo punto di porre riparo, avrà costi elevatissimi, ovviamente, per l’intera collettività.

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