Un disegno di legge di Rifondazione Comunista potrebbe far slittare a fine anno il termine per il conferimento del Tfr...
A pochi giorni dalla data entro la quale si dovrà decidere la destinazione del trattamento di fine rapporto il tormentone che abbiamo sentito ripetere più volte negli ultimi mesi su radio e tv è stato : “Entro il 30 giugno tutti i lavoratori del settore privato potranno decidere se destinare il proprio Tfr futuro alla previdenza complementare o mantenerlo in azienda…-.
Secondo l’indagine periodica realizzata da Gfk Eurisko per Assogestioni, il 63% dei lavoratori, pari a sei milioni di persone, lascerà il Trattamento di fine rapporto in azienda prevalentemente piccole imprese (4 milioni di dipendenti), il 28% aderirà invece a forme di previdenza integrativa (2,6 milioni).
Tra questi, circa 1,5 milioni di persone sceglieranno i fondi negoziali e 900 mila quelli aperti, mentre è residuale (250 mila) l’opzione per i Pip (piani pensionistici individuali).
Infine, il 9% dichiara di astenersi, facendo scattare il meccanismo del silenzio-assenso con cui il datore di lavoro trasferisce automaticamente il Tfr a una forma integrativa.
La domanda è : la maggior parte dei lavoratori ha scelto consapevolmente e comprendendo l’importanza di decidere sul proprio futuro di pensionati?
Perché la preferenza è caduta sulla soluzione più vicina allo status quo, ossia il mantenimento della liquidazione in azienda che, nel caso di imprese con oltre 50 dipendenti, significa trasferimento all’apposito fondo gestito dall’Inps per conto dello Stato (mentre per quelle sotto tale tetto rimane all’interno)?
Due sono le motivazioni fondamentali. In primo luogo, il 60% dei lavoratori ritiene la riforma peggiorativa rispetto all’assetto previdenziale precedente, sottovalutando il fatto che la pensione pubblica, soprattutto per le giovani generazioni, non sarà più in grado di garantire un adeguato livello di benessere al raggiungimento della pensione. In secondo luogo, molti vogliono avere un quadro più chiaro sulla previdenza complementare prima di abbandonare le garanzie offerte dall’attuale meccanismo di calcolo del Tfr stabilito per legge (1,5% fisso, più il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo Istat).
L’indagine Assogestioni-Gfk Eurisko, che è stata condotta in tre fasi successive su un campione di 2.100 individui, mostra che da gennaio a giugno la consapevolezza sulla riforma è cresciuta in media del 64%, percentuale che sale al 137% per i giovani, inizialmente i meno informati. Lo stesso sondaggio fa emergere una forte esigenza di chiarezza e trasparenza. Oggi sono ancora troppo poche le possibilità di confronto tra i diversi prodotti e le statistiche sui rendimenti, anche perché molti fondi sono giovani e quindi non è possibile valutarli in un’ottica di lungo periodo.
Per questo è importante non fermarsi dopo il 30 giugno, ma lavorare per far crescere la cultura previdenziale a tutti i livelli.
In linea con queste esigenze Rifondazione Comunista ha proposto un disegno di legge che se approvato posticiperebbe al 31 Dicembre il termine per il conferimento del TFR maturando e soprattutto farebbe entrare il fondo INPS sul mercato della previdenza complementare e i lavoratori potrebbero aderirvi conservando anche il contributo del datore di lavoro.
Una proposta che arriva nel pieno della discussione tra governo e parti sociali sulla revisione dei coefficienti di trasformazione in rendita che, se ulteriormente ridotti,contribuiranno a ridurre il livello della pensione dei più giovani.
Ma perché è troppa ancora l’indecisione e la volontà di molti di prendersi ancora un pò di tempo?
Uno dei limiti della riforma è che si richiede ai lavoratori la decisione su un investimento senza sapere con precisione quale sarà la pensione che effettivamente prenderanno.
A tal proposito l’Inps si è impegnata insieme alla Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione) a fornire ad ogni lavoratore un rendiconto annuale sulla rendita maturata ma solo a partire dal 2008. Ce la farà?