Calabria. Con l’operazione “Imponimento” è stato messo a segno un duro colpo alla cosca Anello-Fruci. IL VIDEO

Calabria. Con l’operazione “Imponimento” è stato messo a segno un duro colpo alla cosca Anello-Fruci. IL VIDEO

Dario Rondinella

Calabria. Con l’operazione “Imponimento” è stato messo a segno un duro colpo alla cosca Anello-Fruci. IL VIDEO

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martedì 21 Luglio 2020 - 13:13

Gli interessi economici della cosca arrivavano fino in Svizzera

L’operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza coordinata dalla DDA di Catanzaro in collaborazione con l’autorità elvetica, tra la Calabria e la Svizzera, denominata” Imponimento”, ha consentito di delineare la pericolosità della cosca di ‘ndrangheta Anello-Fruci ed i rapporti registrati con le altre consorterie dell’ampio distretto di Catanzaro – già emersi nel corso dell’operazione Rinascita Scott, in particolare con i Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant’Onofrio, i Tripodi di Vibo Marina, i Lo Bianco di Vibo Valentia, gli Accorinti di Zungri, Iozzo-Chiefari di Chiaravalle Centrale, i Bruno di Vallefiorita, esponenti della consorteria dei Trapasso di S. Leonardo di Cutro), oltre che le cosche della provincia di Reggio Calabria (i Pesce di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli),ed operanti in Sicilia. La cosca Anello-Fruci avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, le ha permesso nel tempo di acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico/immobiliare, deformando le logiche imprenditoriali che normalmente regolano i traffici commerciali di un’economia sana, condizionando i diversi settori della vita economica e sociale, e affermando il controllo egemonico sul territorio anche mediante reciproci accordi tra cosche operanti in articolazioni territoriali diverse.

L’estensione del raggio d’azione su cui la cosca era in grado di esercitare il suo controllo, e la diversificazione dei settori, prevedeva, necessariamente, un altrettanto estesa rete di informazione e “tutela” curata da un notevole numero di personaggi posti a vedetta dei luoghi più importanti (abitazione del boss e dei suoi familiari, luoghi di incontro, vie di transito su Filadelfia), utilizzati quali tramite per l’effettuazione di comunicazioni telefoniche o, ancora, quali informatori della cosca. Di questa ultima categoria facevano parte, tra gli altri, un appartenente alla Guardia di Finanza fermato con l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, anche con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di procurarsi un indebito profitto patrimoniale, oltre che con l’aggravante della modalità e finalità mafiosa.

I rapporti con le altre cosche si basavano su rapporti fatti di reciproci scambi e richieste per la risoluzione di problemi piuttosto che per la spartizione di affari e per il rifornimento di armi o droga.

Le indagini hanno documentato, peraltro, alcun specifici “summit mafiosi”, tra gli esponenti di vertice della cosca Anello ed esponenti tanto della cosca “Mancuso” di Limbadi, quanto della cosca “Tripodi” di Vibo Marina nonché della ‘ndrina “Lo Bianco-Barba” di Vibo Valentia; si tratta di “summit” finalizzati a chiarire disguidi o incomprensioni riguardanti, tra gli altri, l’affidamento dei lavori nei settori di influenza dell’organizzazione criminale, quale lo sfruttamento delle risorse boschive, ovvero pretese dei gruppi criminali dei Lo Bianco e dei Tripodi nei confronti di un imprenditore del settore turistico, Antonio Facciolo, ritenuto organico alla consorteria Anello.

Diversi i settori su cui la cosca esercitava il totale controllo e plurime le condotte delittuose ipotizzate:

  • Settore turistico: attraverso una profonda infiltrazione all’interno di alcune delle più importanti realtà della fascia tirrenica del territorio di azione, rispetto alle quali, alcuni imprenditori del settore, i fratelli Stillitani Emanuele e Francescantonio, ponendosi quali concorrenti esterni al sodalizio mafioso “Anello-Fruci”, ne hanno rafforzato la sfera di influenza, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi in capo alla cosca stessa, traendone i relativi benefici sia in termini di protezione mafiosa che di tipo economico; forniture, guardiania e servizi connessi all’attività erano a gestione esclusiva della cosca;
  • Sfruttamento del settore boschivo: gli interessi della cosca erano rivolti al remunerativo settore dei tagli boschivi nella zona a cavallo tra le pre-serre vibonesi e catanzaresi. In tale settore la cosca, attraverso l’imprenditore di riferimento, Nicola Antonio Monteleone, organico alla consorteria e uomo di fiducia del capo cosca Rocco Anello, aveva creato un collaudato meccanismo collusivo di rotazione nell’aggiudicazione delle gare relative agli appalti boschivi, tra gli imprenditori di riferimento delle cosche dei territori limitrofi, Iozzo di Chiaravalle e Bruno di Vallefiorita, per definire la spartizione dei boschi stessi. Il meccanismo mafioso, posto in essere attraverso turbative d’asta e illecita concorrenza sleale, godeva dell’appoggio di amministratori e tecnici comunali: MONTELEONE era in grado di muoversi all’interno degli uffici comunali determinando tempistiche e fasi di gara a piacimento della cosca;
  • Interessi in Svizzera, il legame di Rocco Anello con la Svizzera, sede di investimenti e traffici illeciti della cosca, è di lunga data. I principali referenti degli Anello-Fruci in territorio elvetico, Carmelo Masdea (uomo soprattutto vicino a Tommaso Anello), Marco Galati e Fiore Francesco Masdea, ne curavano gli affari provvedendo al comparto armi e gestione attività economiche, riscuotendo soldi (le cosiddette “potature”) e trasportando, in contanti, ingenti somme di denaro verso Filadelfia;
  • Movimento terra e fornitura di calcestruzzo: le imprese riconducibili a Rocco Anello esercitavano il monopolio per le opere di movimento terra sui cantieri del territorio di competenza per la costruzione di supermercati, edifici pubblici, strutture turistico-alberghiere; grazie al suo capillare controllo del territorio riusciva a intervenire su di essi anche prima dell’avvio dei lavori, definendo tempistiche e prezzi dei lavori e addirittura, in un caso, e godendo del favore del committente, organizzando la fase dello smaltimento dei materiali tossici di risulta, che venivano illecitamente sversati in aree naturalistiche protette, cagionando una significativa compromissione del suolo e del sottosuolo; ancora, la consorteria imponeva alla aziende operanti nel proprio territorio di rifornirsi presso l’impianto di calcestruzzo riconducibile ad un altro fedelissimo, Daniele Prestanicola;
  • Acquisizioni immobiliari: terreni, capannoni, immobili di pregio e interi compendi immobiliari, anche con il concorso di professionisti, e di figure dirigenziali all’interno dei comuni, diventavano di proprietà di Rocco Anello attraverso l’intestazione fittizia a terzi. Ciò permetteva alla cosca, unitamente ad episodi di autoriciclaggio registrati, di acquisire un patrimonio sempre crescente e al riparo da eventuali aggressioni da parte degli organi di legge;
  • Truffe INAIL: il meccanismo collaudato predisposto e attuato dal sodale Nazzareno Bellissimo, con il concorso di un dipendente dell’INAIL, e in alcune occasioni anche con l’intervento di altri esponenti della cosca (Nicola Antonio Monteleone e Francescantonio Anello) si concretizzava mediante la commissione di una serie sistematica di delitti funzionali a conseguire l’indennizzo per supposti incidenti sul lavoro dei quali veniva creata l’apparenza, anche tramite false assunzioni, o comunque per ottenere il riconoscimento di indennità in misura superiore a quella spettante. Connesso a ciò anche la consumazione di delitti di estorsioni nei confronti dei percettori che non volevano consegnare loro la parte di denaro pattuita;
  • Riciclaggio automezzi: la cosca si dedicava con altrettanta spregiudicatezza al riciclaggio di automezzi rubati o anche solo parti di essi. Con un’attenzione quasi spasmodica al “mercato” e alla disponibilità dei mezzi di volta in volta di interesse, gli accoliti si mostravano in grado di operare anche personalmente, dal punto di vista meccanico, sugli automezzi, manomettendo all’occorrenza i telai in modo da renderli irrintracciabili.

Un vero e proprio arsenale quello rinvenuto e sequestrato per conto del sodalizio Anello-Fruci: fucili, carabine, kalashnikov, pistole di diversi calibri e munizionamento. Le indagini condotte hanno fatto emergere come il traffico di armi venisse svolto anche oltre confine, in Svizzera.

L’attività di indagine ha, altresì, evidenziato la operatività di una specifica organizzazione riconducibile agli esponenti di vertice della cosca, dedita alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti.

Nel corso delle indagini sono stati sequestrati ingenti quantitativi di sostanza stupefacente: quattro piantagioni di marijuana per un totale di circa 6000 piante, 65 kg circa della medesima sostanza già essiccata e pronta per essere immessa sul mercato; è emersa, altresì, l’opera di l’approvvigionamento di eroina nella provincia di Foggia.

Le recenti indagini emerge, infine, hanno consentito di rilevare che tre indagati destinatari del fermo avevano ottenuto misure di sostegno del reddito, nella forma del “Reddito di Cittadinanza” (RdC), la misura di contrasto alla povertà, finalizzata al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale, della quale uno risultava aver beneficiato quale diretto richiedente e, negli altri due casi, ne avevano beneficiato quali componenti di un nucleo familiare.

Si è, persino rilevato che due imprese, riconducibili ad altrettanti indagati destinatari del fermo, hanno avuto accesso al “Fondo centrale di garanzia PMI”, misura di sostegno statale per l’accesso agevolato al credito, rivolto sia alle piccole e medie imprese che alle persone fisiche, la cui attività imprenditoriale era stata danneggiata dall’emergenza COVID-19; una di tali imprese è anche oggetto di provvedimento di sequestro d’urgenza.

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