Interrogati i tre manager dell'impresa catanese e i due fornitori messinesi di calcestruzzo nei lavori di allineamento delle due moli Vespri e Colapesce. Secondo i rappresentanti dell'azienda il capitolato d'appalto è stato rispettato.
Si annuncia battaglia sulle stime degli esperti nell’inchiesta che ha coinvolto la Tecnis spa, il colosso catanese delle costruzioni coinvolto nell’inchiesta della Procura di Messina sul calcestruzzo adoperato per i lavori ai moli Vespri e Colapesce. Secondo i manager dell’impresa, le conclusioni cui sono arrivati i consulenti della magistratura, dopo i carotaggi, sono sostanzialmente sbagliati. E’ questo il succo della loro linea difensiva, esposta ieri in prima battuta durante gli interrogatori di garanzia dei cinque manager sospesi dall’attività economica per un anno, cioè il titolare dell’impresa, Concetto Bosco Lo Giudice, l’ex procuratore speciale Daniele Naty e il direttore tecnico Danilo La Piana. Il giudice per le indagini preliminari Giovanni De Marco li ha sentiti nel pomeriggio, insieme ai messinesi Antonino Giannetto e Vincenzo Silvestro, fornitori del calcestruzzo sotto esame, e l’architetto Francesco Bosurgi, in servizio al Genio Civile opere marittime, colui il quale ha collaudato le opere.
Il faccia a faccia è durato tre ore circa e i manager della Tecnis, accompagnati dai difensori, gli avvocati Alberto Gullino e Vincenzo Peluso, hanno contestato le ipotesi di accusa mosse dal PM Vincenzo Barbaro e si sono riservati di depositare a breve una memoria difensiva. I legali non hanno depositato alcuna istanza, non hanno ancora indicato un perito fiduciario e attendono adesso l’udienza camerale nella quale si discuterà della richiesta della Procura di applicare alla Tecnis il divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione per un anno.
Il sospetto della Procura di Messina è che per i lavori di allineamento dei moli Colapesce e Vespri, cioè le due principali banchine di centro città, sia stato adoperato calcestruzzo non adatto. Un sospetto confermato dai primi carotaggi appunto. In estrema sintesi i due moli sono in grado di sopportare l’approdo delle navi da crociera e i rispettivi terminal, ma non possono sopportare il carico – scarico merci, per i quali sono invece utilizzati. Il molo cioè può sopportare mille chili a metro quadro, e non i 4 mila previsti da progetto. I valori medi della resistenza del calcestruzzo impiegato sarebbero di gran lunga inferiori, anche fino alla metà, cioè da 20 a 40.
I lavori al Porto di Messina, risalenti al 2010, sono stati aggiudicati ad un’Ati di cui la Tecnis è capofila, compartecipata dalla Sigenco, la Silmar e la Cogip. Quindici milioni di euro l’ammontare dell’appalto.
A far accendere i fari della magistratura messinese è stata la fornitura di calcestruzzo da parte della ditta Presente di Giannetto. Il costruttore nel 2008 fu travolto dall’inchiesta “Pilastro” sul clan Mulè di Giostra. La Tecnis allora gli soppiantò la SV di Silvestro. L’indagine rivelò però che i mezzi d’opera e il materiale utilizzato anche successivamente nei lavori continuavano ad essere quelli della Presente e che Silvestro altri non era che un nipote di Giannetto.
Secondo gli investigatori la Tecnis non può non essersi accorta che il subentro fu soltanto fittizio. Nel 2014 gli accertamenti della Polizia giudiziaria subiscono una ulteriore accelerazione quando un esposto anonimo concentra l’attenzione sulla qualità dei materiali adoperati durante i lavori.
(Alessandra Serio)