L’organizzazione veniva “promossa” anche in rete, in particolare sui social dove venivano puntualmente immesse foto di donne nude in atteggiamenti decisamente provocanti.
Si chiamava “Lady Hairon” e, sulla carta, figurava come un’associazione finalizzata a promuovere “l’organizzazione di manifestazioni e incontri con lo scopo precipuo di migliorare le comunicazioni sociali in modo libero e nell’assoluto rispetto della sensibilità altrui”. In realtà, dietro l’apparenza candida, si celava una vera e propria organizzazione atta al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione.
E’ scattata stamani la maxi operazione condotta dai Carabinieri della Compagnia di Sant’Agata di Militello che ha portato all’arresto di due capi di questa associazione a delinquere. Si tratta di Mauro Abbadessa, già richiuso a Gazzi, e Daniele Galano, per cui sono stati invece disposti i domiciliari. Al momento rimane ricercato anche un terzo soggetto che si è reso irreperibile.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Patti, prende piede da alcuni controlli effettuati dai militari dell’Arma all’interno di un noto locale del centro di Capo d’Orlando dove, di fatto, avvenivano gli incontri e i rapporti sessuali tra le ragazze e i clienti. Era quello il centro dell’associazione Lady Hairon, la stessa che si proponeva come promotrice del “tempo libero attraverso l’attuazione di iniziative e lo svolgimento di iniziative di natura culturale, ludica e ricreativa”. Le indagini hanno permesso agli inquirenti di scoprire che, in questo locale notturno, le ragazze (registrate formalmente come socie dell’associazione) erano vere e proprie lavoratrici retribuite, con importo fisso giornaliero. In base agli accordi coi capi esse percepivano anche una quota a percentuale sulle prestazioni extra, che andavano dal semplice intrattenimento del cliente ai servizi sessuali che avvenivano nel privé. Con un pagamento ulteriore, i clienti potevano anche chiedere della droga.
L’organizzazione veniva “promossa” anche in rete, in particolare sui social dove venivano puntualmente immesse foto di donne nude in atteggiamenti decisamente provocanti. Dalle indagini è anche emerso che i capi dell’organizzazione non disdegnavano minacciare e vessare le loro “socie” per obbligarle a prostituirsi. Se qualcuna poi si ribellava, veniva puntualmente fatta oggetto di ritorsioni, tra cui anche il “sequestro” dei documenti di riconoscimento per impedirne la fuga. (Veronica Crocitti)