Quella di Poggio dei Pini a San Michele è una storia infinita, dopo 20 anni dall'acquisto delle case, dopo decenni di polemiche, inchieste e perizie, proprietari e compromissari si trovano davanti a un bivio: o riacquistano per la seconda volta gli immobili a prezzo rivalutato, oppure sgomberano subito pagando 14 anni di affitti pregressi. Le famiglie che finora hanno vissuto in un'area a forte rischio idrogeologico non ci stanno e stanno organizzando un comitato per far valere i loro diritti.
Stanno giocando sulla loro pelle per la seconda volta. La prima, nel ’92-‘93, quando hanno acquistato le case, la seconda sul finire dello scorso anno, quando la curatela fallimentare ha posto le famiglie di fronte a un bivio: o riacquistate le abitazioni a prezzo rivalutato o sgomberate (pagando 14 anni di affitto).
Oltre al danno, la beffa.
In mezzo ci sono 20 anni di polemiche, paure, inchieste, perizie, per quei 120 appartamenti del complesso Poggio dei Pini, abbarbicato sulla collina, a San Michele, costruito dall’impresa appaltatrice Edil Giuffrè di Brolo, su terreni della Edil San Michele, che ha curato anche la fase di vendita degli alloggi.
I guai, per quelle famiglie, sono iniziati subito, perché mentre iniziavano a firmare i preliminari di vendita, ad accendere mutui ed a saldare le prime somme, le due imprese, una dopo l’altra, son fallite, lasciando in panne acquirenti e compromissari. Le famiglie di Poggio dei Pini in quelle case avevano investito tutti i loro risparmi ma i fallimenti hanno aperto la strada ad un timore, quello di non recuperare mai più le somme spese. Così, nonostante le prime perplessità sulla regolarizzazione successiva degli acquisti andarono ad abitare gli immobili.
Ma le “crepe” e non solo in senso figurato, vennero ben presto fuori, insieme alle frane ed ai segni visibili sulle pareti.
Nel ’94, in seguito al primo esposto, presentato dal signor Pagano, la Procura dispose una perizia, affidandola all’ingegner Giuseppe Mallandrino e che porterà alla luce tutte le ombre di un complesso costruito là dove non si doveva, in un’area ad alto rischio idrogeologico, (poi classificata R4) e non, come invece risultava dal Prg Tekne, area di completamento residenziale B3d.
La perizia va a fondo e si scopre che c’è una difformità della variante rispetto al progetto originario,un aumento di volumetria ed una serie di anomalie registrate nelle concessioni e nelle autorizzazioni.
Ad esempio le analisi di fattibilità delle opere, allegate al progetto di variante, sono prive della firma del geologo relatore, la strada d’accesso è stata costruita in zona vietata, area agricola. Le certificazioni di collaudo degli immobili sono state rilasciate a fine lavori e non a lavori in corso, nulla quindi si sa sulla corretta esecuzione delle opere. Non risultano pagati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, né sono state realizzate interamente le opere di urbanizzazione stessa (come la prevista strada d’accesso e i parcheggi), l’allaccio alla fognatura non è autorizzato, così come quello per l’acqua potabile. Per le palazzine non sono stati richiesti e quindi emessi certificati di conformità, quindi non esisteva attestazione di abitabilità. Infine non risultano realizzate le opere previste a protezione del pendio del corpo A (la palazzina più vicina alla collina).
Tra l’altro in un primo momento il Corpo Forestale non aveva rilasciato il nulla osta per costruire la palazzina a ridosso della collina poiché non erano rispettati i 10 metri di distanza previsti, né erano state progettate opere di protezione. Successivamente lo stesso nulla osta fu rilasciato.
Il perito Mallandrino così conclude la relazione: “sussiste uno stato d’incombente pericolo d’accertarsi a mezzo delle autorità competenti. E con riferimento alla normativa urbanistica e antisismica si deve rilevare che in virtù delle molteplici inadempienze fin qui evidenziate le unità immobiliari non possono considerarsi né abitabili né agibili”.
Era il 1994, da allora son trascorsi 18 anni, eppure è come se quelle parole siano rimaste sulla carta, sepolte in qualche cassetto.
Da allora frane, crepe, inchieste, fecero il resto.Il signor Pagano si rivolse alla magistratura chiedendo di accertare se vi fossero gli estremi per “dissesto colposo”, furono rinviati a giudizio 5 persone (impresa, proprietari della Edil San Michele, progettista e direttore dei lavori), ma il giudice ipotizzando il disastro colposo, li assolse dal momento che le famiglie (fortunatamente) sono tutte vive e non esiste reato. Una tragedia solo annunciata non basta per avere giustizia.
Per 20 anni quelle case sono state abitate nonostante non dovessero mai essere state costruite, non in quell’area e non in quel modo.
Ma la vicenda si è fatta paradossale, perché strada facendo sono stati fatti anche alcuni lavori per mettere le toppe là dove possibile e nel 2003 le case sono state addirittura “rivalutate”.
Dal novembre del 2011 gli abitanti hanno ricevuto l’ennesimo schiaffo: hanno ricevuto la lettera con la quale il curatore fallimentare li pone davanti ad una scelta: o riacquistano le abitazioni con il prezzo rivalutato (quindi se le comprano per la seconda volta), o sgomberano subito e pagano i 14 anni di affitto pregresso.
Gli abitanti non ci stanno, stanno preparando un dossier e stanno creando un comitato per difendersi in tutte le sedi possibili.
Sperando che davvero non arrivi quella tragedia annunciata da una perizia del ’94 e rimasta sepolta nei cassetti di quanti hanno fatto finta di non vedere.
Rosaria Brancato
E’ auspicabile un intervento della Magistratura, atto a verificare se il complesso possiede o meno tutti i requisiti di legge, indipendentemente dalla relazione del CTU Mallandrino, e se la Curatela Fallimentare, che avanza diritti (piuttosto dubbi) nei confronti di chi è incappato in questa colossale truffa, stà operando nella piena liceità.
Naturalmente il discorso và anche a vantaggio di chi possiede un titolo di proprietà ottenuto prima del fallimento della società proprietaria del terreno e da chi, ultimamente, si è piegato alle richieste della Curatela, cioè riacquistando l’immobile che aveva già pagato interamente o quasi.
Bisognerà stabilire se questi contratti sono stati fatti rispettando i protocolli e se la documentazione fornita è valida (e non taroccata da chi di dovere). Per queste persone i problemi potrebbero verificarsi più in là quando, ad esempio, decidessero di disfarsi del proprio immobile e scoprissero che il contratto non ha valore perchè la documentazione è carente (non è la prima volta che questo si verifica, nel vasto panorama immobiliare). Riguardo la messa in sicurezza degli immobili, risalente a circa 1 anno fà, si ritiene opportuno di verificare i siti dove sono stati effettuati i lavori, per la precisione i primi appartamenti di testa del Lotto “B”, la scarpata a ridosso del lotto “A” e l’intero corpo “C”. Esistono delle “spie” (fessurimetri graduati)installati dai tecnici che sono andati in tilt. Inoltre sarebbe opportuno che la Curatela spiegasse a tutti quanti come e con quali modalità sono stati ottenuti i certificati di agibilità (se esistono). Non penso sulla scorta del piano di messa in sicurezza, dal momento che quegli interventi sono semplici palliativi che non risolvono i problemi del complesso e che sono stati fatti solo per invogliare gli ex promissari acquirenti a ricomprare il proprio immobile.
D’altronde è vero, Signor Curatore, che il primo comparto del lotto “C” deve essere demolito, come da lei più volte ribadito agli attuali occupanti? E non dica che questo è falso perchè ci sono diversi testimoni che la sconfesserebbero. Se ciò si verificasse tutto il lotto “C” diventerebbe inagibile e i proprietari che hanno riacquistato gli immobili verrebbero fatti fuori, perdendo nuovamente i denari. Con quali garanzie, lei signor Curatore, stà vendendo gli immobili, tenuto conto che le carte non sono poi così trasparenti e che Poggio dei Pini è stato inserito in una lista nera dal P.A.I. in zona R4 a rischio 2? Un plauso và alla ditta EdilGiuffrè che non ha lesinato sulla quantità e qualità dei materiali, a quest’ora il complesso sarebbe scivolato giù senza aspettare che la natura idrogeologica del sito si palesasse negli accadimenti che ci sono stati da alcuni anni a questa parte.
Vorrei sapere come fà a dormire sonni tranquilli lei che conosce la verità meglio di chiunque altro e che stà facendo il gioco dei poteri forti. Ci vuole un pò di umanità (e mi permetta, deontologia professionale) nelle cose, ma mi rendo conto che queste qualità sono andate perse da moltissimo tempo e che oramai è difficile trovarle specialmente in chi ci amministra, che sà solo imporci doveri e nessun diritto. Diritto di conoscere la verità su Poggio dei Pini, ad esempio.
Ma chi sono le persone se così si possono chiamare che hanno dato autorizzazione per costruire questa mostruosità, e sopratutto stanno pagando tutti i danni creati a questa povera gente che l’unica colpa che hanno e quella di essersi fidati di lestofanti senza scrupoli!
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Ricordo che vent’anni fa ero un ragazzo appena ventenne e passando dall’autostrada vedevo costruire quelle case. Mi chiedevo da ragazzino inesperto: ma chi mai potrebbe andare a vivere in quell’alveare aggrappato alla montagna?
Solo la posizione e la struttura a occhio faceva capire che qualcosa non andava.
Chiunque avesse avuto un minimo di buon senso già allora se ne sarebbe tenuto alla larga.
Certo gli acquirenti delle case non la pensavano come me…
E’ possibile che non vengano MAI indagati CHI ha dato le autorizzazioni?
Qualcuno, avrà certamente dato PARERE FAVOREVOLE alla costruzione (dietro mazzetta?),qualcuno che oggi si legge l’articolo e beatamente magari già pensionato, se la gode!
Perchè NON si arriva mai ad indagare questo livello di responsabilità?
Qualche crepa nella magistratura mi sembra evidente.
E’ chiaro, che d’altro lato vi è stato quantomeno moolta leggerezza e superficialità da parte dei proprietari.Tutta Messina in 20 anni passando dalla tangenziale si è posta la stessa elementare domanda:ma chi sono questi temerari che hanno scelto quel sito per andarci a vivere?
A Messina troppo, troppo facilmente si sono date autorizzazioni a costruire, diciamo facili…un altro esempio alle spalle dell’istituto BISAZZA all’Annunziata:sorge un “ecomostro” di circa 7 piani, innalzato il rustico, dietro denuncia ( e spaventati da un futuro possibile disastro idrogeologico) è stato bloccato il cantiere perchè il sito ha le fondamenta nell’argilla.SCUSATE, e i 7 piani di rustico che fine fanno?
Perchè NON si obbliga la ditta a ripristinare tutto come era all’origine?
Perchè NON si indaga su chi ha dato le autorizzazioni?
Vedete tutti che alla fine si arriva allo stesso punto,sicuramente a Messina ci sono tantissimi devoti a “Santa Mazzetta”,eh.., siamo gente di fede!
Qualcuno, non messinese, che ha avuto le mani in pasta in questa vicenda e che continua ad arricchirsi alle spalle della comunità, si trova in una posizione di massimo vertice nella politica cittadina.
Dictum sapienti sat est.
Secondo me occorre fare chiarezza. il problema sta a monte, ovvero nell’aver fatto diventare edificabile delle colline, o delle zone che non avevano nessuna caratteristica di zona “B”. Sta proprio qui la mistificazione e la confusione. La magistratura aveva, ed ha, tutti i mezzi per vedere di chi erano i terreni divenuti edificabili (mazzette, interessi, potere politico, potere giudiziario ????), ma stranamente non indaga, ed in alcuni casi lo fa solo dopo la realizzazione delle opere (prevenire è meglio che curare).
Forse si aspetta che cadano in prescrizione le malefatte del Piano Regolatore, così chi ha consentito lo scempio (ovvero il PRG e non le concessioni che sono a valle) la farà franca. Tra i responsabili delle “scelte” o delle condivisioni del Piano c’è anche il Genio Civile che ha avallato le zone edificabili ( per legge deve esprimere un parere sul PRG) ed ha approvato tutti i progetti che oggi sembra non siano mai stati approvati da nessuno.
AL LUPO, AL LUPO, AL LUPO ………….