Barcellona reagisce all'aggressione del titolare di un locale della movida con una manifestazione di solidarietà e da oggi il Perditempo riapre. Dopo la denuncia, Pietro Carbone chiede ai colleghi di fare squadra.
Riapre oggi il Perditempo, il locale di Barcellona dove qualche giorno fa il titolare è stato aggredito da alcuni avventori che pretendevano di non pagare la consumazione. A dispetto del nome dato al suo locale, il titolare Pietro Carbone non è però uno che perde tempo, e dopo aver scelto di prendersi gli schiaffi pur di non subire la pretesa dei suoi avventori violenti, dopo aver chiuso i battenti per protesta e aver denunciato pubblicamente l’aggressione, dopo aver riaperto per accogliere la richiesta dei tanti che, quella sera, si sono affollati davanti alla serranda per solidarietà, Pietro è passato alla denuncia vera e propria.
Ora toccherà alle forze dell’Ordine fare luce sui responsabili ed eventuali altri contorni dell’aggressione.
Ma soprattutto, Pietro ha riaperto e da oggi lui e i cinque collaboratori sono come al solito dietro al bancone.
Non molla, quindi, l’imprenditore trentaseienne che 4 anni fa ha smesso di gestire locali altrui ed ha scelto di investire in una attività propria, nella sua Barcellona, pur consapevole della difficoltà di fare impresa in una zona molto complicata e soggetta al giogo criminale, malgrado le tante retate delle forze dell’Ordine.
Pietro è felicissimo per la reazione che hanno avuto i barcellonesi, tanti semplici cittadini usciti di casa per asserragliarsi intorno al suo Perditempo, invitandolo a sollevare le serrande. Tra loro anche qualche altro gestore dei locali accanto, ubicati come lui in una via che ha segnato la rinascita della “socialità” barcellonese, negli ultimi anni. Ma sa che soltanto il gioco di squadra, di là delle manifestazioni episodiche, può garantire a tutti abbastanza forza per fare muro contro l’aggressione della criminalità.
“Non è stato il primo episodio preoccupante, certo – racconta – in passato ci sono stati disordini nei locali della zona. Ma l’ultimo ha tutto un altro stampo, ed è seguito ad altri messaggi attivati, di natura altrettanto preoccupante. Ho paura, certo, per me e anche per i miei dipendenti, ma non ho nessuna intenzione di fare alcun passo indietro. Ho scelto di oppormi a chi pretendeva di non pagare, ho scelto di denunciare pubblicamente quello che è accaduto. E andrò avanti regolarmente. Non mi sento solo, le istituzioni mi hanno rassicurato e io mi sento “coperto”. Certo, so che cosa rischio e quanto, ma non ho paura”.
Parli di altri episodi precedenti. Casi non isolati che saranno accaduti probabilmente anche ad altri tuoi colleghi. Avete avuto modo di confrontarvi in passato, avete mai pensato a mettervi insieme così da garantirvi o comunque chiedere una maggiore attenzione e protezione per la zona dove lavorate?
"Se n’è parlato diverse volte, abbiamo anche pensato a diverse strade da percorrere, se formare un associazione od altro. Poi però, per diversi motivi, non si è approdati a nulla. Ognuno ha la sua individualità e il proprio modo di lavorare, e non è facile mettersi insieme. Spero però che quest’episodio cambi le cose e ci aiuti ad abbandonare le nostre rispettive remore."
Come hai accolto la risposta dei tuoi cittadini?
"Con estrema gioia, ho ringraziato tutti pubblicamente, dai “normali” clienti ai miei colleghi, ai rappresentanti istituzionali. E’ un segnale forte, che può essere la base per una svolta vera, una reazione seria. Ed è importante che se ne parli, adesso che è alta l’attenzione. Se non avessi scritto nulla su Facebook, se non avessi chiuso per protesta, se non avessi fatto quella scelta forte di esporti pubblicamente, probabilmente non sarebbe successo nulla. Ma spero vivamente che non si tratti, appunto, soltanto di un episodio felice."
Di seguito il post col quale Pietro Carbone ha denunciato l’aggressione.
Il Perditempo oggi resta chiuso e così sarà anche domani.
Il motivo di questa chiusura è un'aggressione avvenuta contro la mia persona a livello fisico, con schiaffi e calci e ai ragazzi che lavoravano attraverso delle minacce. La causa scaturente è stata la mia richiesta di essere pagato delle cose già consumate in caso volessero continuare.
E' un atto di protesta quello mio nei confronti di un'aggressione che non reputo personale.
Nel momento che si minaccia e aggredisce chi sta svolgendo il proprio lavoro nella propria città, credo che si possa parlare di attacco alla comunità intera.
Sono nato e cresciuto a Barcellona Pozzo di Gotto, conosco bene il tessuto sociale del mio territorio e non mi sorprende affatto quello che è successo, cose già viste, più e più volte in passato. E qua è il problema, mi vorrei sorprendere, mi devo sorprendere, non voglio che quella sia normalità, non più. Basta indifferenza e sopratutto basta rassegnazione, le cose se sono state sempre così non è detto che non possano cambiare. Rispetto alla mia adolescenza già i passi fatti sono enormi, probabilmente anche grazie alla magistratura. Il passo successivo lo dobbiamo fare tutti insieme come società che voglia definirsi civile. Oggi si chiude per protesta e non per rassegnazione. Martedì saremo regolarmente aperti.
Se riusciremo a cambiare questo tipo di mentalità, se potremo continuare a lavorare con il sorriso, la serranda resterà aperta, ma se mai dovessimo restare sconfitti dalla rassegnazione generale, il futuro sarà una serranda chiusa per tutta la città.