Cateno De Luca resta ai domiciliari: rigettata l'istanza di scarcerazione

Cateno De Luca resta ai domiciliari: rigettata l’istanza di scarcerazione

Cateno De Luca resta ai domiciliari: rigettata l’istanza di scarcerazione

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martedì 05 Luglio 2011 - 12:17

L'on. Cateno De Luca dovrà restare ancora agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il gip Daria Orlando che ha rigettato l'istanza di scarcerazione. Stesso provvedimento per il fratello Tindaro e per il funzionario comunale D'Anna. Il deputato regionale, intanto, ha nominato suo legale di fiducia l'avvocato Carlo Taormina.

L’on. Cateno De Luca rimane agli arresti domiciliari. Lo ha deciso oggi il gip Daria Orlando che ha rigettato l’istanza di scarcerazione presentata nei giorni scorsi dal legale del deputato regionale che deve rispondere di tentata concussione, abuso d’ufficio e falso. Nemmeno le dimissioni da sindaco di Fiumedinisi sono servite per alleggerire la sua posizione e far venir meno le esigenze cautelari. Il giudice Orlando ritiene che non sia mutato il quadro probatorio rispetto al giorno del suo arresto, la sera del 27 giugno scorso. De Luca, dopo aver presieduta una seduta del consiglio comunale di Fiumedinisi, è stato arrestato dagli uomini della sezione di PG della Polizia Municipale di Messina. Così come De Luca restano ai domiciliari il fratello Tindaro, presidente della cooperativa edilizia Mabel ed il funzionario del Comune di Fiumedinisi, Pietro D’Anna. La quarta persona arrestata, il presidente della Commissione Edilizia, Benedetto Parisi. non aveva presentato istanza di scarcerazione. I tre, che devono rispondere di abuso e falso, avrebbero agevolato il deputato regionale nelle speculazioni edilizie, grazie ad una variante al Prg, che ha consentito a Cateno De Luca di avviare i lavori di costruzione di un albergo con annesso centro benessere. Per fare tutto ciò il deputato aveva fatto ricorso ai fondi del Contratto di Quartiere . Intanto il leader di Sicilia Vera ha deciso di modificare la sua strategia difensiva. E così ha completamente cambiato il suo collegio di difesa rinunciando agli avvocati Carmelo Scillìa e Giovanni Calamoneri, che fin qui lo avevano assistito, ed affidandosi ad un nome certamente suggestivo come quello dell’avvocato Carlo Taormina.

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