#minacce al giudice Sebastiano Neri di #Messina che si è occupato del caso di Marianna Manduca. I familiari della donna e l'associazione che porta il suo nome prendono le distanze
Lettera minatoria al giudice Sebastiano Neri della Corte d’appello di Messina che si è occupato del caso di Marianna Manduca, uccisa nel 2007 a Palagonia dall’ex marito che aveva denunciato 12 volte. I familiari della donna e l’associazione che porta il suo nome prendono le distanze
“Mi ha uccisa un uomo senza pietà, i miei bambini senza una madre e tu lurido verme che rifiuti il giusto risarcimento, chi pagherà ora? Di certo non i miei bambini. Firmato: Marianna Manduca”. Così recita il biglietto anonimo, recapitato alla sua abitazione in una busta con una fiala di liquido.
I familiari di Marianna e i legali che li assistono prendono le distanze dal gesto. “Respingiamo con fermezza ogni attacco personale o minaccia ai magistrati. Il nome di Marianna Manduca appartiene ai suoi figli e all’associazione per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne. Marianna, i suoi figli e l’associazione hanno sempre ripudiato in termini intransigenti la violenza in ogni sua forma”, dichiara Carmelo Calì, parente della Manduca e tutore legale dei tre figli, presidente dell’associazione “Insieme a Marianna”.
“L’associazione discute e contesta la sentenza di Messina – continua Calì – ma nulla ha da dire ai magistrati suoi estensori. E’ gravissima e dannosa la minaccia inviata al presidente del collegio, di cui si apprende dalla stampa, e gravissima l’usurpazione della firma di Marianna”.
La famiglia è in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione. La procura generale presso la Suprema Corte ha chiesto la conferma della sentenza emessa dalla II sezione civile della Corte d’Appello di Messina del marzo 2019, che ha ribaltato la pronuncia di primo grado, prevedendo la restituzione del risarcimento concesso ai tre orfani.
La prima pronuncia del giugno 2017 aveva riconosciuto la responsabilità civile dei magistrati che si erano occupati delle molte denunce presentate da Marianna ma non avevano fermato il marito Saverio Nolfo, che l’ha uccisa con 6 coltellate al petto e ferito il padre di lei, intervenuto per difenderla.
Un giudice che apre la strada al risarcimento per l’inazione dei colleghi è come un medico che giudica sbagliato il comportamento di un collega.
Inutile sperare.