Caso Miramare, chiesti un anno e 10 mesi di carcere per Falcomatà

Caso Miramare, chiesti un anno e 10 mesi di carcere per Falcomatà

Redazione

Caso Miramare, chiesti un anno e 10 mesi di carcere per Falcomatà

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sabato 23 Ottobre 2021 - 06:45

Proposta una condanna di 60 giorni inferiore per gli assessori comunali del tempo, il segretario dell'Ente e la dirigente ai Servizi alle imprese

Il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà

REGGIO CALABRIA – Un anno e dieci mesi di reclusione: è la condanna chiesta dai pm della Procura di Reggio Calabria nei confronti del sindaco Giuseppe Falcomatà imputato per abuso d’ufficio e falso nel processo su presunte irregolarità nelle procedure di affidamento del Grand Hotel Miramare.

Per gli altri imputati chiesti 20 mesi

L’accusa ha chiesto anche la condanna, a un anno e otto mesi, degli ex assessori comunali Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti, del segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva, della dirigente comunale del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico” Maria Luisa Spanò e dell’imprenditore Paolo Zagarella.

Una requisitoria del pm Walter Ignazitto

Le richieste sono giunte al termine della requisitoria condotta dai pm Walter Ignazitto e Nicola De Caria.

Al centro del processo, l’affidamento del Grand Hotel Miramare, uno dei palazzi storici della città, all’imprenditore Paolo Zagarella. Il Comune di Reggio aveva assegnato la gestione all’imprenditore dopo che quest’ultimo, durante la campagna elettorale del 2014, aveva concesso i suoi locali per la segreteria di Falcomatà.

L’accusa: serviva un bando pubblico

Un’immagine del Grande albergo Miramare

Secondo l’accusa sindaco e assessori avrebbero violato “i doveri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione”.

Per i pm, la Giunta ha adottato una delibera con la quale “statuivano l’ammissibilità della proposta proveniente dall’associazione ‘Il Sottoscala’” mentre avrebbero dovuto predisporre un bando pubblico. “Il fine unico di questa vicenda – ha detto Ignazitto nella requisitoria – è stato quello di assegnare questo immobile a un amico del sindaco Falcomatà”.

«Da gioiello di famiglia ad affare di famiglia»

Gli imputati hanno spiegato che la delibera era un atto d’indirizzo ma per la Procura, «non c’era nessun atto di indirizzo, ma un atto d’immediata concessione: il gioiello di famiglia si era trasformato in un affare di famiglia. Non è stata mala-gestio, ma una gestio finalizzata a raggiungere un determinato obiettivo e il sindaco è stato il regista».

La sentenza è prevista per il 19 novembre.

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