Ecco la riflessione che una nostra lettrice ha inviato alla redazione di Tempostretto. Ve la riproponiamo integralmente.
Scrivo questa lettera dopo aver letto l’articolo di Tempostretto sulla morte di Ilaria Boemi. Il dispiacere, il disagio, lo scoramento, provato, ancora e ancora per l’ennesima, terribile morte di una giovane anima, mi porta ad una riflessione, profonda, ancorché amara, nei confronti di questo mondo di adulti o presunti tali quali siamo. Sono madre di una splendida figlia ventisettenne e di un ragazzino di 11 anni che già scalpita per fare “alla grande” il suo ingresso nel mondo degli adolescenti, nonché nonna di una meravigliosa bimba che oggi compie 6 mesi. L’adolescenza di mia figlia è passata, ma sia io che lei ancora la ricordiamo come un periodo di lotta tra la nostra e la sua generazione, di litigi, musi lunghi ma per fortuna anche con la consapevolezza che quel periodo è stato per me e per lei motivo di grandi riflessioni, di parole, di lunghissime discussioni sul “dopo litigio” e di grande, grandissimo amore che ha reso me una madre fierissima di sua figlia e, credo, ma non temo smentita, mia figlia pronta a prendere in mano le redini del suo ruolo di madre senza paura e assolutamente in grado di potere affrontare le difficoltà che tutti i genitori sanno (o si presume sappiano), che avranno con i propri figli.
Non pecco di presunzione, ma credo che riuscire a tenere sempre presente che “NOI” siamo gli adulti e “LORO” i ragazzi sia la sola ancora di salvezza che può fare la differenza. Ora io mi chiedo, che cosa ci fa un uomo – perché di uomo si tratta, non di un giovane, di un ragazzo – un UOMO di 39 anni con delle bambine? Un uomo, che per la miseria, avrebbe dovuto semplicemente dire che certe cose non si fanno, che avrebbe dovuto magari proteggerle…, che in ogni caso avrebbe dovuto avere un ruolo ben diverso in questa terribile storia! Che cosa sta succedendo a tutte queste persone che non tengono più conto della differenza di età tra adulti e giovanissimi? Perché non ci scandalizziamo più? Mi sento dire sempre più spesso che ormai le cose sono cambiate, che ormai comandano “LORO”, e una cosa che mi sconvolge, davvero, e non uso un termine esagerato, è che tutti o comunque la maggioranza, pensano che dare del Lei a NOI adulti sia un gesto sbagliato e obsoleto. Perché siamo NOI a non dare più importanza a questo gesto che sembra tanto stupido, ma che invece io ritengo assolutamente importante?
Ora, so che molti penseranno che tra tutto quello che succede la mia riflessione tanto semplice, tanto poco intellettuale, sia una sciocchezza, ma evidentemente la mancanza di questa “piccola” abitudine ha fatto sì che chi non è in grado di farsi dare del Lei, non è neanche in grado di gestire i rapporti con gli adolescenti, che questa confidenza immediata che si instaura sia poi la chiave per i ragazzi a rapportarsi con NOI con una disinvoltura che ormai si è trasformata in ineducazione imperante. Lo vivo anche io con i miei coetanei quando “obbligo” – perché ricordiamocelo un genitore può e deve obbligare se ritiene giusto – mio figlio a dare del Lei, a salutare, a dire grazie-prego, mi scusi, a rivolgersi agli adulti con il necessario rispetto (che se anche una persona non si conosce è d’obbligo), sentirmi dire il classico “Vabbè, che ci fa se non mi dà del Lei?”. Ci fa, ci fa, eccome se ci fa! Mio figlio DEVE sapere che c’è una netta, totale, differenza tra lui e un adulto, che se un adulto si avvicina a lui con disinvoltura o che ha un approccio che lui non ritiene adeguato, DEVE avere gli strumenti per capirlo. E gli strumenti sono questi.
Semplicemente sapere che un adulto può essergli d’aiuto se serve e se vede un adulto comportarsi da RAGAZZINO deve evitarlo o quanto meno deve avere l’idea che adulto non lo è poi tanto e trarne le dovute conseguenze. Mio figlio DEVE avere la consapevolezza che il dover rendere conto ai suoi genitori, alla sua famiglia, dei suoi comportamenti è un imperativo, non una cosa che si può negoziare. Che se manca di rispetto, dice parolacce o bugie gravi, viene redarguito da tutta la famiglia, ziii, nonni e sorelle più grandi comprese, perché tutti seguiamo una strada! Deve sapere che non tutto è dovuto, che quello che ha proviene da grandi sacrifici, dal lavoro di suo padre e di sua madre, deve saper la differenza tra divertimento e sballo, e se vuole qualcosa di particolare è bene già da adesso che se la conquisti da solo. Mio figlio naturalmente non è un ragazzino speciale, agisce come tutti i ragazzini del mondo e di tutte le generazioni, è chiaro, ma io SO che devo seminare, che non devo mai perdere di vista che IO sono il grande e LUI il piccolo, e che quello che i miei genitori mi hanno insegnato non deve passare di moda, perché l’educazione, il rispetto, l’amore, la consapevolezza di avere scelto di mettere al mondo un figlio, non ammette deleghe, scorciatoie, o facili percorsi, perché si sa è sempre meglio dire un SI’ da amicone e non avere problemi, che dire un NO e sapere che si abbatterà una tempesta. Ecco, dovremmo ricordare e tenere sempre presente che in questi casi le tempeste servono, ma non per raccogliere macerie, ma solo per guardare i propri figli e dire “HO FATTO UN BUON LAVORO”. So che molti storceranno il naso per questa mia riflessione, ma sono sicura, che chi la pensa come me avrà inteso benissimo il significato e l’essenza di questo messaggio che ha il solo scopo di far riflettere chi non ricorda più di essere “NOI”. UN PENSIERO PROFONDO, SINCERO ALLA FAMIGLIA DI ILARIA. (M.M.)