La denuncia del commissario straordinario del Policlinico Bonaccorsi che ricostruisce le criticità
Messina – Il Centro Nemosud di Messina non aveva i requisiti per funzionare così come funzionava, in Sicilia. A differenza degli altri centri della Fondazione Aurora regolarmente autorizzati dalle altre regioni, scrive la Giudice Claudia Misale che ha firmato il provvedimento cautelare, alla struttura messinese mancava quello fondamentale per operare con la copertura della Regione siciliana: l’accreditamento. Ma c’erano anche altre criticità. Che in oltre 10 anni non sono mai state superate. E che han fatto sì che alla Fondazione andassero fondi pubblici illecitamente.
Di tutte queste criticità, è questa la tesi di fondo della Procura di Messina, questo il presunto “dolo” alla base dei rilievi penali mossi, tutti i protagonisti ne erano consapevoli fin dall’inizio. Volevano il centro NemoSud a Messina “a tutti i costi”, volevano che quel centro restasse privato, se pur in convenzione col pubblico. E lo volevano “a tutti i costi” intorno al professore Giuseppe Vita, malgrado mancassero alla sua figura e alla sua struttura del Policlinico altri requisiti essenziali per acquisire credito pubblico, come il patentino della “sperimentalità della ricerca”.
Negli anni le varie criticità della gestione del Centro, che ha offerto la dignità di cura a tanti pazienti affetti da gravi malattie, sono emerse a più riprese in interventi sindacali, politici, atti interni e pubblici. A ripercorrerle unitariamente agli investigatori messinesi è stato, in un verbale agli atti dell‘inchiesta dei Carabinieri, Gianpiero Bonaccorsi (foto apertura) commissario straordinario del Policlinico di Messina in quel travagliato 2021.
La sperimentalità
La prima criticità riguarda appunto il profilo della sperimentazione gestionale, necessaria per l’autorizzazione da parte della Regione siciliana, che il centro privato siciliano non avrebbe. L’accreditamento regionale è un criterio per l’autorizzazione alle prestazioni sanitarie, quindi è un requisito essenziale per la legittimità delle convenzioni tra Asp e privato, quale è la fondazione Aurora, quindi anche presupposto della esternalizzazione del servizio.
Il codice 75
Il passaggio “successivo”, più volte analizzato dagli inquirenti messinesi, è quindi il “codice” assegnato alle prestazioni in favore dei pazienti del centro Nemo, che garantisce il rimborso regionale. Ovvero il codice 75. Il Policlinico lo aveva richiesto nel 2012. L’allora assessora alla salute Lucia Borsellino non lo aveva mai concesso e il piano di programmazione regionale del 2010 non lo assegna al Policlinico. Il professore Vita, scrivono gli inquirenti, ha continuato ad assegnare il codice 75 alle prestazioni.
Tutti i dubbi del commissario straordinario Bonaccorsi
L’altro dubbio di Bonaccorsi riguarda il fatto che la scelta della struttura privata, ancorché in convenzione e ancorché possibile, avrebbe dovuto essere effettuata comunque con procedure di evidenza pubblica e non con affidamento diretto, per non “perdere” i requisiti di economia della esternalizzazione, possibile appunto quando “si risparmia” o quando mancano “all’interno” le competenze necessarie.
L’altro nodo riguarda i posti letto concessi, o meglio “aumentati”, passati da 10 a 20 nel 2017, con la terza convenzione “malgrado le convenzioni non fossero mutate”, scrivono gli inquirenti nel provvedimento scattato martedì scorso.
Voltafaccia o criticità insanabili?
A metà del 2021, in prossimità della scadenza della convenzione e con il professor Vita prossimo al pensionamento, le criticità arrivano sul tavolo della concertazione politica e, a differenza di quella che pareva essere la linea precedente comune, tutti sembrano “scaricare il centro Nemo sud.
Quell’estate concitata del 2021
Il Rettore Cuzzocrea spinge per la “regolarizzazione” delle prestazioni e delinea la possibile strada della creazione del reparto interno al Policlinico e la messa al bando dei posti apicali. L’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza e il presidente Musumeci prendono tempo: chiedono approfondimenti (nell’inchiesta vengono documentate le telefonate con Bonaccorsi che spiega e ripercorre all’assessore tutta la “storia” del centro, anche i retroscena più squisitamente politici): adombrano soluzioni di allocazione altrove – si ipotizza lo spostamento all‘Irccs Neurolesi, sperimentale e accreditato, fuori di termini giuridici -, si parla di proroghe. Ma tutti sembrano non “volerlo” .
(foto sotto: i protagonisti di un incontro a Roma nel 2019 organizzato a sostegno delle attività del centro).
L’epilogo è la chiusura del centro, malgrado le proteste dei pazienti e le concitate settimane di incontri sindacali, politici e di ogni genere tra Messina, Palermo, Roma e Milano. Oggi quelle prestazioni sono offerte dirette dal Policlinico.
La “creatura” del professor Vita
L’inchiesta della Procura di Messina non risponde ovviamente a questa domanda ma prospetta alcuni indizi, a partire da quella ipotesi di fondi di illegittimità dell’attività sin dal principio – il centro Nemosud a Messina “a tutti i costi” e a tutti i costi intorno al professore Vita, che da dirigente di Neurologia del Policlinico era anche fondatore del Centro e che ha poi esternalizzato di fatto il servizio, con le assunzioni di medici e personale senza criteri pubblici. “E una mia creatura in effetti”, dice infatti il professor Vita in una conversazione intercettata dagli investigatori. Intercettazione significativa, secondo gli inquirenti, per due ragioni: da un lato per la conferma di questo doppio filo tra professore e struttura, dall’altro perché avviene con una rappresentante del personale infermieristico, che chiede a Vita di “favorire” alcuni soggetti.
I familiari del professore arruolati al Centro
I dubbi sono quindi quelli che riguardano le assunzioni da parte della struttura privata con criteri privatistici che adopera però fondi pubblici. Soprattutto per quel che riguarda le prestazioni dei familiari del professore all’interno del Centro, la nomina del figlio a direttore, in vista del suo pensionamento, e l’imbarazzo, sollevato dalle notizie di stampa, che si registra anche nelle dichiarazioni dei vertici della Fondazione, nelle intercettazioni, per le attività svolte da quei familiari. Da questa “anomalia” della esternalizzazione “non regolarizzata” ne deriva anche un’altra, ovvero quella delle cartelle cliniche redatte da personale privato del centro clinico, assunto per chiamata diretta e non con concorso pubblico e documenti con la doppia intestazione con il Policlinico. Dal punto di vista penale è rilevante perché la cartella clinica è un atto pubblico.
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In foto, i protagonisti di un incontro a Roma nel 2019 fissato per sostenere le cure garantite dal Centro