Tolo Tolo sembra essere il risultato di una scommessa, di un attore che si improvvisa regista e chiede "pieni poteri" all'apice della sua popolarità.
È passato ormai un mese dal lancio di Tolo Tolo, l’ultimo film di Checco Zalone. Non si può negare che sia stato, e continua ad essere, un vero successo: l’ultimo weekend di gennaio ha visto Tolo Tolo incassare € 868.802, portando il totale a € 45.665.368. Insomma, un vero trionfo in perfetto stile Zalone.
Bisogna altresì segnalare che rispetto ai suoi film precedenti ha totalizzato un risultato inferiore: Quo Vado? (2016) raggiunse 65,2 milioni di euro, Sole a catinelle (2013) ne incassò € 52 milioni. Nondimeno, l’unica certezza è che le pellicole targate Zalone non deludono mai, riuscendo a portare nelle sale cinematografiche tutti, dai più grandi ai più piccini.
Eppure c’è una differenza sostanziale tra Tolo Tolo e gli altri suoi film: nella sua ultima fatica, Checco Zalone è, per la prima volta, sia attore che regista. Una novità non da poco, che ha avuto ricadute sia sulle riprese che sulla trama. Era stato Gennaro Nunziante, suo storico regista, ad aver ideato e plasmato i suoi film precedenti, a partire dal fortunatissimo Cado dalle nubi (2009), dove veniva trattato il tema dell’emigrazione dal sud al nord e lo scottante tema dell’omosessualità; Che bella giornata (2011), coraggiosa pellicola sul terrorismo islamista; Sole a catinelle (2013) incentrato sulla crisi economica; Quo vado? (2016) sul posto fisso.
Tolo Tolo approfondisce la questione (incandescente) della immigrazione. C’è un sottile intento scandalistico, già presente nel trailer musicale. Tuttavia qualcosa non torna. La trama familiare del protagonista è confusa e irrisolta, l’identità dello stesso Checco è ambigua, la storia in sé non è convincente. Poche le risate di pancia tipiche dei suoi film: la faccia che fa Checco quando il giornalista francese dice di vedere più povertà negli occhi dei ricchi annoiati che nelle vite dei poveri africani è solo un raro momento di comicità tipicamente “zaloniano”.
Si sente la mancanza di Nunziante, di una mano esperta che faccia funzionare il tutto – e invece «alcune cose funzionano, altre meno», ha dichiarato qualche giorno fa Carlo Verdone. Non si tratta di pregiudizi politici: Zalone è fin troppo intelligente per protendere di qua o di là, riesce invece a stare in un (non semplice) equilibrio sopra le chiassose diatribe politiche.
Qualcosa, in Tolo Tolo, manca. Qualcosa, in Tolo Tolo, non convince. E forse ciò è dovuto a un attore che si improvvisa regista, a un attore che chiede “pieni poteri” all’apice della sua popolarità. Con il rischio, però, di cadere rovinosamente. Ai posteri l’ardua sentenza, dove “i posteri” saremo tutti noi tra qualche anno in occasione dell’uscita del suo prossimo film – perché il successo di un film si misura con gli incassi del film successivo.