Da oggi le spoglie di mons. Giovanni Marra, arcivescovo emerito di Messina, riposano in Cattedrale. Il rito funebre officiato dall'arcivescovo Accolla. Hanno concelebrato il cardinale Montenegro, altri presuli e il clero messinese. Il ricordo, nell'omelia, del Vescovo ausiliare Cesare Di Pietro
Un vangelo aperto, il pastorale e la mitra. Sono i segni posti sulla bara dell’arcivescovo emerito Giovanni Marra, al quale oggi Messina ha dato l’ultimo saluto. Ma ci sono altri segni, immateriali, lasciati dalla sua opera. E non solo nella Diocesi peloritana. Una missione iniziata quando era ancora poco più che bambino. All’età di 11 anni scoprì la vocazione che lo portò in seminario nella sua Calabria (era originario di Cinquefrondi) e maturata negli anni del Ginnasio. Le sue spoglie, per suo volere, riposano da oggi nella cattedrale della Città dello Stretto, che ha servito dal giugno del 1997 al 3 gennaio del 2007.
SOGNAVA DI LIBERARE LA CITTA’ DALLE BARACCHE E DAL DEGRADO FISICO E MORALE
Aveva un chiodo fisso, mons. Marra. Un sogno, che si è realizzato solo in parte: liberare Messina dalle baracche entro il 2008, l’anno del centenario del terremoto che rase al suolo la città, in modo da ridare dignità ad ogni famiglia. Grazie a lui venne varata una legge regionale finalizzata a restituire rispetto e valore a diversi nuclei familiari messinesi attraverso la realizzazione e la consegna di una abitazione popolare. Era noto per i continui solleciti e moniti agli amministratori locali, in particolare quando i più deboli, quanti erano senza lavoro, si trovavano in difficoltà. Gli operai della Telecom, dell’Atm, le commesse. Ma non solo.
LE VISITE AL CAMPO ROM
Mons. Marra si recava spesso nel campo Rom, nella zona Falcata. Dialogava nelle tende con le famiglie sorseggiando un’aranciata o una coca. Ed erano frequenti le visite nelle zone della città attanagliate da gravi disagi (Tirone, Maregrosso, Giostra, Fondo Fucile), partecipando attivamente nelle dinamiche sociali. Come quando la città finì nell’impasse amministrativa per un lungo e pesante commissariamento. Mons. Marrà si prodigò in prima persona affinché si uscisse da quel vicolo cieco.
IL RITO FUNEBRE
Il rito funebre è stato presieduto dall’arcivescovo di Messina, mons. Giovanni Accolla. Al suo fianco il cardinale Francesco Montenegro (collaboratore di Marra) e il vescovo ausiliare della Città dello Stretto, mons. Cesare Di Pietro. C’erano anche il presidente della Conferenza episcopale siciliana, mons. Salvatore Gristina (arcivescovo di catania), il decano dei Cappellani di Sicilia mons. Mario Raneri , l’arcivescovo emerito di Agrigento mons. Carmelo Ferraro e il vicario della Diocesi di Patti, mons. Basilio Rinaudo. E tutto il clero diocesano. In prima fila il fratello del compianto arcivescovo, Francesco, insieme
ai nipoti e le autorità, civili e militari, con in testa il primo cittadino Cateno De Luca. Dietro, tra la gente, gli ex sindaci Salvatore Leonardi e Franco Providenti. Accanto alla bara un picchetto di sei uomini composto da carabinieri e militari della Marina e dell’esercito. Mons. Marra è stato Ordinario militare per l’Italia. Prestigiosa carica che lo portò a contotto con le più alte cariche dello Stato e in svariate visite all’estero.
L’EREDITA’ SPIRITUALE
“Il sogno del compianto Arcivescovo – ha rimarcato nell’omelia il vescovo ausiliare, mons. Cesare Di Pietro – non si è avverato completamente, per cui raccogliendo oggi la sua preziosa eredità spirituale dobbiamo batterci tutti insieme per questa nobile impresa. Mons. Marra – ha aggiunto il presule – sognava non soltanto una città affranacata dalle ferite del terremoto e del degrado, ma una vera e propria rinascita morale e civile. E voleva che la nostra Chiesa si facesse terreno di incontro tra tutte le forze vive chiamate a scendere in campo e collaborare”.
UNO STRAORDINARIO BAGAGLIO DI COMPETENZE
Mons. Di Pietro ha voluto ricordare anche la capillare e intensa visita pastorale in tutte le comunità parrocchiali dell’arcidiocesi, la promozione delle vocazioni al sacerdozio e la valorizzazione dei sacerdoti e dei laici. Una missione ecclesiale ampia, ancorata profondamente al magistero del Concilio vaticano II. Lavorando in Segreteria di Stato, fu il braccio destro del cardinale Giovanni Benelli, il quale a sua volta fu il braccio esecutivo di Papa Paolo VI nell’attuazione della riforma conciliare. Nel 1986 venne nominato vescovo ausiliare di Roma, portando con se uno straordinario bagaglio di competenze.
I GRANDI MAESTRI DI MARRA: DA DON STURZO A MADRE TERESA
“L’arcivescovo Marra – spiega mons. Di Pietro – ha avuto la grazia di avere grandi maestri e di conoscere personalmente grandi testimoni: San Gaetano Catanoso fu suo padre spirituale a Reggio, don Luigi Sturzo lo guidò sapientemente nella tesi in scienze sociali sulla riforma agraria in Calabria, don Primo Mazzolari con il quale collaborò”. Madre Teresa di Calcutta lo ebbe amico e stimato referente in tante circostanze. Fu lui ad accompagnarla all’ospedale Gemelli subito dopo l’attentato a Papa Giovanni Paolo II. E, soprattutto, nell’apertura della Casa per ragazze madri a Roma, presso la quale Marra svolse per anni il ministero di assistente spirituale a nome della Santa sede. La sua opera è tra l’altro contenuta in una serie di scritti e lettere pastorali, specchio della realtà sociale e spirituale che mons. Marra analizzava in chiave Cristiana. Da oggi, rappresentano il suo testamento spirituale.
Carmelo Caspanello