Per la regia dell’islandese Baltasar Kormàkur, “Everest”, presentato come il film che avrebbe dovuto mozzare il fiato e girato appositamente in 3D, narra la storia vera di una spedizione del ’96 dove morirono 9 persone.
Nel Marzo del 1996 si ritrovano a Kathmandu due diverse spedizioni turistiche, guidate da Rob (Jason Clarke), dall’aria molto responsabile, e da Scott (Jake Gyllenhaal), che al contrario appare incosciente. Devono fare quaranta giorni di allenamenti e l’obbiettivo è partire il 10 maggio per arrivare sulla cima dell’Everest. Non è reso esplicito, ma è sottinteso che “turistico” non dovrebbe andare d’accordo con “Everest”: questo genere di spedizioni sono una specie di mercificazione dell’avventura, non una semplice sfida contro la montagna per eccellenza.
Ciò che appare chiaro sin dall’inizio è che sono in troppi, davvero troppi, e ognuno ha le proprie motivazioni per questa avventura, anche se è difficile rispondere alla fatidica domanda: “Perché scali l’Everest?”. La domanda è posta da Job Krakauer (Michael Kelly), un giornalista che arriverà in cima e una volta tornato a casa scriverà “Aria sottile”, il libro da cui è stato tratto il film. La migliore risposta è: “Perché sarebbe un crimine non farlo.”
Ciascuno di loro, e pochissimi di loro sono scalatori professionisti (questo è uno dei punti della denuncia contro questo tipo di turismo), si lascia alle spalle una routine, una famiglia, specialmente Rob, che addirittura lascia la moglie Jan (Keira Knightley) incinta a casa.
La spedizione parte, e come è ovvio ci sono pericoli, persone che rinunciano per mancanza d’ossigeno, per il troppo freddo o per la stanchezza. Paradossalmente, arrivare alla vetta non è poi così epico per lo spettatore: tutto si concentra sul ritorno. E così, si è praticamente bruciato il primo tempo, senza approfondire troppo i caratteri dei personaggi.
Arriva una tempesta e gli scalatori devono separarsi in tanti piccoli gruppi: il pericolo è sempre più serio man mano che le ore passano. Sull’Everest la principale causa di morte è la mancanza d’ossigeno, ma ce n’è fin troppo per gli spettatori, che vedono morire e salvarsi un nutrito gruppo di persone senza scomporsi troppo, e il 3D, che pure avrebbe dovuto rendere le riprese delle montagne più affascinanti, non aggiunge alcun particolare pathos al film.
Delle riprese poco e niente è stato girato negli ambienti reali: le riprese di Kathmandu e dintorni sono state girate prima del terribile terremoto; a Cinecittà col green screen sono state effettuate delle scene in post-produzione; ma la parte più corposa della produzione ha avuto luogo in Alto Adige, sul Ghiacciaio della Val Senales, con -25 di temperatura.
“Everest” è in programmazione al Multisala Iris in 3D alle ore 18:30 e 21:30; al Multisala Apollo in 3D alle 17:30 e 22:40, in 2D alle 20:20; all’Uci Cinemas Multisala in 2D alle 17:00, 19:40, e 22:25.
Voto: 5/10.
Lavinia Consolato