Il 22 febbraio finalmente sapremo chi tra i candidati riceverà le tanto ambite statuette. Unica italiana in lizza, la costumista Milena Canonero.
Negli Oscar di quest’anno c’è troppo bianco e poco rosa: non c’è nessun candidato di colore, l’unico straniero è il messicano Inarritu; la regista afroamericana Ava DuVernay di “Selma” non è stata candidata, così come nessuna sceneggiatrice o scenografa.
Intanto si sta col fiato sospeso per la statuetta al miglior film, ecco le nomination: “Birdman” di Inarritu, con 9 candidature; “Grand Budapest Hotel” di Anderson, con 9 candidature; “The Imitation Game” di Mortenty Tyldum, con 8 candidature; “American Sniper” di Eastwood; “Selma” di Ava DuVernay; a seguire, meno probabili, “Boyhood” di Richard Linklater, “La teoria del tutto” di James Marsh e “Wishplash” di Damien Chazelle.
Quindi la grande competizione è tra “Birdman” e “Grand Budapest Hotel”, entrambi con 9 candidature, tuttavia a mio parere non c’è, o non dovrebbe esserci, dubbio che per quanto entrambi siano ottimi e con delle tecniche registiche interessanti, il drammatico vincerà sulla commedia.
“Birdman” è un film eccezionalmente singolare, la tecnica di Inarritu di apparente assenza di montaggio non era mai stata resa che nei film di “atto unico”, come “Carnage” di Polanski.
“Grand Budapest Hotel” è altrettanto singolare con il suo schema narrativo a capitoli, che il regista ha già usato nel film “I Tenenbaum” del 2001.
Inaspettatamente “American Sniper” non primeggia, con la sua esaltazione della difesa della patria e dei traumi riportati dal fronte, tema che ormai conosciamo fin troppo bene già dalle numerose pellicole sulla guerra nel Vietnam.
Non ci resta che aspettare ancora per poco per la premiazione, e sperare che l’anno prossimo le nomination promuovano una maggiore pluralità e la professionalità femminile.
Lavinia Consolato