Il testo sulla riforma delle province e sull'istituzione delle tre città metropolitane continua ad suscitare perplessità da più parti. Oggi l'ex assessore Bisignano e l'ex segretario cittadino del Pd Grioli sottolineano alcune delle maggiori contraddizioni del Ddl, come ad esempio il fatto che Messina Città Metropolitana vedrebbe limitato il proprio territorio solo al capoluogo, vanificando ogni potenzialità ed opportunità.
Mentre all’Ars è una corsa contro il tempo per varare entro il 15 febbraio la riforma delle province e l’istituzione dei Liberi Consorzi tra comuni, evitando così il ritorno alle urne per le elezioni provinciali, a Messina il dibattito si fa sempre più vivace.
Tra le proposte e le riflessioni segnaliamo quelle dell’ex assessore provinciale all’area metropolitana Michele Bisignano e dell’esponente del Pd Giuseppe Grioli, ex segretario cittadino del partito.
Secondo l’ex assessore della giunta Ricevuto, se l’Aula dovesse approvare integralmente il testo votato in Commissione “ verrebbe fuori un quadro illogico e irrazionale. Dopo essersi resi conto che con il proliferare dei Liberi consorzi si sarebbe avuta una duplicazione di strutture e di costi, si è cercato di correre ai ripari, proponendo in maniera gattopardesca la ridefinizione delle attuali Province regionali in Liberi consorzi dei comuni, dimenticandosi che già tale denominazione era presente nella legge 9 del 1986 istitutiva delle Province regionali in Sicilia. Questa operazione trasformistica, inoltre, servirebbe soltanto a individuare nuovi organi di gestione non più eletti democraticamente dai cittadini ma scelti tra loro stessi dai sindaci dei vari Comuni”.
Oltre a questo aspetto Michele Bisignano si sofferma su un’altra stranezza del Ddl, che prevede che le tre Città Metropolitane di Messina Palermo e Catania, facciano riferimento al solo territorio comunale, in netta contraddizione con le linee di indirizzo dell’Unione europea e del Governo nazionale, che tendono a privilegiare le aree vaste. “Questo Ddl crea una dicotomia tra lo Stato, che riconosce alle tre città il ruolo di capoluogo di provincia, allocando tutti i maggiori uffici di enti ed istituti a partire dalla Prefettura, e la Regione, che marginalizzerebbe tali realtà, facendo loro perdere il ruolo di città capoluogo”.
Così facendo inoltre sia Messina che i singoli comuni della provincia finirebbero con il non poter acceder a quei Fondi Ue previsti per le città Metropolitane, per non parlare della confusione derivante dalle diverse configurazioni territoriali individuate in settori strategici, come i rifiuti, la sanità, il turismo.
“Mi auguro- conclude Bisignano- che la norma si possa ancora modificare, correlando il riordino delle autonomie locali con quanto fatto a livello nazionale, partendo più che dai disegnini sulle carte geografiche da chiare suddivisioni di funzioni e competenze tra i vari livelli di gestione e tenendo presente le compatibilità di sviluppo e i codici identitari, culturali, sociali ed economici”.
Sull’argomento interviene anche l’ex segretario cittadino del Pd Giuseppe Grioli che rivolge un invito alla deputazione ed agli organi di vertici del partito per evitare che, non varando la riforma entro il 15 febbraio si torni al voto.
“Pur non essendo stato convinto dalle ragioni poste a fondamento della eliminazione delle province- scrive Grioli-, sia perchè credo che il loro destino infelice sia da addebitare alla moltiplicazione di enti e strutture e per la mancata attuazione di competenze reali in termini di programmazione dello sviluppo socio-economico in aree comprendenti più comuni, sia perchè per principio diffido molto dai messaggi semplificati e superficiali, credo, tuttavia, che oggi siamo di fronte alla necessità di dare compiutezza ai processi di riforma su cui i partiti si giocano tutta la loro credibilità. Pertanto, il tema che assume valenza centrale oggi è il perimetro delle città metropolitane e la loro relazione con i consorzi di Comuni”.
Anche Grioli si sofferma sulla contraddizione derivante dal fatto che il Ddl Cracolici, di fatto, limita la Città Metropolitana di Messina al solo territorio del capoluogo, vanificando quindi qualsiasi potenzialità connessa al nuovo status.
“Le città metropolitane hanno senso se finalizzate alla realizzazione di sistemi integrati di servizi ed attività complesse- spiega infatti- Messina rappresenta “il modello” di città metropolitana che guarda in due direzioni: verso la montagna e verso il mare sull'altra sponda dello Stretto. Non bisogna dimenticare che già la L. R. 9 del 1986 istituiva le aree metropolitane di Messina, Catania e Palermo e l' art. 2, D.P.Reg. 10 agosto 1995 individuava nell'area metropolitana di Messina ben 51 comuni della provincia. Non possiamo accettare un’ idea di Città Metropolitana che coincida con il perimetro del Comune di Messina, perchè perderebbe senso l'operazione in sé”.
Grioli quindi propone di partire dalla perimetrazione individuata dal Dpr regionale dell’agosto ’95, dando valenza ad un’area che ha già numerose sinergie, iniziando anche a “guardare” al di là dello Stretto,ad un’area finora rimasta solo nelle intenzioni.
“L’Area dello Stretto infatti- prosegue l’esponente del Pd- purtroppo, ha rappresentato da almeno cinquanta anni più una suggestione che una ipotesi reale, mentre invece rappresenterebbe la più importante integrazione tra sistemi territoriali d'Italia e uno strumento di attrazione di fondi dell'UE”.
Grioli ricorda infine che all’interno del Pd messinese finora su questo tema non c’è stato alcun confronto nonostante si tratti di un argomento di fondamentale importanza e attualità per il territorio.
“Non possiamo permetterci di tornare al voto, nè tanto meno esitare una legge che serve solo a dire che: “abbiamo eliminato le Province”. Temo che al momento l'ARS sia divisa tra queste due opzioni, a scapito della terza che credo sia l'unica che vada nell'interesse esclusivo dei cittadini, ossia una riforma seria che produca effetti e cambiamenti economico-sociali reali”.
Rosaria Brancato