L'architetta: "Mentre tutte le altre città marine si aprono al mare, Messina sembra chiudersi sempre di più"
Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell’architetta Clara Stella Vicari Aversa in relazione al dibattito sulla Metromare dello Stretto, alla luce degli aggiornamenti. La foto, scattata dalla stessa autrice, è della Playa de la Malagueta, a Malaga, punto di riferimento nel ragionamento dell’esperta.
L’intervento
Il recente dibattito sullo studio di fattibilità relativo alla cosiddetta Metromare ripropone il delicatissimo tema di quale sia il futuro sulla destinazione e fruibilità dell’affaccio a mare di Messina. Ciò che subito viene in mente, provando ad avere una visione di insieme della linea di costa urbana, è che mentre tutte le altre città di mare, potremmo dire nel mondo, si aprono sempre più al mare, avviando continui e proficui interventi di liberazione dello stesso da ostacoli, Messina sembra decidere di chiudersi sempre di più.
Si ritorna a parlare di Metropolitana del mare, scrivevo. Si tratterebbe di una nuova linea di trasporto marittimo veloce, “un collegamento continuo sull’asse nord – sud”, lungo tutto lo Stretto e quindi anche sulla sponda calabrese, che viene salutata come “la possibilità di alleggerire il traffico stradale, spesso congestionato dal gran numero di auto e dal ridotto numero di strade”. Alleggerire traffico via terra per poi appesantire lo spazio d’acqua su cui ci affacciamo, considerando che lo Stretto di Messina con i suoi porti, secondo i dati della Autorità portuale, è uno dei tratti di mare a più alta densità di mezzi in navigazione? Vi può essere il rischio di aggiungere alla congestione in città altra congestione sia in città che in mare?
Pur dovendo opportunamente attendere gli esiti dello studio di fattibilità e sostenibilità economica in corso (sebbene l’andamento delle gare per l’affidamento dell’attraversamento veloce sullo Stretto inducano a un cauto pessimismo quanto al profilo economico) è utile una riflessione fuori dal coro degli apparenti entusiasmi e non di tipo prettamente economico. Ciò ricordando per inciso che, negli anni Novanta, quando fu per la prima volta proposto qualcosa di simile, si concluse che l’opera non andava fatta. Certamente i tempi sono diversi quanto a tecnologie e mezzi di trasporto, ma lo sono anche quanto a sensibilità ambientale, fondi disponibili non tanto per la costruzione quanto per la gestione (i rimborsi a piè di lista dello Stato o della Regione del secolo scorso agli enti pubblici sono ormai un brutto ricordo) e visione del futuro di Messina. Che, per inciso, deve trovare il modo per attrarre residenti perché le statistiche di questi anni ci dicono che più che traffico da decongestionare potrebbe esserci deserto da vivere.
E allora con la proposta della Metromare viene da chiedersi, vogliamo davvero recuperare la spiaggia cittadina e l’affaccio a mare o il waterfront come piace chiamarlo ai più, o essa sarebbe un altro duro colpo a un futuro turistico e di destinazione fieristica di Messina? Potremmo vivere di turismo, si ama dire, ma poi talora nei progetti che presentiamo forse non lo vogliamo davvero; appare uno scarto tra il dire e il fare. Cerchiamo di capire il perché, precisando che le alternative alle esigenze di mobilità che si vorrebbero soddisfare ci possono essere. Senza entrare nel dettaglio, è sufficiente pensare alle opere connesse al Ponte sullo Stretto nel cui progetto, lo si realizzi o meno, è prevista una strada a monte della attuale nuova Panoramica che conduce fino a Ganzirri.
Quali sono, però a prescindere da quanto appena scritto, le perplessità e riserve sulla Metromare? Le informazioni reperibili sulla stampa e gli esiti degli incontri del Comune con gli Ordini professionali e altri stakeholder (portatori d’interesse, n.d.r.) evidenziano un forte impatto sulla costa. Si indicano le seguenti stazioni sul lato messinese: Ganzirri, Marina Guardia, Rada San Francesco, Zona Falcata, Cittadella, Santa Cecilia, Gazzi e Tremestieri.
Sulla base di un calcolo puramente approssimativo degli spazi necessari per ogni stazione, è evidente che centinaia di metri lineari (e, complessivamente, un paio di chilometri) di spiaggia e servizi per cittadini e turisti andrebbero persi, tra pontili di attracco, parcheggi per auto e moto, strade di accesso fino al mare, biglietterie e/o servizi informativi, strutture di accoglienza, sale di attesa e ristoro passeggeri, zone di rispetto per la navigazione vietate alla balneazione. Facciamo anche solo due conti sui servizi minimi richiesti intorno. Per parcheggiare una macchina occorrono circa 5 x 2,5 metri di spazio per il posto auto, più altrettanti circa per fare manovra ed entrare e uscire dal parcheggio con un totale di circa 12,5 metri quadri, a cui vanno aggiunti quelli per gli spazi di accessori pedonali complessivi.
Un parcheggio quindi richiede circa 25 mq per ogni posto auto (il posto auto vero e proprio più gli spazi di manovra). Se ne facciamo 50 per ogni fermata, ci vogliono per le aree a parcheggio 1.250mq. Poi, come si scriveva, occorrono biglietteria e aree accessorie: quindi, tenendoci su cifre minime, mq. 1.500 per “puntino rosso” delle simulazioni delle stazioni pubblicate. Tenendo conto, già solo sul versante nord, della conformazione della nostra litoranea, immaginiamo cosa succederebbe in corrispondenza di ciascuno di questi “puntini rossi”.
E tali strutture e infrastrutture, a terra e in mare, si aggiungerebbero e non si sostituirebbero ai porticcioli turistici per il diporto previsti nella riviera nord della quale così, quanto a fruibilità per la balneazione, resterebbe probabilmente poco o nulla. La città è certamente stracolma di veicoli, purtroppo anche sul fronte a mare e anche a causa degli approdi nella rada di San Francesco, che da tanti, troppi, anni si cerca di spostare e adesso, come se non bastasse, invece di liberarcene, ne aggiungiamo altri? E tra questi spazi da “non liberare” rientra proprio il luogo simbolo di scelte oggi rivelatesi miopi per la città, la detta rada San Francesco.
Perché non realizzare una lunga passeggiata dal torrente Boccetta a Capo Peloro?
Ma davvero ci vogliamo così male da aggiungere e/o implementare ben otto nuovi punti di attracco? Davvero appare così difficile progettare e realizzare quello che altrove appare ovvio? Una lunga passeggiata che dalla foce del torrente Boccetta conduca prima fino al MuMe e poi fino a Capo Peloro, dedicata a balneazione, cultura ed enogastronomia? Messina può diventare davvero una meta turistica e addirittura rischiare non la desertificazione ma l’overtourism se riuscissimo a pedonalizzarla, recuperare la balneazione e promuovere i suoi tesori. Già solo nel tratto di mare sopra indicato e già oggi vi è la possibilità di vedere i capolavori di Caravaggio e del Montorsoli, le opere degli architetti del razionalismo, il mito di Scilla e Cariddi, di vivere gli sport acquatici per tutto l’anno e di assaporare l’enogastronomia locale che già vanta personaggi di spicco – chef e pastry chef – nel panorama non solo siciliano.
Non occorre guardare necessariamente a città di scala più grande o più ricche come Barcelona, basterebbe guardare a ciò che da poco è successo a Malaga con la Playa de la Malagueta in pieno centro città, o a ciò che da sempre si fa in Cantabria (non ci sono solo le alici) e nella costa Azzurra. La nostra ricchezza è data dall’incontro tra un mare fruibile tutto l’anno in un luogo dall’alto valore simbolico da vivere e far vivere attraverso un patrimonio culturale che non è scomparso con il terremoto del 1908. Se riuscissimo finalmente a elaborare socialmente quel lutto, vedremmo una citta che era stata ben ricostruita e che, pur ferita negli anni sessanta e settanta dalla speculazione, resta bella.
Si è messo in luce che a Venezia ci si muove così. Si certamente, ma certe cose vanno bene a Venezia, dove non si hanno alternative. Venezia è fra i canali, nella laguna e non ci sono sufficienti strade o altre possibilità. E certamente in quelle acque anche senza i vaporetti sarebbe impensabile la balneazione. Noi che abbiamo acque limpide, aspiriamo ad acque più inquinate? E anche se ci sono i fondi per realizzare l’opera non è detto che la stessa sia la più utile per il presente e il futuro del territorio.
Non sembra, pertanto, affatto un successo che adesso da Tremestieri a Ganzirri si proponga di andare via mare; forse lo sarebbe connettere la fascia costiera da Capo d’Orlando a Taormina con tappe intermedie anche a Messina. E’ stato scritto: «Da Tremestieri a Ganzirri via mare. È un viaggio che oggi si può effettuare solo con una imbarcazione privata e domani invece potrebbe essere così comune da sembrare una corsa in tram».
Perché non fare direttamente il tram invece di inquinare il mare
Ma, allora, perché non fare direttamente il tram invece di inquinare il mare (che in passato già arrivava in quelle zone)? In altre zone costiere italiane, non distanti da Venezia e in cui si fa il bagno a mare e si vive lì sì di solo turismo, pur senza avere il nostro mare, ad esempio è partito qualche anno fa proprio un lungo sistema di trasporto pubblico sul lungomare. Un sistema che si chiama curiosamente proprio Metromare, ma è su terra non su mare, è quello rapido costiero tra Rimini e Riccione su sede propria asfaltata. Basterebbe quindi molto più semplicemente un mezzo pubblico che unisca tutti “i puntini rossi”, che in pianta indicano i nuovi ripetuti punti di approdo, con una corsia riservata. Un tram o un altro mezzo pubblico potrebbe risolvere molto facilmente il problema. Non a caso si dice che spesso le soluzioni migliori sono le più semplici. E anche un altro esempio citato a modello di Metrò del Mare, in Campania, poco ha in comune con quello di cui si discute a Messina. Si tratta di un collegamento (stagionale) dedicato essenzialmente a Comuni costieri nel Cilento e tra loro distanti come Napoli, Salerno e talune isole minori.
Ben vengano le proposte, i progetti e i dibattiti naturalmente e gli studi di fattibilità redatti, come nel caso in esame, da professionisti capaci e attenti. Allo stesso tempo, siano anche benvenute e ascoltate le voci di chi prova a mantenere fermo l’obiettivo di fondo di ogni intervento sul fronte a mare di Messina: il suo essere a servizio della migliore qualità della vita dei suoi cittadini di oggi, di chi vorrà finalmente venirci a vivere e dei suoi turisti.
Clara Stella Vicari Aversa
Speriamo bene…
Nessuno pensa più all’impatto devastante che avrebbe l’opera sull’avifauna migratoria anche se meno grave dei windsurf sul lago grande
Rispetto la visione sia dell’architetto in questione,sia della metromare,ma sono ancora chiacchiere. Prima di tutto bisogna pensare a realizzare le barriere frangiflutti, pennelli in cemento, dighe galleggianti o qualsiasi altro tipo di barriera conosciuto,il rischio è che si torni a 70 anni addietro quando l’attuale via Consolare Pompea era mare.. La terra riportata dalla Panoramica è finita!!! Le spiagge (artificiali) create con la terra e detriti vari si sono accorciate anche di 50 mt…
Rispetto tutti i progetti e le idee che possano migliorare la qualità di vita di questa bellissima città. Secondo me, però, bisogna cambiare geneticamente i messinesi al fine di far apprezzare loro i luoghi in cui sono nati e cresciuti, ma anche creare lavoro e far si che non si vada altrove per sopravvivere. I messinesi che erano lungimiranti, penso siano morti nel 1908. Giusto per fare un esempio, la città era dotata di una complessa linea tramviaria smantellata già nel dopoguerra, mentre ovunque si creavano o si implementavano sistemi di trasporto di questo e di altro tipo. Orbene, non per essere disfattista, ritengo che ci vogliano moltissimi anni per attuare sul campo qualsiasi progetto utile alla cittadinanza perché prima di mettere d’accordo tutti portatori di interesse privati ci vorrà tempo alla faccia della Città che arretra sempre più senza poter competere con altri centri ben rappresentati politicamente e da gente che ha voglia di fare investimenti, senza attendere il fantomatico ponte che ha distratto risorse e ha portato all’immobilismo.