Lo precisano i difensori, gli avv. Barone e Gulino: " è pronto a rispondere ai magistrati e dimostrare la sua estraneità alle accuse"
"In ordine alla posizione del sig. Carlo Borella e in relazione alla notizia che il predetto sarebbe ricercato, si precisa che nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari non é stata eseguita solo perchè si trovava all'estero per motivi di lavoro. Una volta appreso dell'emissione di detta misura, il medesimo, attraverso gli scriventi difensori, ha ieri comunicato all'A.G. di essersi attivato per il rientro in Italia nel più breve tempo possibile, al fine di costituirsi e rendere interrogatorio innanzi al Giudice a chiarimento della sua totale estraneità ai fatti contestati.".
La nota è degli avvocati Isabella Barone e Alberto Gullino, difensori dell'ex presidente dell'Ance Messina, la sigla dei costruttri, oggi coinvolto nell'inchiesta sugli affari di Enzo Romeo in riva allo Stretto e i suoi rapporti con professionisti ed esponenti pubblici.
Al momento della retata il costruttore era in Africa, dove ormai da qualche anno ha spostato il baricentro dei propri affari. Già sotto processo per il crack pilotato della Demoter e della Cubo, per Borella sono stati ora disposti i domiciliari per intestazione fittizia di beni aggravata dall'aver agevolato l'associazione mafiosa. In sostanza è accusato di aver consentito che alcune quote della Brick venissero intestate a Fabio Lo Turco, da ieri ai domiciliari. Anche lui non era stato immediatamente rintracciato dai Carabinieri, ieri mattina, ma in poche ore si è reso disponibile per l'esecuzione del provvedimento.
La Brick sarebbe stata creata, è questa la lettura della Procura di Messina, per evitare che il tracollo della Cubo mandasse in fumo tanti importanti appalti. A sua volta anche la Cubo era nata per trasferire dalla Demoter sostanziose commesse pubbliche, messe a rischio dal fallimento. Una serie di passaggi societari già sotto la lente del Tribunale, nel processo già in corso scaturito dall'inchiesta Buco Nero.
Ora i Carabinieri hanno svelato altri due retroscena: ovvero che dietro le complesse operazioni finanziarie c'era anche l'avvocato Andrea Lo Castro e che, oltre a salvare gli appalti,, l'operazione mirava a permettere a Enzo Romeo i soldi che aveva investito nelle imprese immobiliari di Borella, tramite il socio Biagio Grasso.
Una vera e propria parabola discendente, almeno in Italia, quella di Borella, che ha avuto come registi occulti sapienti professionisti della legge e della finanza.
Prima di subire le interdittive antimafia che porteranno al suo tracollo e le pensati conseguenze dell'entrata in Calabria, nei subappalti della Salerno-Reggio Calabria, la Demoter di Borella aveva cantieri ovunque nel paese e importanti subappalti, sulla scia di altri colossi come la Tecnis e Maltauro. Non a caso negli anni in cui è intercettato dai carabinieri il geometra Grasso conversa in auto dei suoi rapporti con i catanesi e con il vicentino.
E a malincuore, all'inizio del decennio, Borella è stato estromesso dai lavori di completamento dello svincolo di Giostra, passato poi al brolese Ricciardello e successivamente alla Toto costruzioni.
Un avvicendamento, accompagnato da perizie di varianti, che ha già fatto lievitare i costi dell'opera e sui quali la Procura di Messina indaga.
L'inchiesta Beta, invece, prende le mosse da altre indagini, ancora in corso in Lombardia e Roma. Gli investigatori del nord Italia, analizzando un appalto, sono incappati nei protagonisti siciliani, e messinesi in particolare, e nella "micro vicenda" dell'estorsione al commerciante della ristorazione Nicola Giannetto.
Lo stralcio è stato trasmesso agli investigatori in riva allo Stretto i quali dal canto loro hanno subito individuato importati figure dietro le quinte, come l'avvocato Lo Castro e il finanziatore Romeo. Una cimice ben piazzata nello studio del legale ha aperto loro il "vaso di Pandora".
Alessandra Serio
E’ interessante notare come in questa città, quando si tratta di imprese private, il possibile “mostro” viene sbattuto in prima pagina, nome cognome e foto e i dipendenti dell’impresa, senza più un lavoro, caduti immediatamente nel dimenticatoio e nel disinteresse generale..che fallisca tutto! Quando si tratta di imprese pubbliche (penso in particolare al settore rifiuti certamente coinvolto in logiche losche) dissestate da interessi politici opachi e da dirigenti e dipendenti messi lì chissà come e da chi, guai a fare nomi e cognomi, guai a riconoscere fallimenti, bisogna anzi garantire la continuità e il livello occupazionale, cambiando nomi e sigle, pur di nascondere il marcio sotto il tappeto.
E’ interessante notare come in questa città, quando si tratta di imprese private, il possibile “mostro” viene sbattuto in prima pagina, nome cognome e foto e i dipendenti dell’impresa, senza più un lavoro, caduti immediatamente nel dimenticatoio e nel disinteresse generale..che fallisca tutto! Quando si tratta di imprese pubbliche (penso in particolare al settore rifiuti certamente coinvolto in logiche losche) dissestate da interessi politici opachi e da dirigenti e dipendenti messi lì chissà come e da chi, guai a fare nomi e cognomi, guai a riconoscere fallimenti, bisogna anzi garantire la continuità e il livello occupazionale, cambiando nomi e sigle, pur di nascondere il marcio sotto il tappeto.