Colombo a Messina: Mani Pulite fallita, ma non per colpa della politica bensì nostra

Colombo a Messina: Mani Pulite fallita, ma non per colpa della politica bensì nostra

Alessandra Serio

Colombo a Messina: Mani Pulite fallita, ma non per colpa della politica bensì nostra

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giovedì 09 Maggio 2019 - 16:32

L'unica via per sconfiggere la corruzione è combatterla culturalmente. Parola dell'ex pm di Mani Pulite

“Mani pulite è fallita, è la prova scientifica che la corruzione non si sconfigge con l’azione giudiziaria: Mani Pulite è finita, Tangentopoli no.” A quasi trent’anni da quella stagione che stravolse il panorama politico italiano per sempre e cambiò il modo in cui i media raccontano le vicende giudiziarie, Gherardo Colombo fa il punto a Messina di quello che è cambiato, nel frattempo, nella lotta alla corruzione.

A colloquio col direttore de La Sicilia Antonello Piraneo, ospitato dall’Ateneo di Messina per aprire col suo “Il legno storto della giustizia” la rassegna “Leggere il presente” Colombo traccia un bilancio a tinte fosche di questi anni. E non è alla politica che assegna il compito di combattere la corruzione, o almeno non è affatto fiducioso che la politica lo farà.

Chiama invece a raccolta tutti noi, e soprattutto ovviamente i giovani. E’ all’educazione e alla sensibilizzazione dei ragazzi che affida quindi l’arduo compito Colombo, perché la corruzione si sconfigge soltanto con un cambiamento culturale vero e radicale.

Una deduzione ovvia? Forse no, forse occorre ribadirlo sempre, più spesso e con forza, visto che le politiche educative del nostro paese non sembrano avere come obiettivo la formazione dei giovani. Basti pensare al dato diffuso recentemente dall’Istat che da come analfabeta funzionale un ragazzo su tre che esce dalle scuole medie.

Oggi in Italia la corruzione è ancora ampiamente diffusa nella società, che non sembra percepirlo come malcostume. Basti pensare a quanti politici travolti da scandali vengono rieletti. “Che cosa sarebbe diverso, oggi, se da allora qualche cosa fosse stato fatto, se si fosse cominciato, dall’arresto di Mario Chiesa, a fare un lavoro serio. Sono passati 27 anni, non sono pochi”. Invece oggi i più giovani sconoscono o quasi Mani Pulite, e la corruzione dilaga.

E’ un problema del potere, uno strumento che utilizza per autoriprodursi? “E’ un problema soprattutto nostro”, dice Colombo, noi non la subiamo ma la accettiamo. Votiamo e rivotiamo i politici corrotti. E pratichiamo a nostra volta la corruzione. E’ la corruzione spicciola che determina e giustifica quella “grande”. Al vigile che accetta il caffè offerto dal barista e in cambio chiude un occhio sui clienti parcheggiati male fuori dal locale non viene neppure in mente che quella è corruzione. Comincia a vederla come tale, forse, l’ispettore del lavoro che finge di non vedere che il cantiere non è in regola sulle prescrizioni della sicurezza.”

Se la repressione giudiziaria non basta, neppure le leggi aiutano molto. “Aumentare le norme non serve. La sovra legislazione di oggi nasce dalla mancanza di fiducia che nutriamo l’uno nei confronti dell’altro. Se pongo sempre più regole per gli appalti è perché non mi fido di quelli che partecipano. Ma chi vuole imbrogliare troverà sempre una scappatoia.  Non ci fidiamo perché diamo per scontato che chi partecipa imbroglierà. Ed è questo che deve cambiare”.

Unica via d’uscita, quindi, un cambiamento culturale vero. E per ottenerlo occorre che qualcuno spieghi ai ragazzi cosa vuol dire comportarsi secondo le regole per garantire il bene di tutti. Che racconti loro cosa è stata mani pulite, o proponga altri modelli virtuosi del nostro passato recente, e non soltanto nozioni di storia.

“E’ un problema di responsabilità, non di regole – afferma Colombo – Il grande paradosso è che tutte le migliori rivoluzioni nascono da un atto di disobbedienza. Le leggi, se ci sembrano ingiuste, vanno cambiate. Ma ci si deve assumere la responsabilità di quell’atto di disobbedienza. C’è differenza tra chi si mette d’accordo, di nascosto, per truccare una gara e gli obiettori di coscienza che hanno accettato di andare in carcere pur di non fare il militare, consentendo che la legge sulla leva obbligatoria fosse superata”.

Colombo, quindi, conferma che da quanto ha tolto la toga ha continuato a combattere la corruzione in un altro modo. “Attraverso la parola e la testimonianza”.

Lo intervistai ormai parecchi anni fa, alla presentazione del suo secondo libro a Messina.  Allora mi trovai davanti un uomo ancora scottato dalla delusione di non essere riuscito a portare a termine il compito da magistrato.

A tanti anni di distanza lo ritrovo più fiducioso. “Io credo molto nei ragazzi, ho fiducia in loro, ed è a loro che chiedo di motivare noi e non il contrario. Se voi chiedete, invogliate i professori a rispondere”.

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